Naska in acustico: la forza delle canzoni dall’animo punk – RECENSIONE CONCERTO

Ritorna sul palco Naska, in scena al Teatro Arcimboldi di Milano con uno show intimo quanto completo. La recensione del concerto di sabato 22 marzo
All’Arcimboldi di Milano è andato in scena Naska col suo “Unplugged Tour”, uno show nuovo che lo vede esibirsi in alcuni importanti teatri d’Italia in veste acustica. Ecco la nostra recensione del concerto.
L’irriverente ragazzo dall’animo punk bissa quindi l’atmosfera soft dei teatri, già sperimentata nel 2023 con “Rebel unplugged”, ma a questo giro ci abbina anche l’uscita di un ep “Milanconia” fuori dal 21 Marzo.
Il pubblico di Naska seduto sulle eleganti poltroncine del Teatro Arcimboldi fa uno strano effetto, eppure sono tutti lì, in attesa.
L’attesa finisce quando la registrazione di “Ho smesso di essere un ragazzo a 18 anni” si sente da dietro la tenda, prima che si apra ed appaiano i tre musicisti e lui, in completo elegante nero.
La partenza è a bomba, con la canzone manifesto “7 su 7”, che il pubblico canta talmente forte tanto quasi da sovrastare la voce di lui e sull’onda di questo primo entusiasmo si passa da una canzone all’altra senza fermarsi.
Poi Naska scherza “volevo venire col calzino, ma ho pensato non fosse adatto per un teatro” riferendosi al “look” sfoggiato al Forum, continua poi commentando la sua eleganza “sembra che stia andando a sposarmi” per introdurre “Spezzami il cuore”.
Gli arrangiamenti sono acustici e scarni, due chitarre e un violoncello, la scenografia minimale, tutto il resto lo fanno le canzoni. Sul riff iniziale di “A testa in giu”, l’artista gioca con l’asta, si muove, la trascina e col corpo enfatizza il climax del brano.
Sembra che gli piacciano i contrasti perché dopo aver scaldato a dovere il pubblico si va a prendere uno sgabello “devo sedermi perché farò dei brani tristi” e inizia a cantare “O mi uccidi” seguita da “Non me lo merito” con quell’attitudine fra il romantico e il punk che lo contraddistingue. Dal momento intimo si riemerge con “Quando sarò morto” cantata insieme a J-Ax che appare sul palco a sorpresa fra gli applausi e l’entusiasmo della gente.
Si vola verso il finale fra un accenno a cappella di “Cattiva” un sorso di tisana calda con il miele “che fa bene alla gola” e un omaggio a Fred Buscaglione con “Guarda che luna”, canzone che il padre dedicava alla madre. Per l’ultima esibizione Naska si siede per terra, al centro del palco, spiegando che non c’è posto migliore per cantare “Milano” se non a Milano.
Il concerto sarebbe finito ma il pubblico non ci sta e nemmeno lui: scende in platea e fa ripartire “Cattiva” che canta camminando per tutto il teatro, stringendo mani e donandosi al suo pubblico.
Forse Diego Naska ha bisogno di essere tormentato per scrivere canzoni, parlare della ricerca di se stessi, della perdita dell’amore, dell’alienazione, forse condividerebbe il pensiero di Tenco secondo cui le canzoni si scrivono solo quando si è tristi, ma a vederlo così, sincero e ruvido con quel romanticismo scanzonato che ti conquista ti vien da pensare che il suo posto nel mondo l’abbia trovato.
Naska, la scaletta dell’Unplugged Tour
- Ho smesso (Intro)
- 7 su 7
- La mamma di ****
- Come te
- Polly
- Spezzami il cuore
- Non Aspettarmi
- A testa in giù
- Horror 2
- O mi uccidi
- Non me lo merito
- Mai come gli altri
- Piccolo
- Quando sarò morto
- Fine Settembre
- Cattiva
- Male
- A nessuno
- Rebel
- Sex Toys
- Horror
- Wando
- Guarda che Luna
- Pagliaccio
- Milano