Ora o mai più, Pierdavide Carone: “Una vittoria che dedico a me stesso” – INTERVISTA

A tu per tu con uno dei protagonisti della terza edizione di “Ora o mai più” appena conclusa, ecco cosa ci ha raccontato il vincitore Pierdavide Carone in questa intervista
È calato il sipario sulla terza edizione di “Ora o mai più”: il vincitore Pierdavide Carone ci racconta in questa intervista le sue sensazioni all’indomani dell’ultimo appuntamento del programma in scena sabato 1° marzo in prima serata su Rai 1.
Nel corso di questa esperienza, il cantautore pugliese si è esibito insieme alla propria coach Gigliola Cinquetti, sulle note di alcuni di alcuni dei suoi più grandi successi (“Dio come ti amo”, “Alle porte del sole”, “La pioggia”, “Non ho l’età”), ma ha dato prova del suo talento anche con “La sera dei miracoli”, “Centro di gravità permanente”, “La donna cannone”, “Fai rumore” e altre ancora.
Nel corso della serata finale, si è esibito sulle note dell’inedito “Non ce l’ho con te” (qui la nostra recensione), dando ancora una volta prova del suo talento autoriale. All’indomani del trionfo, abbiamo raggiunto Pierdavide Carone per assaporare con lui le sensazioni del momento.
Pierdavide Carone racconta la sua esperienza a “Ora o mai più”, l’intervista
Come hai vissuto questa esperienza e con quale spirito l’hai affrontata?
«L’ho affrontata con un spirito catartico, infatti, questa esperienza per me è stata una sorta di catarsi sia artistica-professionale che umana. La decisione di cantare “Non ce l’ho con te” come inedito in finale e di rifare “La sera dei miracoli” denota il fatto che avessi bisogno di chiudere un cerchio per poter iniziare un nuovo capitolo».
Quali sono gli aspetti che ti rendono più fiero di questa vittoria?
«Il fatto che essere stati lontani dal mainstream non mi ha fatto allontanare dalla musica, anzi, non è che in questi anni mi sia messo a vendere scope, ho sempre continuato a scrivere e cantare, magari in contesti più ristretti, dove era più la gente che doveva venirmi a cercare. Confrontarmi in questa esperienza con altri colleghi che, proprio come me, hanno vissuto alti e bassi, è stato importante. Ma non sono arrivato lì con l’idea di vincere, anzi sulla carta, basandomi volgarmente sui numeri, Matteo con gli Sugarfree aveva più ascolti di me su Spotify, così come Pago e Valerio avevano più follower su Instagram. Questo per dire che ero consapevole che non sarebbe stata una parata trionfale. E invece lo è un po’ diventata nel momento in cui ho messo per la prima volta piede su quel palco, cantando “Di notte”. E poi, strada facendo, la sensazione è stata quasi come se la gente stesse aspettando quel momento, che stesse aspettando me, che tornassi lì a fare quello che non facevo in un contesto così ampio dal 2012 con “Amici”. Questa sensazione per me è stata sia incredibile che indescrivibile».
In che termini ha contato l’apporto come coach di Gigliola Cinquetti e come si è evoluto in queste settimane il vostro sodalizio artistico?
«L’apporto di Gigliola ha contato molto più di quanto la gente non abbia visto, proprio perché lei ha fatto in modo che le cose andassero così. Ha capito la mia cifra e ha cercato di supportarmi facendo la cosa più difficile per un artista: un passo indietro per permettermi di risaltare. Quindi, secondo me, il percorso all’interno del programma ha funzionato proprio perché Gigliola ha capito la cosa di cui avevo bisogno: essere messo al centro del palco».
Durante la finalissima di “Ora o mai più” hai presentato un nuovo inedito, “Non ce l’ho con te”, cosa rappresenta per te questo brano?
«Questo pezzo è nato in treno tanti anni fa, credo fosse il 2014. Vivevo ancora a Roma e stavo tornando dall’Abruzzo dove avevo fatto una session con dei produttori e con dei musicisti. Insomma, in quel regionale ricordo di essermi sentito molto triste. Io che ho fatto della solitudine anche un po’ una scelta di vita, in quel momento mi sono sentito solo per una delle poche volte nella mia vita. Mi sono messo un po’ a pensare a quanto la mia famiglia si fosse persa, a quanto alle volte ci si possa sentire soli anche all’interno di un contesto familiare, che è una cosa che può succedere a chiunque. Così ho pensato di scrivere una retrospettiva, sempre secondo il mio punto di vista, perché poi chiaramente ognuno vede il film che vuole vedere. Questa canzone ha assunto una forza diversa dopo che mio padre si è ammalato ed è morto, nonostante io stessi aspettando l’occasione giusta per farla sentire, rimane un po’ il rammarico di non averla pubblicata prima, affinché anche lui potesse sentirla. Il messaggio che vorrei lanciare con “Non ce l’ho con te” è quello di cercare un altro punto di vista eventuale, per volerci bene a prescindere dai difetti e dagli errori, dalle cose brutte che uno ha ricevuto o che ha fatto, perché poi siamo tutti buoni e siamo tutti cattivi, dipende da chi subisce o da chi fa, a volte neanche volendo».
Per concludere, questa è una piccola-grande vittoria che pone l’accento sul tuo grande talento. A chi senti di dedicare questo traguardo?
«Rischierò di sembrare retorico, ma la risposta che sto per dare è tutt’altro fuorché retorica: ho bisogno di ringraziare me stesso, perché in genere lo facciamo tutti sempre troppo poco, specie pubblicamente, per non sembrare egoisti o stronzi, non lo so. È chiaro che ci sono un sacco di persone che si sono rivelate importanti, dalla mia famiglia a chi ha creduto in me, i miei discografici attuali, la produzione di “Ora o mai più”, Marco Liorni… cioè potrei dire un miliardo di nomi e sicuramente tutti meriterebbero una menzione, però io lo so quello che ho passato negli ultimi anni da “Caramelle” in poi. Già prima era stato faticoso, ma solo dal punto di vista professionale e, tutto sommato, andava abbastanza bene. Poi, invece, nel momento in cui stavo rimettendo in piedi la mia carriera, mi è crollato il mondo addosso, mi sono ammalato io, si è ammalato mio padre, si è ammalato il mondo con la pandemia. E così sono cominciate a scarseggiare ulteriormente le opportunità, manager che se ne andavano e manager sbagliati, senza contare che il Covid ha lasciato anche degli strascichi economici e avere voglia di rimettersi in gioco dopo i trent’anni in quel tipo di situazione non è propriamente l’esercizio più facile del mondo. Certo, gran parte del merito va a Davide Gobbello per avermi convinto, ma io stesso mi sono fatto convincere. Nel momento in cui ho messo piede dentro gli studi di “Ora o mai più”, sono arrivato col focus: fare tutto quello che andava fatto per prendere il massimo da questa esperienza, vincere il programma non nel senso di prendere la targhetta, ma di fare il possibile per lasciare il segno. Ecco, poi arriveranno i ringraziamenti sui crediti del disco, però in questo momento sento di dovere un ringraziamento a me stesso… che non è per niente banale e per niente retorico».