venerdì 22 Novembre 2024

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Napodano: “Voglio arrivare a chi ama ancora la musica” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore, fuori dallo scorso 8 maggio con il singolo “Maledetti anni ’80

Tempo di nuova musica per Daniele Napodano, meglio conosciuto semplicemente come Napodano, in uscita per Street Label Records/Believe Digital con il singolo “Maledetti anni ’80”. Approfondiamo la conoscenza della sua visione di vita e di musica.

Ciao Daniele, benvenuto. Partiamo dal tuo nuovo singolo intitolato “Maledetti anni ’80”, che sapore ha per te questo pezzo?

«Sicuramente un po’ anni ’80, con un pizzico di nostalgia che si contrappone a dei bellissimi ricordi. Ho cercato di infilare in pochi minuti i ricordi di un padre vissuto negli anni ’80 che racconta a suo figlio alcune delle più belle storie della sua vita».

C’è una frase che secondo te rappresenta e sintetizza al meglio il significato dell’intera canzone?

«…maledetti anni ’80… se l’avessi saputo, non sarei cresciuto…».

Dal punto di vista musicale, quali sonorità hai deciso di abbracciare?

«Un’altra bella impresa è stata cercare di arrivare ad avere un brano che suonasse moderno con un’introduzione alla “Strawberry Fields Forever” col mellotron, i cori finali da rock-ballad anni ’80 e un testo che richiamasse immagini lontane 40 anni. Dai, è stato divertente!».

Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?

«Sarebbe da chiedere che ruolo io giochi nella musica, visto che la mia settimana è composta da: insegnamento accademico, insegnamento molto poco accademico, concerti e concertini e la scrittura di nuovi brani in maniera quasi costante! Non avrei tempo a disposizione neanche per coltivare un hobby!».

Da fruitore, invece, ascolti di tutto oppure tendi a cibarti di un genere in particolare?

«Domanda ostica… allora, ascolto quasi ogni genere di musica, dal jazz al metal più brutale passando per la easy-listening di ogni epoca. Magari non sono un amante dell’elettronica anche se anni fa, da buon adolescente, conoscevo tutte le discoteche commerciali della mia zona. Adoro i gruppi rock anni ’70, la new-wave anni ’80 e il pop dei tempi del liceo, ma, e non ridete, quando parte la ballad romantica, sono io ad alzare il volume a manetta!».

Venendo all’emergenza sanitaria Covid-19 ancora in corso, personalmente, come stai affrontando questa delicata e inedita situazione?

«Fortunatamente vivo in una regione di foreste e campagna; sono uscito spesso per passeggiare, certo che non avrei incontrato praticamente nessuno in tutta la zona. Per il resto del tempo, sono stato benissimo a casa e ho cercato di sfruttare al massimo ogni giorno dedicandolo alla mia famiglia e alla musica. A livello discografico, sono stati fatti un sacco di appelli in favore di tutta la categoria, alcune parole sono state anche travisate».

Come pensi ne uscirà l’industria musicale da tutto questo?

«Credo purtroppo come sempre. Negli anni in cui vivevo in Italia, ne sentivo tanti di appelli, richieste, minacce e lamentele, ma poi la maggior parte delle persone è tornata ad occuparsi del suo praticello. Finché i lavoratori della musica non metteranno da parte l’opportunismo e non si uniranno seriamente in un’associazione, un sindacato, qualsiasi cosa abbia un peso specifico in una trattativa, non se ne uscirà bene. Tante voci gridano forte, ma per ottenere un risultato, devono trovarsi tutte dalla stessa parte del campo».

Al netto dell’attuale incertezza, cosa puoi anticiparci rispetto ai tuoi prossimi progetti?

«Non so cosa succederà, se questa estate si potrà ricominciare a suonare oppure bisognerà aspettare ancora; l’unica cosa certa è che io continuerò a scrivere e registrare, sfornare sempre nuovo materiale e presentarlo al mio pubblico, ammesso che esista! Poi, qualsiasi cosa succederà, non mi troverà impreparato ma con la voglia di tornare sul palco!».

Per concludere, a chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

«La mia musica si rivolge a chi ha voglia di ascoltarla al di là del semplice motivetto, di chi ancora si ferma ad ascoltare un testo, a coglierne il significato e magari, ad apprezzarne la fattura. Cerco quanto possibile di evitare di cadere nel banale e di raccontare al mio meglio le storie che ho vissuto o che mi hanno particolarmente colpito. Voglio arrivare a chi ama ancora la musica. Certo, se arrivasse pure a qualche artista italiano che stimo particolarmente e che fosse aperto ad una collaborazione…. beh, come potrei rifiutare?».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.