A tu per tu con il giovane cantautore piemontese, alla vigilia del suo debutto al Festival di Sanremo con “Virale“
A poche settimane dalla nostra precedente chiacchierata, realizzata in occasione della sua partecipazione a Sanremo Giovani 2021 ritroviamo con piacere Matteo Romano per parlare di “Virale”, brano che segna il suo esordio festivaliero e che segue il successo ottenuto con i precedenti singoli “Concedimi”, “Casa di specchi” e “Testa o croce”.
Ciao Matteo, bentrovato. Partiamo da “Virale”, il brano che hai scelto di portare sul palco dell’Ariston. Cosa ti ha spinto a puntare su questo pezzo dal titolo così indirettamente evocativo rispetto ai tempi che stiamo vivendo?
«Diciamo che lo considero il brano giusto per presentarmi, perchè mi rappresenta tanto e racchiude in sé tutti gli stimoli, la crescita che ho avuto nell’ultimo anno, la mia intimità. Per tutta questa serie di ragioni, sono convinto che sia la scelta giusta, anche se il titolo può sembrare a tratti equivocabile per qualcuno, però ci tengo a ribadire che non si riferisce assolutamente alla pandemia».
Devo dire che mi ha colpito in primis il tuo modo di cantarlo, sembra quasi un esercizio di stile. Che tipo di lavoro c’è stato in termini di interpretazione? Perchè con questo pezzo ci fai sentire sicuramente delle sfumature diverse della tua voce…
«Mi fa piacere tu l’abbia notato, perché secondo me è proprio questo l’aspetto più importante. “Virale” mi permette di mostrare qualcosa di nuovo rispetto a ciò che magari ho messo in mostra con “Concedimi”, “Casa di specchi” e “Testa e croce”. Mi piace tantissimo questa cosa, fare magari dei vocalismi o dei magheggi vocali come quelli che sono presenti nel ritornello, rendendoli però emotivi e molto personali. Dal punto di vista musicale, mi intrigano questi aspetti, soprattutto quando il risultato è così naturale e la mia chiave interpretativa riflette di tutto quello che provo nel momento in cui canto».
La tua crescita è sicuramente frutto delle session di scrittura che hai realizzato con altri autori, proprio come accaduto con Federica Abbate in “Testa o croce“. In questo caso, invece, il brano è firmato da te, Alessandro La Cava, Federico Rossi e Dario Faini. Come ti sei trovato a lavorare al loro fianco?
«Molto bene in realtà, con Dardust e La Cava avevo già avuto modo di lavorare in altre sessioni. Mi sono piaciute molto la professionalità e il perfezionismo di Dario, mentre Alessandro ha un approccio autorale molto umano, per cui è riuscito ad entrare molto facilmente nel mio mondo. Stessa cosa anche per Federico, l’ho trovato molto collaborativo e disponibile. Quindi, posso considerarlo davvero un bel team di lavoro».
A dirigerti sarà il maestro Valeriano Chiaravalle, come stanno andando le prove con l’orchestra?
«Devo dire che tutte quelle che abbiamo fatto finora, sono andate molto bene. Il maestro è super, ho avuto l’opportunità di conoscerlo in questa circostanza e la sua esperienza è pazzesca. Lavorare con un professionista del genere rappresenta un grande stimolo per me, è bello confrontarsi con qualcuno che può aiutarti a crescere ulteriormente, dandoti consigli non solo sulla musica, ma anche sulle dinamiche del Festival stesso, avendo partecipato a tantissime edizioni. E’ bello poter avere un riscontro del genere, mi sento protetto e un pochino più tranquillo».
Nella quarta serata dedicata alle cover hai deciso di cantare insieme a Malika Ayane la celebre “Your song” di Elton John. Con quali criteri hai scelto il brano e la tua ospite?
«L’idea dell’ospite è venuta dopo, prima abbiamo selezionato il brano perché, in primis, mi piaceva interpretare un pezzo in inglese. Da sempre sono appassionato delle lingue, mi piace lavorare sulla pronuncia e volevo tirare fuori anche questo lato di me. Adoro “Your song” e mi rispecchio molto in Elton John, per cui è bello poter cantare un suo brano. Di conseguenza è venuto abbastanza naturale scegliere Malika, proprio perché la sua voce si sposa perfettamente con i colori della mia. Lei si è mostrata da subito molto disponibile, sono davvero molto contento».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono soddisfatto e orgoglioso di portare sul palco dell’Ariston un brano come “Virale”?
«Sicuramente l’impostazione del brano è molto semplice, allo stesso tempo però, trovo il testo trionfante e potente. Questa cosa mi rende molto orgoglioso, perché portare un messaggio del genere, con una produzione del genere a diciannove anni… mi fa dire “cavoli, come sono cresciuto nel corso dell’ultimo anno”, arrivando a realizzare qualcosa che mi rappresenta veramente tanto e che che spero possa rappresentare anche la mia generazione. Quindi, sono orgoglioso di portare un qualcosa di cui sono convinto al cento per cento».
Intervista a Matteo Romano | Podcast
Nico Donvito
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