Come ha funzionato il duetto dell’anno?
Se ne parlava da un po’ di tempo e, dunque, la notizia ha creato una trepidante attesa: Mina canterà con Blanco. Avremo pensato che sarebbe stato un incontro memorabile, volto a segnare la storia della musica pop italiana, invece i due non si sono nemmeno incontrati di persona e il pezzo è il risultato di una consuetudine iper-tecnologica, sempre più diffusa nella produzione musicale attuale.
A tante e tanti sarà balenata perfino l’idea tardo romantica di due generazioni artistiche a confronto, che si uniscono a superare i confini fisici in nome dell’arte: l’intramontabile icona sacra e la giovane promessa dei giovani di oggi, insieme, per dirci che, forse, la sintesi di tutto questo carrozzone mediatico è soltanto “Un briciolo di allegria”, anzi scarne briciole… di allegria.
Al netto di una Mina che si conferma nel suo talento gigantesco e di un Blanco docile e mansueto al suo cospetto, bisogna ammettere che il testo risulta fin troppo esile per disomogeneità semantica e piano descrittivo della narrazione. La canzone comincia col ricordo di un’infanzia passata, in cui “in mezzo al viale giocavo a pallone sulla strada sterrata che mi ha cresciuto. Dove il cielo è bordeaux immerso nel verde, dove Dio creò distese di niente” e fa un salto improvviso a ragionare d’amore con una definizione general generica, “se non è sincero, se l’amore è vero muori dentro un sentimento puro no non ha futuro se ti perdo. Darei la mia vita che non è infinita a un prezzo onesto”.
Si faticherebbe a trovare il nesso in questa prima parte di testo, se non ci fosse l’avversativa “ma per fortuna che poi ci siamo trovati sotto un chiaro di luna forse un po’ stropicciati da una storia vissuta”. L’indicativo presente, però, la mette in una posizione di contemporaneità rispetto alla proposizione principale, generando anche una discrepanza con l’indicativo imperfetto seguente. Quel “e poco dopo eravamo stesi sopra una pietra coi capelli in mano” cambia ulteriormente il piano temporale e, come un flashback, ci riporta alla rievocazione iniziale. Sarà così? Chi lo sa!
È certo che se l’innamorato si trovasse in quella situazione, “come una matita scriverei una poesia ra-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa Per un briciolo di allegria ra-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa”… come se una matita potesse scrivere senza una mano che esegue ciò che il cuore sente, ma per Mina e Blanco pare proprio che sia così.
Gli eventi che si confondono e le metafore semplici e poco impattanti fanno della canzone un pendolo di riflessione tra quello che di noi è passato e la conclusione a cui potremmo approdare insieme alle persone che ameremo lungo il viaggio della vita. Questa retorica dell’incontro, come motore di cambiamento, raggiunge un vero e proprio culmine almeno in tre passaggi: “ed è difficile saper distinguere L’amore dalla follia”; nella dichiarativa “e non invecchia mai ciò che vive dentro noi. E non sbiadisce mai come foto Polaroid” e nella conclusione “se non mi domando chi eravamo io non mi ricordo chi siamo per un briciolo di allegria ra-pa-pa-pa-pa-pa-pa-pa”…. un po’ come è successo a Mina e Blanco per questa collaborazione; forse, pensando al punto in cui si trovano le loro carriere artistiche, hanno scelto di ricordarcelo a noi che li ascoltiamo cosa potranno ancora essere nella possibilità di un’arte in grado di superare la dimensione di spazio, tempo e luogo, ma non di testo, visto che quel testo, per molti tratti, sembra un pretesto.
Francesco Penta
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