sabato, Aprile 20, 2024

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Mauràs: “Il rap di oggi? Una moda, un po’ come i tattoo” – INTERVISTA

A tu per tu con il rapper torinese, fuori con l’album “Dico sempre la verità”, disponibile dal 31 maggio

Rapper, dj, beatmaker torinese, Mauràs, al secolo Mauro Sità, realizza ora il suo primo disco da solista che è stato anticipato dal video e singolo Capitalunedì, che vede la presenza di due colossi del rap italiano come Inoki Ness e Willie Peyote, oltre al lavoro di produzione di Bonnot, seguito dal secondo estratto, la title track Dico sempre la verità. (comunicato stampa)

Partiamo da “Dico sempre la verità”, che sapore ha per te questo tuo primo progetto solista?

«Non è il mio primo progetto solista, come si può notare dalla mia discografia, ha il sapore di un nuovo punto di partenza con alle spalle un bagaglio ventennale pieno di esperienze su cui contare».

Quali tematiche e quali sonorità hai voluto abbracciare?

«Come si evince ascoltando queste 9 canzoni ho voluto metterci i nostri tempi, ciò che impegna la nostra testa ogni giorno. Bonnot ha prodotto traccia per traccia differenziando il sound e costruendo un tessuto sonoro perfetto per ogni canzone».

Capitalunedì” é il singolo che ha anticipato questo lavoro, cosa racconta e com’è nata la doppia collaborazione con Inoki Ness e Willie Peyote?

«La canzone è una fotografia di quello che succede ogni lunedì. La gente sale in macchina e si imbottiglia nel traffico per recarsi sul posto di lavoro, tutti hanno fretta, tutti iniziano la settimana dopo un weekend che di riposante o rilassante, spesso, non ha avuto nulla. Il tutto riletto in chiave ironica. La collaborazione con Willie nasce da un’amicizia che ho con lui da diversi anni (ho anche collaborato su suoi dischi passati come dj e beatmaker), quella con Inoki Ness grazie a Bonnot. Ci sembravano perfetti per il tipo di canzone e fortunatamente si sono sentiti a proprio agio anche loro sia sulla tematica che sul sound della canzone».

Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip diretto da Michael Sorriso?

«Abbiamo voluto creare delle scene che andassero di pari passo col testo senza però rimarcarlo troppo. Volevamo che anche il video fosse scorrevole come la canzone e che si conservasse l’ironia. In questo, sia Michael che Alex e tutti coloro che hanno lavorato al video sono stati bravissimi».

Quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?

«A 15 anni ascoltai per la prima volta Venerdì Rappa su Radio Deejay e rimasi folgorato dalla musica rap e soprattutto da Esa (OTR) per l’attitudine e lo stile che aveva nel fare rime ed andare sul tempo. Da qui decisi di approfondire questa musica e questa cultura».

Quali ascolti hanno accompagnato e ispirato la tua crescita?

«Troppi da poterli elencare qui. Ho iniziato come Dj a 16 anni ora dopo 22 anni di musica e acquisti di vinili immagina quanta roba ho ascoltato, assorbito e comprato. Direi che la Black music mi ha rapito in tutte le sue forme, ma dovessi farti un nome direi 2Pac. Poi c’è il Rock, il punk, I Clash, i Rage Against The Machine, gli Oasis, i Red Hot o ad esempio i Nomadi o Santana che ascoltavo con i miei genitori da piccolo. Potrei andare avanti ore perché non ho studiato sul pentagramma, l’ho fatto sui dischi e lo faccio tuttora».

C’è un incontro che reputi fondamentale per il tuo percorso?

«Bonnot è l’unica persona che in questo ambiente mi ha trattato da artista quale sono. Quando mi ha chiamato quasi non ci credevo perché per me lui è sempre stato il migliore. Lo notavo dalla varietà e dallo stile delle sue produzioni. Conoscendolo e lavorando con lui ho subito capito che eravamo praticamente uguali su ciò che concerne l’approccio alla musica (testi e arrangiamento), quindi abbiamo fatto tutto in maniera disinvolta e veloce. E’ sicuramente questa la cosa più importante capitatami nella mia vita e non parlo solo del percorso musicale».

Come se la sta passando la scena rap, oggi, in Italia?

«E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che il rap sia diventato una moda, un po’ come i tattoo. C’è quindi una grande varietà di rap o cose che gli somigliano. I ragazzini ora vogliono fare i rappers non più i calciatori (infatti a calcio siamo diventati scarsissimi), non sognano più le veline ma le influencers. In tutto questo, come sempre, abbiamo prodotti validi e altri meno, ma pur sempre prodotti secondo me. A mancare sono gli artisti e la loro personalità».

Ti senti rappresentato dall’attuale scenario discografico?

«No. Anzi, mai avrei pensato neanche nei miei peggiori incubi, di arrivare nel 2019 e sentire che TUTTO in Italia suona reggaeton. Da Loredana Bertè ai Thegiornalisti a Elisa con Carl Brave, Sfera ecc… Anche quella che chiamano Latin Trap a me suona reggaeton. Pensare che ci eravamo appena liberati di “Despacito”…».

Dove desideri arrivare con la tua musica? 

«Voglio far ascoltare il disco a più gente possibile, iniziare a suonare live (settembre) e proseguire su questa strada perché finalmente sto bene».

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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