Recensione del nuovo singolo della band milanese che anticipa l’album “Buona Fortuna – Parte Terza“
Non è il tempo ideale per gli strumenti musicali, questo. La discografia richiede brani che poggiano su quei tre-quattro accordi su cui gira quasi tutta la musica attuale, perchè solo quelli entrano nelle playlist e in vetta alle classifiche. Non è un caso che oggi si parla più di produzioni che di canzoni. Sono prodotti costruiti a tavolino per assecondare lo scopo a cui sono soggetti: arrivare dritti ai pollicioni dei ragazzini con basi copia-incolla che, da una parte, tolgono identità all’artista e, dall’altra, rinunciano, sin da subito, a tutto quel bendidio di sfumature e colori che può dare la composizione musicale. Una strada che, negli ultimi anni, è stata percorsa anche da artisti insospettabili.
I Modà, invece, hanno scelto di viaggiare sempre controcorrente e lo dimostrano anche con “Finisce sempre così“, il loro nuovo singolo che anticipa la terza parte del progetto “Buona fortuna“, con quattro inediti (tra cui un nuovo duetto con i Tazenda a otto anni da “Cuore e vento“) che si aggiungono alle canzoni già contenute nelle prime due parti del disco.
Cura del suono centrale |
“Finisce sempre così” è, infatti, un brano che nobilita il suono. Gioca con grande intelligenza tra pause ed accelerazioni, dà un peso fondamentale alla dinamica, si segnala per la sua completezza e compiutezza. La sezione ritmica delle strofe crea una tensione emotiva che sfocia poi in un ritornello dove urlano batterie e chitarre, nella piena tradizione di una band che non si è mai definita “rock” ma che ha invece dimostrato, più volte, che il rock lo sa fare molto bene. Un rock che riesce ad essere un tutt’uno con i vari passaggi orchestrali, come lo special, solo per palati fini, tutto archi e violini che dà un respiro sinfonico al brano, prima di scatenare di nuovo la parte più impetuosa.
È un tappeto sonoro in cui nessuno strumento rimane nelle retrovie e che esalta la voce di Francesco “Kekko” Silvestre, a suo agio sia nelle parti più delicate che in quelle più cariche dove emerge tutto il pathos che la caratterizza. Un’interpretazione che opta più su un cantato graffiante e sporco che sull’acuto pieno, funzionale alla passionalità di un discorso viscerale e, a tratti, sofferto.
Racconto che riesce a lasciare un velo di mistero |
L’argomento è, infatti, la pazzia provocata dal troppo amore. Abbiamo un protagonista talmente innamorato che “sceglierei te anche in cambio di venti sirene che cantano forte ma no, non le voglio ascoltare“. Non riesce più a vedere null’altro, non riesce nemmeno a riconoscere sé stesso: “E poi guardarsi dritti in uno specchio e dire ‘scusa ma non ti conosco… non ti riconosco‘”. È un uomo completamente oscurato dalla figura femminile che diventa quasi un’ossessione. Si trova annientato, smarrito, debole: “Le mie gambe sono fili d’erba, prigioniere e schiave della terra, schiave della pioggia“.
L’obiettivo è quindi quello di provare a ritrovarsi e questo emerge ancora di più dal videoclip, con una trama che si sviluppa attorno a un finto rapimento dove il protagonista (interpretato da Kekko) deve liberare in realtà sé stesso e il riscatto è rappresentato dal proprio cuore. Un finale che ci apre così ad una doppia interpretazione: lui rinuncia al suo cuore per rinascere senza di lei, oppure glielo lascia perchè “comunque ti voglio” e gli risulta quindi impossibile trovare una via d’uscita? Spetta all’ascoltatore capirlo. Caratteristica, questa, che accresce ancora di più il valore del brano: le canzoni non sempre devono dire tutto, un bravo autore deve riuscire a lasciare un velo di mistero e un significato nascosto agli occhi del pubblico.
In conclusione |
“Finisce sempre così” conferma quindi in pieno la cifra stilistica dei Modà. Sono stati criticati negli anni per aver sempre seguito fedelmente la loro ricetta. Qualcuno l’ha addirittura definita superata, perchè hanno deciso di portare avanti un gusto pop-rock che oggi non è tendenza. L’identità non può essere, però, una colpa, la coerenza ancor meno. Soprattutto negli anni in cui si tende troppo spesso a pescare nelle più convenienti tendenze attuali. Ad appiattirsi in esse.
G.K. Chesterton, tra i più noti scrittori e giornalisti britannici, diceva che “quel che è morto non può che seguire la corrente; solo ciò che è vivo può opporsi a essa“. E questo brano non fa quindi che mostrare i Modà più vivi che mai. O almeno, sicuramente più vivi di chi corre dietro al consenso rinnegando magari anche sé stesso. Perchè li mostra orgogliosi e in grado di viaggiare controcorrente.
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Nick Tara
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