Negrita, tutto quello che c’è da sapere su “Canzoni per anni spietati”

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Tempo di nuova musica per i Negrita, che tornano sul mercato con “Canzoni per anni spietati”, il loro nuovo album fuori oggi, venerdì 28 marzo

Esce oggi, venerdì  28 marzo, il nuovo album dei Negrita, intitolato “Canzoni per anni spietati” (USM / Universal Music), che contiene i singoli “Non esistono innocenti amico mio”, “Noi siamo gli altri” e “Nel blu (Lettera ai padroni della Terra)“.

A sette anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio, la band torna con un concept album di 9 brani che rappresenta un atto di libertà creativa e di pensiero, un ritorno potente e necessario per un gruppo che, oggi più che mai, ha qualcosa di importante da dire.

Si tratta di un disco di reazione che esplora la contemporaneità con uno sguardo critico e profondo, nato dall’urgenza di raccontare il Paese Reale con uno stile diretto, senza compromessi.

L’obiettivo è quello di affermare la diversità e l’indipendenza di pensiero, offrendo un punto di vista che si rivolge a una categoria dimenticata di frequente, quella dei liberi pensatori: un popolonon rappresentato che osserva il mondo con una lettura attenta e indipendente.

Mettendo insieme i brani di “Canzoni per anni spietati”, si ha una visione del mondo completa perché il disco riflette il desiderio della band di fotografare, in modo crudo ma autentico, le difficoltà del vivere oggi.  La voglia di fuga e la disillusione sono tra i temi centrali di questo lavoro, che si pone come una riflessione lucida su una società segnata da un crescente senso di disorientamento e da un diffuso odio sociale. L’album si configura quindi come un’opera politica (e non partitica) nel senso più profondo del termine, affrontando cioè le questioni che riguardano la collettività e le sue sfide quotidiane senza schierarsi se non dalla parte delle menti autonome.

Il sound del disco è estremamente eterogeneo, con radici profonde nel folk internazionale ma arricchito da influenze che spaziano oltre i confini di un genere preciso. Il folk, infatti, è la matrice della composizione, ma non degli arrangiamenti, che si muovono in direzioni diverse e sorprendenti. L’italianità resta fortemente presente soprattutto nella forma canzone. Si tratta di un concept letterario più che musicale, in cui le parole diventano l’elemento di connessione tra i brani. Ogni canzone si lega all’altra, dando vita a un progetto in cui il filo conduttore è rappresentato dalle tematiche affrontate.

Tra le sorprese del disco spiccano due omaggi importanti, scelti per il loro valore simbolico e per la loro profonda connessione con le tematiche centrali dell’album. Il primo è “Song to Dylan”, un brano ispirato a Bob Dylan, figura emblematica del cantautorato ribelle e poetico che rappresenta da sempre la voce degli outsider. La band, attraverso questo omaggio, richiama quello stesso spirito di libertà creativa e di riflessione profonda che attraversa l’intero disco. Il secondo omaggio è una reinterpretazione di “Viva l’Italia” di Francesco De Gregori, un classico della canzone d’autore italiana che affronta, con profondità e sensibilità, la complessità dell’identità nazionale. La band sceglie di rileggere questo brano alla luce delle nuove tensioni sociali e culturali, offrendo una versione capace di dialogare con il presente.

Nel suo insieme, l’album si presenta come una narrazione coerente e coinvolgente, capace di offrire una visione completa del mondo contemporaneo. Un disco pensato per chi ha ancora voglia di ascoltare con attenzione, per chi cerca nella musica non solo intrattenimento, ma anche uno spunto di riflessione profonda. Un progetto che merita un’attenzione particolare, non solo per il valore intrinseco delle canzoni, ma anche per il momento storico in cui viene pubblicato.

“Non serve chissà quale grado di sensibilità per capire quando il mondo che ti ha cresciuto sta scivolando verso una deriva tossica preoccupante – raccontano i Negrita – le opzioni per un artista sono due. O si gira dall’altra parte guardandosi la punta dei piedi o prende di petto la situazione denunciando, con le armi che ha, quello che non va. Con “Canzoni per Anni Spietati” abbiamo deciso di non far finta di niente, conveniente o meno che sia. Buon ascolto”.

Negrita, “Canzoni per anni spietati” track by track

Nel Blu (Lettera ai Padroni della Terra)
Il brano prende ispirazione da un pezzo famoso di Bob Dylan, che è Masters of War. Lì si parlava della società degli anni 60, delle guerre che c’erano in quel momento. Noi invece raccontiamo la società contemporanea, quella del 2025. Un brano dall’andatura marcata, un groove solido e rock and roll. Siamo piuttosto orgogliosi di questo pezzo. In qualche modo è forse anche il pezzo più rappresentativo del disco e non è un caso che lo apra.

Noi Siamo Gli Altri
La società contemporanea tende a schematizzare, e qualche volta lo fa drasticamente: o sei bianco o sei nero, o sei progressista o sei un conservatore… non si considera mai una terza via. Ci sono persone che non si riconoscono in nessuno schieramento e “Noi siamo gli altri” vuol dire questo, che esiste cioè una terza, una quarta, una quinta via alla società contemporanea e cerchiamo di raccontare in questa canzone il mondo che vediamo con i nostri occhi. Abbiamo una coscienza, abbiamo una cultura e vogliamo manifestarla. 

Ama o lascia stare
Un brano che a livello di groove ci ha dato subito grandi soddisfazioni. Tra l’altro c’è anche uno special che è molto funky e quindi abbiamo goduto nell’arrangiarlo perché ha un sound molto Negrita di un certo periodo. In questo brano diciamo che, se l’alternativa ad amare è odiare, non ce n’è bisogno.

Song to Dylan
All’inizio della sua carriera Bob Dylan dedicava un brano, Song to Woody, a Woody Guthrie, il suo riferimento musicale da giovanissimo. Abbiamo voluto scrivere un testo rispettando questa tradizione, una Song to Dylan. Anche a livello musicale abbiamo composto una canzone che assomiglia allo stile di Dylan divertendoci con la filologia. È un brano acustico.

Non esistono innocenti amico mio
Era venuto fuori un giro di accordi molto promettente e lo step successivo sarebbe stato quello di scriverci un testo. Era il giorno di Pasqua, Pau era nel suo studio con le finestre aperte. Abita un po’ in collina, sotto a un paese con la ferrovia, la strada, il fiume e l’agglomerato urbano. Ha Sentito le campane della chiesa del paese sotto casa, poi una sirena della polizia e ha preso questo gancio dalla realtà per inserirlo nella prima riga del testo. Da lì a seguire è venuta l’idea e si è completato praticamente da solo. Tanto che il giorno dopo l’ha portato in studio e il pezzo era già praticamente finito. Poi l’abbiamo arrangiato e l’abbiamo fatto diventare quello che ascolterete. Non esistono innocenti, amici miei.

Buona fortuna
Buona fortuna, altrimenti detto Shalalala dal nome di archivio: abbiamo degli hard disk con del materiale vecchio che ogni tanto riascoltiamo e questo è un brano del ‘99 a cui abbiamo voluto dare una chance. Ci abbiamo lavorato per un po’, ne è uscita una versione che non ci convinceva del tutto e abbiamo provato a stravolgerla nella velocità, nel tempo ed è quella che sentite adesso nel disco.

Dov’è che abbiamo sbagliato
Uno dei pezzi più rock che ci sono nell’album. In questo brano cerchiamo di fare un’analisi di pregi e difetti della nostra generazione. Vedendo i risultati nella realtà di oggi, viene da pensare che da qualche parte abbiamo sbagliato. La nostra generazione fondamentalmente ha prodotto ben poche cose rilevanti per l’andamento del mondo e ce ne vogliamo prendere la responsabilità. 

Viva l’Italia
C’è una tradizione stupenda di cantautori in Italia. Sarebbe sbagliato credere che, siccome facciamo rock, non ascoltiamo questo genere musicale, anzi, siamo cresciuti ascoltandolo e apprezzandolo. Uno dei nostri preferiti è Francesco De Gregori che ha scritto tantissime canzoni importanti, ogni riga che scrive è un diamante. Abbiamo voluto mostrare la nostra stima nei confronti di De Gregori attraverso questa nostra versione di Viva l’Italia, canzone che ha un contenuto calzante per questo momento storico e che si inserisce bene in questo concept.

Non Si Può Fermare
L’album si chiude con Non si può fermare, che canta Drigo. È una canzone nata durante il lockdown, periodo in cui Drigo sentiva chiaramente che non era il caso di scrivere nulla, avvertendo fortemente il peso del dramma che stavamo vivendo. Una volta finito, se fosse mai finito, avremmo voluto rimuoverlo e non pensarci mai più. Ma qualcosa scavava dentro e questa sensazione arrivava soprattutto quando si avvicinava la bella stagione e sapevamo tutti che, arrivato il bel tempo, saremmo potuti uscire. Si viveva l’attesa dell’estate come qualcosa di enormemente prezioso, una cosa che fino a qualche mese prima davamo semplicemente per scontato. Questa ineluttabilità delle stagioni che cambiano, della Terra che continua la propria esistenza, al di là degli errori, delle cose che l’umanità riesce a fare, ci mette a contatto con la sensazione di grandezza che l’uomo può avvertire, senza confrontarsi invece con la nullità che è realmente di fronte all’enormità dell’Universo. È un brano che, celebrando con gioia l’arrivo dell’estate, vuole anche mettere l’accento sul contrasto che c’è nel rapporto fra uomo e Natura. 

Scritto da Redazione RM
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