Nox: “La musica può trasformare il dolore in forza” – INTERVISTA

Nox

A tu per tu con Nox che si racconta in occasione dell’uscita del nuovo singolo “Okinawa”, disponibile a partire dallo scorso 26 settembre. La nostra intervista

Dietro il nome d’arte Nox c’è la voce e la storia di Mohamed Naji, classe 2002, nato in Marocco e cresciuto in Italia. Una vita segnata da contrasti, tra accoglienza e discriminazione, tra perdita e desiderio di riscatto. Dopo l’esperienza a Nuova Scena 2 su Netflix, l’artista torna a mostrarsi con autenticità in “Okinawa”, il suo nuovo singolo che apre un nuovo capitolo artistico e personale.

Il brano mescola urban-pop, trap ed elementi eterei, ma soprattutto è un inno alla resilienza: un viaggio musicale che racconta il dolore come terreno di crescita, e la musica come luce che guida fuori dal buio. “Okinawa è più di una canzone: è un simbolo, un mantra, una presa di posizione.

In questa intervista, Nox ci accompagna nel cuore della sua storia e della sua visione artistica, parlando di forza interiore, battaglie quotidiane, e della sua evoluzione, dentro e fuori dallo studio. Una conversazione sincera, cruda e luminosa: proprio come la sua musica.

“Okinawa” è il tuo nuovo singolo: che sapore ha per te questo pezzo?

«“Okinawa” per me ha il sapore della resistenza. È un brano che parla di dolore, ma anche di forza. Proprio come l’isola da cui prende il nome, che ha conosciuto la guerra e l’inferno, ma non si è mai piegata del tutto. È un sapore amaro e salato, come il mare dopo una tempesta».

Hai scelto un titolo particolare, che richiama una nota isola giapponese. Cosa ti ha spinto a scegliere questo titolo?

«“Okinawa” non è solo un luogo, è un simbolo. Durante la Seconda Guerra Mondiale è stata teatro di una delle battaglie più dure, dove la gente ha resistito anche di fronte alla devastazione totale. L’ho scelta perché rappresenta perfettamente quel sentimento di resilienza che volevo raccontare. È la metafora perfetta: puoi essere bombardato dalla vita, ma se dentro hai ancora la forza di resistere, allora non sei finito».

A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato in studio dietro la ricerca del sound da dare a “Okinawa”?

«Abbiamo lavorato molto per trovare un equilibrio tra durezza e dolcezza. Volevamo che la produzione raccontasse un viaggio: dalle macerie alla rinascita. C’è un sound elettronico, ma anche intimo, che ti avvolge. Come se stessi camminando tra le rovine e poi vedessi di nuovo la luce. Ogni suono è lì per accompagnare quella metafora».

Ti senti cambiato rispetto ai tuoi brani precedenti? Se sì, quali skill pensi di aver acquisito?

«Sì, decisamente. Con “Okinawa” ho imparato a scrivere in modo più simbolico, più profondo. Ho capito che puoi parlare di te anche attraverso un’immagine più grande, come quella storica. Penso di aver acquisito più maturità nella scrittura, più cura nel racconto, e anche più responsabilità nel trasmettere messaggi veri».

La seconda edizione di “Nuova Scena” ti ha portato al grande pubblico. Come valuti a mente fredda quell’esperienza?

«È stata una battaglia anche quella, nel senso buono. Ogni giorno dovevo dimostrare chi ero, tenere alta la concentrazione, superare le paure. Ma come a Okinawa, dove la gente ha resistito anche sotto le bombe, ho trovato in me una forza che non sapevo di avere. A mente fredda, è stata una guerra vinta dentro me stesso».

“Okinawa” è un inno alla resilienza. A chi senti di dedicarla e a chi ti piacerebbe rivolgerti?

«La dedico a chi ha visto crollare tutto ma non ha smesso di crederci. A chi è sopravvissuto a guerre personali: depressione, solitudine, mancanze, traumi. Mi piacerebbe che arrivasse a chi sta ancora combattendo, a chi magari è nel pieno della sua “battaglia di Okinawa” e pensa di non farcela. La verità è che si può ricostruire tutto, anche quando sembra impossibile».

Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato dalla musica fino ad oggi?

«Che la musica può trasformare il dolore in forza. Può prendere una tragedia e renderla arte, simbolo, speranza. Come Okinawa, che oggi è un’isola di pace ma non ha dimenticato il suo passato. La musica mi ha insegnato che le ferite non si cancellano, ma si possono portare con dignità. E che raccontarle può salvare te e forse anche qualcun altro».

Scritto da Nico Donvito
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