venerdì, Aprile 19, 2024

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Ntò: “Perseverare quando c’è talento serve” – INTERVISTA

A tu per tu con il rapper napoletano, in uscita con il suo quinto disco solista intitolato “Nevada

Impegno e perseveranza, queste due delle caratteristiche che da sempre contraddistinguono la musica di Antonio Riccardi, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Ntò, rapper napoletano che ricordiamo per la sua longeva militanza nei CoSang, per poi aprirsi ad un’altrettanta ispirata e fortunata carriera solista. “Nevada” è il titolo del suo nuovo album in studio, pubblicato da Sony Music lo scorso 28 febbraio, composto da dodici tracce ed impreziosito dalla presenza di numerosi featuring, da Giaime a Jake La Furia, passando per Clementino, Enzo Avitabile, Nina Zilli, Speranza, Nico Tesla, Emiliana Cantone, e Gianni Bismark.

Ciao Antonio, partiamo da “Nevada”, il tuo quinto disco solista. Quanto tempo hai impiegato per la realizzazione di questo album e come si è evoluto l’intero processo creativo?

«Ho cominciato a lavorare a questo progetto circa due anni fa, inizialmente c’è stata una prima stesura durante la quale abbiamo realizzato una trentina di pezzi. Successivamente abbiamo cominciato ad individuare alcune tracce pilota del disco, quelle sulle quali puntare, fino ad arrivare ad analizzare il tutto, guardare un po’ da fuori quello che stava nascendo, per cercare di centrare il più possibile le cose, togliendo ed aggiungendo dei pezzi in modo mirato; più che un lavoro di scrematura, la seconda fase è stata una sorta di analisi per arrivare al risultato finale e alle dodici tracce in scaletta».

Tante le collaborazioni presenti, con quale criterio sono state selezionate?

«L’unico criterio è stato l’incontro artistico, la vicinanza di pensiero, il condividere la stessa visione di musica e di vita. Alcuni non li avevo mai incontrati e li ho conosciuti strada facendo, con altri ci frequentiamo ormai da tempo. In tutti i casi, le scelte non sono state sicuramente funzionali ad un richiamo mediatico, i motivi che ci hanno spinti a collaborare sono ben altri. Sai, all’interno di questo album ho messo varie anime, credo che ogni featuring si sia affiancato e incastrato alla perfezione con ciascuna di queste anime».

Lo scorso luglio hai pubblicato il singolo “Famoso” che non è contenuto all’interno di questo tuo nuovo lavoro. Com’è avvenuto l’incontro con Nicola Siciliano?

«Nicola è un ragazzo eccezionale, avevo sentito diverse sue cose, l’incontro è avvenuto in maniera molto naturale. E’ un pezzo che considero una sorta di ouverture a questo mio nuovo percorso in Sony, in maniera un po’ assestante, ecco perché non l’ho inserito nell’album, ahimè ho dovuto escludere anche altri pezzi, pur essendo molto validi, magari farò uno versione deluxe per includerli tutti».

A proposito di notorietà, come descriveresti il tuo rapporto col successo?

«Credo ci siano tanti modi per intendere il successo, dal mio punto di vista il successo nella vita è fatto di tanti traguardi personali e professionali. Sicuramente non sono uno di quelli che vanno a caccia della popolarità, che ambiscono alla fama in maniera compulsiva, piuttosto mi reputo ancora un artista che si batte per gli ideali e non per i propri interessi; penso sia un disco legato al tipo di visione dell’arte, a come la si concepisce. Oggi come oggi, non so quante persone famose abbiano realmente a cuore la propria dimensione artistica, molti sono spinti da altro».

Hai cominciato a fare hip hop a metà degli anni ’90, quando il rap in Italia era ancora tutto campagna. Oggi che il genere è diventato in voga, il timore è che chi si avvicina lo fà per cavalcare un’onda. Secondo te, cosa è rimasto di quello spirito iniziale? Se è rimasto qualcosa…

«Beh, guarda, era un periodo storico completamente diverso, il mercato per quanto riguarda questo genere non esisteva, c’erano pochissimi esponenti. Abbiamo assistito al cambiamento di un’era, dall’avvento di internet in poi è cambiato proprio tutto, anche il rap è stato travolto, ma lo spirito di conservazione e di rinnovamento dell’hip hop credo sia più forte e fa sì che siamo ancora qui oggi a parlarne. Sono cambiati i modi, soprattutto in Italia, ma alla fine si avvicinano sempre più persone a questo genere, quindi vuol dire che c’è chi ha da dire anche oggi».

Riferito alla scena attuale, invece, pensi che esistano un real rap e un fake rap?

«No, oggi non è più possibile, forse dieci o quindici anni fa, adesso è un assemblaggio di entrambe le cose, non c’è più una divisone così specifica, un confine netto, nel senso che è sicuramente più difficile riconoscere quali siano i progetti real da quelli fake, credo ci sia una percentuale di entrambi i fattori un po’ in tutte le attuali proposte. Sicuramente c’è chi è più reale e chi più costruito, ma alla fine le carte si sono un po’ mescolate».

“Salut” è stato il primo singolo ufficiale di questo progetto, in collaborazione con Speranza, che ha anticipato questo lavoro. Com’è stato lavorare con Ugo e cosa rappresenta per te questo pezzo?

«Con Ugo ho un ottimo rapporto, come racconto sempre, noi ci incontravamo in giro sui palchi in diverse volte in Campania. Il brano è nato dalla nostra amicizia, tutto è arrivato in modo piuttosto spontaneo, è una persona molto genuina, con lui si lavora sicuramente bene».

Tra i pezzi in tracklist incuriosisce parecchio “Diva”, che si avvale del doppio featuring con Enzo Avitabile e Nina Zilli. Com’è nata l’idea di questa combustione di stili differenti?

«Avevo in mente di realizzare un brano con dello sonorità calipso, un po’ caribbean. Sin da subito mi è sembrato il pezzo più adatto da sottoporre ad Enzo, che tra l’altro è mio zio, insieme abbiamo già fatto una serie di collaborazioni. A lui è piaciuto, così abbiamo pensato di coinvolgere una voce importante, dato anche il tema, visto che il pezzo è un vero e proprio inno d’amore nei confronti delle differenze. Nina era perfetta, l’ho sempre stimata e il risultato non fà altro che confermare la sua grandezza».

Ti piacerebbe partecipare al Festival di Sanremo? Lo consideri un palco sufficientemente sdoganato?

«E’ una proposta che credo qualsiasi artista italiano non possa rifiutare, l’Ariston è sicuramente un palco importante, chiunque prima o poi un pensierino ce lo fà pure. Personalmente, almeno fino a questo momento, non ho mai coltivato una volontà così forte di parteciparvi, pur seguendolo sporadicamente, ammetto di nutrire qualche perplessità, visto soprattutto il genere che rappresento. Negli anni il rap a Sanremo è sicuramente stato sdoganato, se mai dovessi partecipare al Festival credo che lo farei portando con me un tema importante, perché alla fine il messaggio arriva se hai qualcosa da dire, mi viene in mente Rocco Hunt che ha vinto facendosi portavoce di una causa, di una realtà, di una zona e di una serie di problematiche, in tal senso l’insieme funziona».

Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato dalla musica in questi anni di attività?

«Potrà sembrare scontato o banale, ma questo è un mestiere particolare, nel quale è importante saper aspettare, capire e rispettare i vari cicli. Oggi come oggi mi sento ancora più sicuro che in passato, non solo perché ho incontrato una major labels, bensì perché negli anni non ho mai smesso di crederci, spinto ed incoraggiato principalmente dai miei ideali. Alla fine saper aspettare ripaga sempre, avere fiducia e credere nel processo, perché perseverare quando c’è talento serve, altrimenti è meglio se ti cerchi un altro lavoro (sorride, ndr)».

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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