Raccontiamo l’attualità con una canzone
La parola del mese di novembre è brutto, deriva dal latino brutus e significa sgradevole, perché difettoso, privo di grazia, o per altre ragioni spiacevole. Attualmente riconduciamo direttamente la parola brutto al contrario del bello estetico.
Io voglio parlare di bruttezza, se così possiamo definirla, in contrasto alla splendente bellezza della storia di Carlotta Rossignoli, la ragazza nata per brillare. Nonostante fosse attiva in tv e sui social, fino a pochi giorni fa, molti non sapevano chi fosse la studentessa di medicina dell’Università San Raffaele. Le informazioni che abbiamo oggi: maturità ottenuta prima del tempo, così come la laurea a soli 23 anni, entrambe a pieni voti. Condizioni economiche molto buone e un curriculum invidiabile alle spalle.
A fare scalpore dunque non è stata veramente la bravura, perché il tema della tesi di Carlotta lo conoscono in pochi, non sono stati nemmeno i sacrifici che i grandi risultati portano con sé, tutto è passato in secondo piano e ha lasciato spazio al privilegio, di cui questa ragazza è stata accusata, dai suoi stessi compagni di corso. Perché Carlotta, che sponsorizza uno stile di vita con poche ore di sonno, poco tempo per amore e amici, sembra essere passata per una via preferenziale, non concessa a tutti.
Io da studentessa di una facoltà umanistica, ripenso al mio primo giorno di università, in Lettere Moderne, in un’aula immensa, seduta per terra, in mezzo a più di 300 compagni. Io che il test di medicina scoprivo in quell’istante di non averlo passato. Mi trovavo spaventata ad ascoltare la lezione di letteratura italiana, pensando se una facoltà che mi piaceva ma con un tasso di occupazione post laurea molto basso avrebbe potuto garantirmi il futuro che sognavo. Ripenso a tutti i no che mi sono sentita dire e allo stupore davanti a un sì di chi ha deciso di fidarsi di me. Ripenso alle mie compagne di corso, al bene, al loro non farmi mai sentire in difetto anche se alla laurea triennale ci sono arrivata dopo. Una storia decisamente più brutta di quella di Carlotta, forse più simile alla realtà della maggior parte degli studenti e quindi, per mia fortuna, meno attaccabile.
Modigliani
La canzone da associare a questo evento per me è “Modigliani” di Dargen D’Amico, questo testo del 2015, come si deduce dal titolo è dedicato al grande artista Modigliani, ma non è di lui che voglio parlare.
Abbiamo tutti il diritto, a una certa ora
Di sentirci bene, un’altra persona Se il pensiero dura più di pochi minuti Abbandona il tuo paese di sconosciutiQuesta frase è per gli invidiosi, noi tutti, noi che guardiamo alle vite degli altri, anche a quella di Carlotta e pensiamo che vorremmo essere lei. Tanti gli articoli sulle condizioni economiche dei genitori, sull’agio, sulla vita davanti ai riflettori, ma veramente vorremmo essere lei? Se la risposta è sì, se quello che viviamo quotidianamente non ci aggrada, il problema è nostro, non di una ragazza che non ha scelto da chi nascere. Quindi se il pensiero è durato un po’ forse dovremmo andare via dalle situazioni che non ci soddisfano, più che prendercela con lei.
Controlla i tuoi fantasmi
Impara un’altra lingua, apri le danze
Non sei così male per uno che ha perso le speranze Ma controlla i tuoi fantasmi da tutte le parti Perché perlomeno non feriscano anche altriLa seconda domanda che mi assilla è, forse non ci va bene che Carlotta non rispecchi gli standard dei secchioni, bambini e bambine intellettualmente molto dotati, ritenuti diversi e a volte emarginati. Ci saremmo indignati così tanto se non fosse stata una ragazza, per di più bella e famosa? Dovremmo imparare, come dice Dargen, a controllare i nostri fantasmi, a non lasciare che le nostre idee, i nostri giudizi feriscano gli altri. L’università è, in alcuni casi, un mondo molto competitivo, perché il problema è che quando il tuo dovere è quello di studiare, che tu voglia o no, ti valuti con i voti che ti danno. Se gli altri ti sembrano più veloci, più in gamba, se non ti percepisci su una strada diversa, finisci per sentirti solo indietro. Il rischio è quello di deprimersi, o abbandonare, per questo sponsorizzare esempi di perfezione non fa bene né ai belli, né ai brutti.
Ci vuole più coraggio ad essere brutti
Questo malessere divino cosa mai può essere
Puzzle di seconda mano, mancano le tessere Ci vuole più coraggio ad essere brutti A essere belli e bravi siamo bravi tuttiE si prova un certo malessere a leggere di Carlotta, un po’ perché, come detto prima, vorremmo essere lei, un po’ perché vorremmo non aver mai saputo della sua esistenza, per non sentirci peggiori. Dargen in Modigliani ci accarezza e dice una cosa molto bella, la dice a me e a te che affronti l’università, o tutto quello che la vita ti mette davanti, senza sentirti mai abbastanza: ci vuole più coraggio ad essere brutti che a essere belli e bravi siamo bravi tutti. Io collego alla bruttezza l’imperfezione, non perché lo sia davvero, ma perché secondo i canoni estetici moderni non è di certo bella o da mettere in mostra. Proprio per questo dobbiamo stare attenti, perché a fingere la perfezione siamo tutti bravissimi.
Se vuoi non sempre puoi
La morte è la vita vera
Carlotta è entrata nel mirino dei social, dei commenti, dei tanti followers o amici che si vogliano definire, non suoi, visto il trattamento riservatole. Tutti quei pollici in sù, che noi mettiamo, anche a commenti cattivi contro di lei, ribadiscono che il problema siamo noi, che non accettiamo che la vita è fatta di fallimenti e che tutti questi premi degli altri, sono specchietti per le allodole.
La morte, intesa come il fallimento più grande che si possa incontrare è la vita vera, ci dice Dargen, i sogni ce la fanno assaporare, perché sono la vita che desidereremmo in potenza, ma quando ci scontriamo con la loro irrealizzabilità, non riusciamo a fare altro che prendercela con tutte le Carlotta al mondo.
La favola
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