A tu per tu con il cantautore sardo, in occasione dell’uscita del suo nuovo singolo intitolato “Parlo ancora di noi“
Tempo di nuova musica per Pacifico Settembre, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Pago, artista classe ’71 che ricordiamo per aver vinto la terza edizione di Music Farm e la decima edizione di Tale e quale show, oltre aver aver scritto e cantato brani come “Parlo di te”, “Non cambi mai”, “Vorrei tu fossi mia”, “Non ti amo più” e tanti altri ancora. Lo ritroviamo in occasione dell’uscita di “Parlo ancora di noi“, singolo rilasciato per Cello Label a partire dallo scorso 14 maggio.
Ciao Pago, benvenuto. Partiamo da “Parlo ancora di noi”, che sapore ha per te questo pezzo?
«Dopo aver pubblicato lo scorso anno “Tu lo sai”, un brano molto introspettivo, ero molto indeciso se far uscire un pezzo un po’ più fresco oppure tornare al Pago con la chitarra acustica. Mi sono confrontato con gli autori e con tutto il mio team di lavoro, così abbiamo deciso di ricominciare. “Parlo ancora di noi” è di fatto un nuovo inizio, non a caso il titolo richiama la mia prima canzone “Parlo di te”. Spero mi porti in qualche modo la stessa fortuna».
A livello musicale, immagino ci sia stato un lavoro di ricerca importante insieme al tuo producer Gabriele Oggiano. Che tipo di sonorità avete scelto di abbracciare?
«Ci sono voluti un po’ di mesi per capire quale fosse l’arrangiamento giusto, perchè volevamo trovare il modo di non legarci troppo al passato, trovare qualcosa di fresco, comunque non scontato. Non è stato semplicissimo, ma nemmeno così complicato. Gabriele è bravissimo, ascoltiamo tanta musica e, alla fine, puntiamo sempre e solo a fare le cose che ci piacciono. Sai, difficilmente non ti stanchi di riascoltare le tue canzoni, in questo caso devo ammettere che non è ancora capitato con questo brano».
Considerato l’attuale momento storico, cosa ti manca maggiormente degli spettacoli dal vivo e qual è il tuo personale augurio per la stagione estiva alle porte?
«L’augurio è quello di ritornare al più presto a suonare dal vivo, ma non solo per me, che si possa tornare in generale ad una pseudonormalità, il che vuol dire poterci ascoltare un bel concerto. Per quanto mi riguarda, sto preparando uno spettacolo teatrale che si chiama “Il protagonista”, nella speranza che i teatri possano riempirsi e che questa situazione vada a risolversi il prima possibile. Quello che mi manca è il contatto con il pubblico, durante i miei concerti non faccio mai scalette proprio per questo motivo, perché guardo in faccia le persone e mi metto nei loro panni, cerco di cantare le canzoni che, secondo me, in quel momento hanno più bisogno, quelle che vogliono sentire».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
«La musica è per me una liberazione, in primis dal punto di vista emotivo. Mi ha insegnato a non preoccuparmi delle cose inutili, dando peso agli aspetti più importanti della vita, dall’amore all’affetto per le persone speciali. Questo è quello che scopri quando scrivi le canzoni, perché in quel momento tiri fuori davvero tutto quello che hai dentro».
Nico Donvito
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