lunedì 21 Ottobre 2024

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Olly: “Tutta vita? Uno spaccato dei miei ultimi anni” – INTERVISTA

A tu per tu con Olly, in occasione dell’uscita del suo nuovo album “Tutta vita”. La nostra intervista alla vigilia della pubblicazione di questo suo nuovo tassello discografico

È atteso per venerdì 25 ottobre il nuovo lavoro di Federico Olivieri, in arte Olly, intitolato “Tutta vita” (Epic / Sony Music), anticipato dai successi dei singoli “Devastante” e “Per due come noi” in coppia con Angelina Mango. intervista

Un progetto che racconta e si interroga sul quotidiano, ma anche sul futuro, sulle declinazioni e sulle derive della nostra esistenza. Il risultato è un dialogo personale quanto collettivo, in cui poterci immergere per ritrovare anche pezzi del nostro vissuto.

Dal 28 novembre live nei principali club italiani “lo rifarò, lo rifaremo tour”, dopo gli appuntamenti sold out, sono state annunciate le nuove date in door: a Venaria Reale (TO – 4 maggio), Bologna (7 maggio), Roma (13 maggio), Molfetta (BA – 16 maggio), Firenze (19 maggio) e Padova (22 maggio).

Olly presenta “Tutta vita”, l’intervista

Vieni da un 2024 molto positivo, cosa rappresenta in questo momento per te l’uscita di “Tutta vita”?

«Lo considero uno spaccato dei miei ultimi anni. C’è tutto quello che sono e che ho vissuto sulla mia pelle. All’inizio avevo paura che il secondo fosse più complicato da realizzare, invece mi è bastato raccontare ciò che mi succedeva o che volevo che mi succedesse. Quindi sicuramente mi sento molto orgoglioso di questo progetto, indipendentemente dai risultati nel lungo termine».

L’ascolto si apre con “È festa”, traccia che esprime al meglio lo stato d’animo del disco e che suggella la combo tra te e JVLI. Non poteva che aprirsi così un album con un titolo del genere, no?

«Beh sì, assolutamente. Credo che JVLI, anche con questo album, sia riuscito a cucirmi addosso un suono in linea con quello che avevo nella testa. Decidiamo le cose insieme e poi abbiamo giocato tanto, abbiamo passato tanto tempo insieme in studio. “È festa” collega il mondo vecchio al mondo nuovo, è un po’ un nostro motto. Dire che è sempre festa può apparire come un’iperbole, anche se non tendiamo a essere persone che festeggiano troppo le cose, né nel bene né nel male, mentre sono convinto che faccia bene, perché bisogna vivere tutto sempre fino in fondo».

C’è divertimento, ma anche tanta riflessione. Ne “I cantieri del Giappone”, per esempio, rifletti sulla velocità con cui le cose accadono. Nella seconda strofa rifletti sul mercato musicale e dici: “E pensarci mi fa strano, siamo diventati saturi, dando colpa ai discografici”. Quali pensieri hanno favorito la nascita di questo pezzo?

«Il fatto che, effettivamente, nonostante abbia sempre voluto fare le cose con calma, in questi ultimi anni le cose sono andata bene e molto velocemente, anche se mi sembra di aver iniziato ieri nel mio sottoscala a Genova. Quindi, in “Cantieri del Giappone” racconto un po’ quella voglia di fermare la frenesia. Da “Io sono”, che è stato il mio progetto da indipendente, in cui parlo di me, a “Gira, il mondo gira” in cui giro con lui e sto ai suoi ritmi, finché non voglio scendere per parlare di vita e rendermi conto che il mondo che gira forse non è tutta vita, ma è tutta vita quello che mi fa raccontare».

Nella tracklist non poteva mancare “Per due come noi”, che è un successo di questo autunno. Come è stato lavorare con Angelina Mango e cosa pensi di aver attinto da lei, sia umanamente che professionalmente?

«Lavorare con Angelina è stato come mi aspettavo che sarebbe stato. Lei ha fatto tantissime cose quest’anno, ha avuto un sacco di impegni anche a livello europeo, eppure ha trovato del tempo per lavorare con me a questa canzone. Ho lavorato con una ragazza della mia età, un talento straordinario, con una ragazza talentuosa, ma anche una stacanovista che lavora veramente tanto, sempre molto concentrata. Insomma, ci siamo dati tanto a vicenda con questa canzone, anche cantandola insieme sul palco, in un momento di mille esibizioni in giro per il mondo, credo che esibirsi con un amico possa essere stata una cosa bella anche per lei.  Avrei potuto far uscire il brano anche nella versione iniziale da solo, ma non appena ho sentito quello che il suo intervento avrebbe comportato, non ho dubitato per un secondo della cosa».

Altra bella collaborazione del disco è quella con Enrico Nigiotti nel brano “Sopra la stessa barca”. Come sono nati questo incontro e questo pezzo?

«Enrico l’ha conosciuto grazie a JVLI, abbiamo fatto una grigliata a casa sua e parlato tanto di vita. Man mano che andava avanti la grigliata, abbiamo parlato e capito sempre meno, perché si mangiava, ma si beveva anche molto (sorride, ndr). Enrico è uno di noi, un artista con la A maiuscola, che scrive delle canzoni bellissime e che arrivano come piacciono a me. In studio è andata che il brano sarebbe dovuto rientrare nel suo album, ma  essere nel suo album, ma una volta terminato ho insistito sul fatto che fosse inserito nel mio, chiedendogli di concedermi la canzone per il mio disco. Così è stato. Sono molto orgoglioso di aver collaborato con lui e con Angelina e che questi siano gli unici due featuring del disco, entrambi nati in maniera vera e spontanea».

In “Quei ricordi là” provi a immaginarti tra qualche anno, in età avanzata. Com’è stato immergersi in questi pensieri?

«È stato bello perché mi sono creato una mia oasi, una mia isoletta con la sabbia bianca e con il cielo sempre rosa, senza sole la mattina e senza buio la sera. Mi ha fatto veramente piacere proiettarmi in un futuro dedicando poi un brano a quello che succede nel mentre. Nel ritornello racconto quanto tutto quello che sta nel mezzo, dall’oggi al domani, sia la cosa più importante. E quindi è stato bello immaginarsi che, alla fine di tutto, ne varrà comunque la pena».

Canzoni che, seppur abbiano mood diversi, aderiscono perfettamente all’atmosfera live e appaiono perfette per essere cantate a squarciagola insieme al pubblico dal vivo…

«Sì, il nostro punto di partenza alla fine è stato il tour dello scorso anno. Da un certo punto di vista, è stata la prima volta che ho sentito le canzoni che mi tornavano in faccia, guardando come le canta e come le vive il pubblico. È venuto spontaneo, non c’è stato alcun retropensiero nel realizzare un disco adatto a quel momento lì, perché io vivo per quel momento lì e non vedo d’ora di portarlo live in un tour che tra l’altro, contro ogni mio pronostico, è già sold out, nonostante l’album non sia ancora uscito».

Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di un disco come “Tutta vita”?

«L’autenticità di quello che ho scritto e di quello che ha suonato JVLI con tutti gli strumentisti che ci hanno accompagnato. Poi, anche la natura con cui ho portato avanti questo progetto nonostante varie difficoltà che ci sono state, sia nella mia vita lavorativa che nella vita delle persone a me vicine. Sono convinto che tante di queste canzoni, tra un po’ di anni, continuerò a sentirle attuali, perché parlano di cose che ho ritrovato anche scavando nel passato, non solo mio, ma di altre persone, compreso di generazioni diversa dalla mia. E questa è forse la cosa che mi rende più orgoglioso, perché riuscire ad arrivare a qualcuno che ha voglia di rivivere dei ricordi e non solo di vivere nella propria di tristezza quotidiana, mi rende contentissimo».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.