Ora o mai più, Valerio Scanu: “Torno a dare importanza all’essenza delle cose” – INTERVISTA

Valerio Scanu

A tu per tu con uno dei protagonisti della terza edizione di “Ora o mai più”. In attesa della finalissima di sabato 1° marzo, ecco cosa ci ha raccontato in questa nostra intervista

Siamo al rush finale della terza edizione di “Ora o mai più”: Valerio Scanu ci racconta in questa intervista le sue sensazioni alla vigilia dell’appuntamento in programma sabato 1° marzo in prima serata su Rai 1.

Nel corso delle prime sei puntate, l’artista si è esibito insieme alla coach Rita Pavone sulle note di alcuni di alcuni dei suoi più grandi successi (“Datemi un martello”, “Fortissimo”, “Come te non c’è nessuno”), ma ha dato prova del suo talento anche sulle note di “Poster” di Claudio Baglioni e in coppia con Michele Zarrillo in “Cinque giorni”.

Grazie a queste due ultime performance citate, infatti, si è aggiudicato la vittoria della sesta puntata di “Ora o mai più”. In attesa di sentirlo cantare il suo inedito nella finale, abbiamo raggiunto telefonicamente Valerio Scanu per assaporare le sue sensazioni della vigilia.

Ora o mai più: Valerio Scanu si racconta, l’intervista

Hai vinto l’ultima puntata di ora o mai più, dopo un percorso cominciato in salita. Qual è il tuo personale bilancio di questa esperienza finora?

«Diciamo che è stato un percorso poco lineare il mio, non iniziato nella maniera giusta, direi piuttosto male visto che ero ultimo in classifica dopo la prima puntata. Oggi mi ritengo abbastanza soddisfatto di come ho vissuto l’esperienza, perché si è trattato di un crescendo. Non lo dico solo per il risultato, visto e considerato che vincere una puntata non può che fare piacere, ma valuto in positivo questo riscatto che c’è stato di sabato in sabato».

Il tuo percorso è iniziato un po’ in salita, l’assegnazione nella prima puntata di “Datemi un martello” non ti ha certo favorito…

«Ma sì, quella assegnazione è stata più una provocazione autorale, non ci si poteva aspettare niente di più».

E il rapporto con Rita Pavone come si è evoluto in queste settimane?

«Tra noi c’è stato sin dall’inizio un grande rispetto, ma non sono mai andato oltre, quindi il nostro rapporto si è voluto di certo artisticamente, su quell’aspetto ci siamo sempre confrontati e trovati benissimo, esattamente come si è visto. Non so come evolverà e se evolverà nel tempo il nostro rapporto, se rimarrà una conoscenza fine a se stessa o se ci si risentirà ecco, ma sono contento di aver potuto lavorare al fianco di una grande artista come lei».

Un momento molto forte dell’ultima puntata equivale a quando hai interpretato con Michele Zarrillo la sua “Cinque giorni”, una canzone perfettamente nelle tue corde. L’avevi mai cantata?

«Sai che no, non l’avevo mai fatta o non ricordo di averla cantata. Pensa che, a tal proposito, ho ricevuto un messaggio da parte della moglie di uno dei musicisti con cui facevo le serata in piazza da ragazzo. Lei mi ha scritto che era felice di avermi sentito interpretare proprio quella canzone di Zarrillo che, in realtà, all’epoca non avevo mai voluto cantare. In molti mi hanno scritto che “Cinque giorni” è perfettamente nelle mie corde e che sembrava che con Michele l’avessimo sempre fatta, quando invece l’ho conosciuto quello stesso giorno alle prove».

A parte qualche acceso scambio di opinioni tra coach, devo dire che tra voi concorrenti trasmettete una certa coesione. Che clima si respira dietro le quinte?

«Un clima abbastanza sereno, non ci sono mai stati finora momenti di sbrocco, ognuno fa il suo e si guarda al proprio percorso. Siamo tutti professionisti che ci siamo messi in gioco, quindi il clima è sia di divertimento che, soprattutto, di professionalità».

Durante la prima puntata ogni artista ha proposto il proprio cavallo di battaglia, il tuo è senza ombra di dubbio “Per tutte le volte che…”. Come descriveresti il tuo rapporto con questa canzone oggi?

«Rispetto ad altri artisti che non vedono di buon occhio il proprio pezzo di maggior successo, devo ammettere di provare riconoscenza nei confronti di questo brano. Sono consapevole del fatto che ”Per tutte le volte che…” sia e il pezzo che la gente vuole sentire di più del mio repertorio».

E c’è una canzone meno nota tra quelle che hai pubblicato, che reputi altrettanto importante e che non ha avuto la stessa visibilità?

«Potrebbe essere “Dannata distanza” oppure “L’ultimo spettacolo”, entrambe contenute nel mio album “Dieci” del 2018. Non c’è un motivo preciso, la lotteria delle canzoni è così imprevedibile. Nel caso di questi due pezzi, gioca a loro sfavore il fatto che non siano usciti come singoli».

Nella puntata di sabato prossimo, la finalissima di “Ora o mai più”, vi esibirete proponendo i vostri inediti. Cosa dobbiamo aspettarci dal pezzo che hai scelto di presentare?

«Si intitola “Solo con una parola” e sono io, perché racconta la mia vita e ciò che sono oggi. Quando è stato scritto si è rivelato un po’ profetico, anche se non è stato scritto raccontando un momento preciso, ma è stato scritto raccontando una storia che oggi mi rappresenta. Avevo bisogno di scollarmi di dosso le varie sovrastrutture e tornare dare importanza all’essenza delle cose».

Per concludere, sul fatto che tu abbia una grande voce non c’è dubbio. Mi incuriosisce capire come si è evoluta negli anni la concezione che hai di questo dono e com’è cambiato l’utilizzo che fai di questo tuo strumento?

«Guarda, con estrema sincerità ti dico che sicuramente penso di aver ricevuto un grande dono, ma che c’è stato anche tanto lavoro dietro. Sempre più spesso mi sento dire: “Valerio, le tue esecuzioni sono perfette, la tua tecnica è eccezionale, peccato ci sia poco cuore”. Personalmente, invece, credo che le mie ultime esecuzioni non siano perfette e poco in linea con quello che sono io, nel senso che mi rendo conto che devo riprendere assolutamente a studiare per rimettermi in carreggiata. Per cui, tutta questa perfezione che mi viene spesso etichettata come cosa negativa, io francamente non la sento. Forse mi sono un po’ crogiolato e rilassato di essere stato in passato molto preciso. Detto questo, però, non capisco comunque i commenti negativi legati a chi possiede un talento, considerato quanta mediocrità c’è oggi in giro. Oggi si dà più importanza ad altro, si lavora prima sul prodotto finale e poi si decide a chi farlo cantare. Emblematico è l’utilizzo dell’autotune a supporto di esibizioni particolarmente imbarazzanti. Per cui, chi sa cantare e chi si è fatto il mazzo negli anni per arrivare a un certo livello, dà fastidio e quindi viene tra sminuito con uno sbrigativo “sì sei bravo però non emozioni”. Mi riprometto di mettermi in discussione, ma bisognerebbe anche riflettere su questo aspetto e sulla direzione che sta prendendo l’arte sia in generale che in questo settore».

Scritto da Nico Donvito
Parliamo di: