Il retro-pensiero discografico di uno degli artisti più ispirati dell’attuale scena italiana, che non si è sottratto dall’esternare il suo illuminato parere riguardo i criteri di realizzazione di un album
In occasione della presentazione del nuovo cofanetto antologico di Fabrizio De Andrè (raccontato qui nel dettaglio), ho avuto modo di imbattermi nel piacevole ascolto di Marco Castoldi, in arte Morgan, cantautore che ha fatto dell’arte oratoria la sua personale cifra stilistica. Prestare attenzione ai suoi monologhi mi fa sentire come uno studente al cospetto del suo professore, anche se più che un semplice insegnante potremmo definirlo un Magnifico Rettore dell’Università della Musica. C’è sempre da imparare dai suoi discorsi carichi di spunti che portano a riflettere, parole mai scontate che, senza troppi mezzi termini, mettono a fuoco il tema centrale dell’argomento.
«Io sono un ricercatore – afferma il cantante – non è che devo farlo perché DEVO fare un disco, sono quindici anni che devo fare un disco. ‘DEVO fare un disco’ lo dicono troppi miei colleghi, sembra che il mondo non veda l’ora di avere quei loro dischi, che invece sono proprio i più rinunciabili. ‘Sai non ci sono perché DEVO fare un disco’, ma che devi?! VOGLIO fare un disco! Perché di grazia c’è qualcuno che te lo fa fare e tu hai voglia di realizzarlo. Credo che il mondo non abbia bisogno di certa musica, sinceramente».
Potremmo stare ore a discutere sull’opinabile modo di esternare le sue opinioni, ma i concetti sono sempre pertinenti e brillanti. Le parole di Morgan sono d’ispirazione per approfondire il tema della frequenza discografica, il fatto che per alcuni artisti i dischi abbiano un periodo di uscita prefissata, un po’ come la data di scadenza di uno yogurt, mentre ad altri viene concesso il lusso della latitanza e del “ritiro spirituale”, dando libero sfogo all’estro e alla creatività. Avere carta bianca senza alcun tipo di pressione, permette ad ogni cantante e al suo gruppo di lavoro di tirare fuori il meglio, realizzando spesso gli album migliori del proprio repertorio. Non è solo una questione legata alla tempistica, perché si può realizzare un ottimo prodotto anche in poco tempo se si ha del materiale pregresso e una buona pre-produzione, si tratta del valore oggettivo della libertà, della fiducia che ogni artista merita di avere.
Un tempo le case discografiche mettevano i membri della proprie scuderie, in condizione di trovare la giusta ispirazione per scrivere, fornendo loro soggiorni in località tranquille e appartate: Lucio Dalla passò un’intera stagione sulle isole Tremiti per comporre “Come è profondo il mare”, e Rino Gaetano rimase in ritiro a Stromboli per realizzare diversi suoi album. Oggi, i discografici hanno un modo diverso di spronare la creatività, mediante clausole e cavilli contrattuali che obbligano gli artisti ad uscire entro un certo periodo di tempo, che sia con un disco di inediti o una raccolta non importa, per non parlare dei repack (argomento che avevamo già sviscerato in un precedente articolo), l’importante è immettersi sul mercato. Gli esempi sono tanti, ma prendiamo un nome tra i cantanti italiani più prolifici: Laura Pausini. Se osservate attentamente le date di pubblicazione dei suoi dischi, noterete che l’album con più distacco dal suo precedente lavoro, corrisponde a quello che le ha dato il maggior successo, ovvero “Resta in ascolto”, pubblicato a quattro anni di distanza dal suo ultimo disco di inediti in lingua italiana, ma questo ragionamento si estende in generale anche per tanti altri suoi colleghi.
Per non parlare dell’effetto sorpresa e dell’attesa che cresce da parte del pubblico, che contraddice la teoria secondo la quale “se non fai un disco ogni due anni sei tagliato fuori dal mercato”. Prendiamo il caso di Tiziano Ferro, una piacevole eccezione alla consuetudine discografica odierna, che in sedici anni di carriera ha pubblicato sei album in studio e una raccolta, rimandando sempre a livelli altissimi, forse proprio perché non ossessionato dall’idea del DEVO fare un disco. Le variabili da considerare sono tante, per questo motivo non dovrebbe esistere il concetto di cadenza per una pubblicazione, anche se gli addetti ai lavori ragionano con un occhio rivolto ai dati del bilancio contabile dell’ultimo semestre. Alcuni di loro potrebbero dire: “beh, che c’è di male? anche Michelangelo aveva una data da rispettare per le gli affreschi a lui commissionati”, ma qui non parliamo della volta della Cappella Sistina, bensì di opere che spesso escono con la stessa velocità di un cheeseburger da McDonald’s, non fai in tempo ad ordinarne uno che già ce l’hai sul vassoio. Per carità, anche la lunghissima attesa al ristorante dello chef stellato è snervante, ma possibile non ci sia una via di mezzo? Capite come tutto questo “poema allegorico” (o se meglio preferite “pippone epico”) sia scaturito da una semplice osservazione di Morgan, ma davvero ci sarebbe tanto da analizzare e altro da aggiungere su questo argomento, fonte inesauribile di spunti. Ora scusate ma DEVO andare a fare un altro articolo!
Nico Donvito
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