Recensione dell’ultimo brano inedito del giovane cantautore scomparso
Dopo aver sconvolto e commosso l’Italia intera con la propria tragica e prematura scomparsa, Michele Merlo torna a far parlare, in qualche modo, di sè riportando in primo piano la musica sfruttando l’ultimo brano inedito rimasto inedito fino ad ora, “Farfalle“. A qualche mese dalla scomparsa che tanto ha fatto parlare ecco, dunque, che sul rumore cala la dolce e rassicurante melodia della musica lasciando ad amici, fan e conoscenti il ricordo più bello e doveroso di ciò che Michele era e voleva fare: arte.
“Non possiamo essere sempre la parte migliore di noi” è il verso che apre questo brano rivolgendosi, come spesso fatto da Michele Merlo nelle sue canzoni, al sé stesso più intimo raccontando il proprio io e le proprie inquietudini. Ed è proprio l’inquietudine e la nostalgia a caratterizzare la scrittura di questa canzone che si divide tra strofe che alternano delusione e voglia di rinascere e ritornelli che, invece, aprano uno squarcio verso chi è pronto ad ammettere ed apprezzare questa sofferenza interiore.
“Si, va tutto bene che in fondo è un modo più facile per dirti che va tutto male, che ho mille mostri che gridano come iene, e di questi quattro sogni non so più che cazzo fare”. Sono parole dure quelle che Michele si trova a spendere in un testo che non fa sconti e che non ha paura di tracciare i contorni di un ragazzo troppo fragile per una vita a volte troppo dura. D’altronde questo sentire Michele Merlo lo aveva affrontato con grande qualità anche per una riuscitissima “Aquiloni” (di cui qui la nostra recensione) dove ancora si era dimostrato capace di pensare a non mollare e rialzarsi.
Le “Farfalle” di Michele Merlo arrivano a rappresentare quel bene che ancora esiste in una vita che è “come un cielo senza stelle, un foglio largo e lungo in cui non passa mai la luce” ma che ancora conserva perlomeno l’idea di un qualcosa di migliore. E quest’idea sta proprio nella forza di ammettere le proprie debolezze e disillusioni, nel coraggio di scoprirsi e presentarsi fragili. Michele questo lo sapeva fare al meglio, esprimendo la propria musica e raccontando la voce di chi, come lui, dalla vita e dal mondo non aveva raccolto la bellezza che sperava ma che, non per questo, aveva esaurito la voglia di vivere.
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Ilario Luisetto
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