Patrizia Cirulli e il disco “Il visionario (Francesco D’assisi)” – INTERVISTA

Patrizia Cirulli

A tu per tu con Patrizia Cirulli per parlare del nuovo disco “Il visionario (Francesco D’assisi)”, disponibile per Egea Music a partire dallo scorso 21 marzo

“Il visionario (Francesco D’assisi)” è il titolo del nuovo album di Patrizia Cirulli, una reinterpretazione in chiave acustica di “L’infinitamente piccolo”, album di Angelo Branduardi, nel quale il cantautore musicò le Fonti Francescane, raccolta di testi di Francesco e Chiara d’Assisi e si presenta come un omaggio intimo ed elegante al compositore e alla poetica del santo umbro.

L’interpretazione della raffinata cantautrice, eseguita con profondità e delicatezza, crea un ponte emozionale in grado di fondere poesia e musica. Patrizia Cirulli regala all’ascoltatore un’inedita celebrazione al femminile, trasportandolo in una dimensione universale di consolazione e pace.

Il progetto “Il visionario (Francesco D’assisi)” vede, inoltre, la partecipazione di musicisti e cantautori provenienti da diversi universi musicali, quali Rosario Di Bella nel brano “Il Sultano di Babilonia e la prostituta”, Kalika in “Audite poverelle” e il Coro Su Concordu e Su Rosariu di Santulussurgiu nel brano “La morte di Francesco”.

Il tuo nuovo album è un omaggio a “L’infinitamente piccolo” di Angelo Branduardi. Come è nata l’idea di reinterpretare questo capolavoro e cosa ti ha spinto a dedicarti a un progetto così particolare?

«Nel 2020, a casa mia e per mio divertimento, ho interpretato con la chitarra “Sultano di Babilonia e la prostituta”, canzone che amavo molto. L’ho eseguita a modo mio, dilatando il tempo del brano e mi è piaciuto molto cantarlo, mi ha in qualche modo sorpreso e, da lì, ci fu una prima idea di fare un lavoro su questo album, per un po’ però è rimasta tale. Solo nel 2022 mi è ritornato il pensiero del disco, ho fatto altre 3 o quattro canzoni di prova interpretativa e ho notato come la cosa mi appassionasse. È stato però nell’2023 che ho iniziato a sentire nella mia mente queste canzoni che mi facevano piacevolmente compagnia nella testa, come se mi stessero “chiamando” e quindi, in quel momento, ho deciso che avrei iniziato a lavorare a questo disco che alla fine è un omaggio alla musica di Branduardi e a San Francesco».

Branduardi ha musicato le Fonti Francescane, trasmettendo il messaggio di semplicità e spiritualità di San Francesco. In che modo hai voluto rendere tua questa reinterpretazione?

«Filtrando i brani attraverso il mio personale sentire sempre con rispetto nei confronti della versione originale e, talvolta, dilatando il tempo di alcuni brani in modo da evocare una situazione più meditativa e introspettiva».

Le sonorità dell’album sono molto essenziali, in linea con la filosofia francescana. Che tipo di lavoro c’è stato a livello di sound per gli arrangiamenti?

«C’è stato un lavoro che ha seguito il mio modo di cantare questi brani nella volontà di creare un mondo sonoro che si avvicinasse il più possibile ad una dimensione francescana, che significa sottrarre invece che aggiungere. Con Marcello Peghin, chitarrista del progetto che ha curato anche la direzione del lavoro in studio di registrazione, siamo riusciti a fare un lavoro di questo tipo, di essenzialità, con il supporto degli altri musicisti, Maria Vicentini e Paolo Zuddas in modo da creare un sound omogeno per tutti i brani».

Qual è stata la sfida più grande nel processo di lavorazione di questo progetto?

«La sfida più grande è stata quella di rendere con poco, con pochi strumenti i brani di un album che era già un capolavoro. Volevamo rendere omaggio a questo disco tirando fuori il senso profondo delle canzoni».

Il tuo percorso artistico è ricco di progetti raffinati e sperimentali, a quali lavori del passato ti senti più affezionata e grata?

«Un po’ a tutti perché ognuno è stato realizzato in un momento particolare, al momento giusto. Se però dovessi nominarne uno, forse direi “Mille baci” perché è l’album nel quale ho musicato tanti grandi poeti in forma canzone. La gratitudine va anche ai poeti per aver scritto le loro opere e agli eredi che mi hanno permesso di utilizzare quelle opere e che hanno molto apprezzato il lavoro che ho fatto».

Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica finora?

«Il “qui e ora” perché ti dà la fotografia del momento in quel momento, accompagna il tuo stato emotivo in cui ti trovi. Quando scrivi hai questa sensazione, di essere presente nel momento in cui la musica accade».

Scritto da Nico Donvito
Parliamo di: