Oliver Kaufmann: “La musica è maestra di vita” – INTERVISTA

Oliver Kaufmann

A tu per tu con Oliver Kaufmann per parlare del suo nuovo singolo “Muse”, fuori dallo scorso venerdì 7 marzo. La nostra intervista al giovane artista

Muse è il titolo del nuovo singolo di Oliver Kaufmann, un brano che combina sonorità indie-pop britanniche con una struttura musicale innovativa, caratterizzata da un’alternanza tra linearità e asimmetrie. Il giovane artista torna così a scrivere in inglese, riportando al centro del suo progetto creativo le sue stesse radici.

Dopo aver trascorso anni in Italia e aver esitato a lanciare brani in inglese per timore di non essere apprezzato, Oliver Kaufmann ha riscoperto la sua identità multiculturale e la necessità di esprimere la propria autenticità. Con un rinnovato senso di sicurezza, sente di poter rappresentare un nuovo corso nell’arte, caratterizzato da genuinità, semplicità e fragilità.

“Muse” segna per te un ritorno alla scrittura in inglese: un caso o un’esigenza?

«Un caso che si è trasformato in esigenza. Avevo accantonato la scrittura in inglese perché mi ponevo dei dubbi riguardo ala efficacia di pubblicare musica in inglese in Italia. Già è molto difficile emergere come artista in Italia cantando in italiano, figuriamoci in inglese. Io però, sono nato come artista scrivendo in inglese e ho riscoperto questo mio lato stando a Londra, rinnamorandomi dei Beatles, di Elton John e degli Oasis e riprendendo in mano la scrittura in inglese anche con il mio chitarrista Andrea Tramonte. Ad una certa avevo un’esigenza di farmi vedere come l’artista che sono e questo comprende sia musiche in italiano che in inglese, quindi ho pubblicato Muse».

Cosa significa per te oggi riscoprire e rivendicare la tua identità multiculturale e che tipo di lavoro c’è stato in studio dietro costruzione del sound?

«Significa rimettere la mia identità al centro del mio progetto artistico, quindi in poche parole tutto. Ho avuto una vita con molti spostamenti. Sono nato e cresciuto in Germania, poi a 12 anni mi sono trasferito a Verona e tra i 18 anni e adesso ho trascorso periodi a Londra, Milano e Verona. Parlo l’inglese, il tedesco e l’italiano da quando sono bambino. Non voglio limitarmi ad esprimermi solo in un modo e penso di poter dire la mia sia in inglese che in italiano. In studio, siamo ripartiti dalle mie radici: quindi quelli che hanno fatto la storia della musica UK (Beatles e Elton John) per poi andare a trovare ispirazione da artisti giovani che stanno spaccando la scena adesso (Rex Orange County e Lola Young). C’è stato una vera cura anche dietro al sound delle chitarre e nella struttura degli arrangiamenti».

In che modo la scrittura in inglese cambia, se cambia, il tuo approccio alla musica?

«Se devo essere sincero la scrittura in inglese mi risulta più naturale rispetto a quella in italiano perché è stato il modo in cui ho iniziato. Quando scrivo in italiano tendo anche a porre più attenzione sulla scelta dei vocaboli e usare delle parole più ricercate mentre in inglese sento che spesso la semplicità è la cosa più avvincente».

Londra è una delle protagoniste del brano. Cosa rappresenta per te questa città, oggi e nel tuo percorso artistico?

«Londra rappresenta due cose per me: casa e un obbiettivo. Casa perché è la città dove mi sento più a mio agio ad esprimermi. Sento pace dei sensi e un vero amore per la quotidianità in quel luogo. Obbiettivo perché ambisco a portare la mia musica all’estero e vivere lì e costruire il mio progetto artistico in Inghilterra».

Come vivi oggi, artisticamente e personalmente, il rapporto tra Italia e Inghilterra? E cosa trovi di innovativo in entrambe le scene musicali?

«Cerco di trovare qualsiasi scusa per staccare un po’ dall’Italia e andare a Londra. Mi sento rigenerato e ispirato con nuove idee lì. Vivo la città anche come luogo dove studio e mi miglioro perché ho frequentato diversi corsi di musica alla Guildhall School of Music. Mi piace molto alternare tra Italia e Londra, e sono fortunato di poter vivere questi due posti che mi sono a cuore. Tra l’altro colgo l’occasione per annunciare il mio primo live a Londra il 2 Maggio! Per quanto riguarda le scene musicali, le vedo parecchie diverse tra di loro, specialmente a livello di sonorità. Mi sembra che, specialmente dopo quest’ultimo Sanremo, in Italia stia lentamente finendo il periodo trap/rap e ci sia un ritorno del cantautorato mentre in Inghilterra trovo che ci sia anche molto più spazio per gli artisti Indie e la scena underground». 

Quali ascolti e quali artisti hanno influenzato la tua formazione?

«Uno dei miei primi ricordi con la musica è quando a 8 anni cantavo “Eight Days A Week” dei Beatles in macchina con i miei genitori. I Beatles sono stati il mio primo amore musicale e da lì ho sempre di più approfondito la musica inglese passando da Elton John, David Bowie e tutta la scena Britpop quindi Oasis, Blur, Pulp ecc». 

Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?

«È difficile focalizzarsi solo su una lezione. La musica è maestra di vita, e mi ha accompagnato e fatto crescere in tutti gli ambiti. Di conseguenza scrivo un paio di cose che ho imparato:

  1. Non aver paura di mettersi in gioco e essere se stessi.
  2. La persistenza e la dedizione a lungo termine sono fondamentali.
  3. I “no” sono porte nuove che si aprono.
  4. Non accontentarti e lavora sempre su migliorare la tua arte.
  5. Fidati di te stesso e delle persone che ti sono vicine».
Scritto da Nico Donvito
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