Affrontiamo un tema collegandoci ad una canzone
Partiamo da un parallelismo che a molti potrà sembrare privo di senso. Esiste un legame tra “Fai rumore” di Diodato (qui il nostro approfondimento tematico) e “Un milione di cose da dirti” di Ermal Meta? Certo che esiste.
In verità troviamo una serie di piccole analogie che ci portano all’analisi della stessa tematica affrontata però in maniera opposta. Entrambe belle canzoni, non serve nemmeno dirlo. Entrambe sul podio a Sanremo, in anni differenti e su gradini differenti. Dettagli.
Il centro del nostro discorso tuttavia non prevede particolari analisi stilistiche o di risultati. Ci dirigiamo piuttosto verso il muro dell’incomunicabilità, verso la scelta del non dire, di tacere, del silenzio. In Diodato siamo di fronte ad un silenzio così doloroso da fare rumore dentro l’anima del suo destinatario. In Ermal Meta il silenzio è, invece, un atto d’amore, un non dire per non disturbare o non sprecare. Mentre nel primo caso l’incomunicabilità è da abbattere, nel secondo è al contrario da mantenere.
Risulta quindi molto interessante capire come la scelta del silenzio assuma un significato a seconda del contesto in cui inserita. Da un lato c’è l’essere vittima di un silenzio, dall’altro c’è essere la causa di un silenzio che arriva a subire qualcun altro. Per questa serie di motivi è giusto ammettere l’esistenza di un parallelismo che pone i due brani sulla stessa linea ma a poli precisamente opposti. Ermal dimostra che evitando di parlare si può allo stesso modo donare amore. Forse perché alle volte le parole limitano la purezza di certi concetti che nei fatti sono difficili da descrivere e di conseguenza piuttosto che inserire un sentimento infinito dentro schemi finiti è meglio conservarlo nell’anima.
Così avrei un milione di cose dirti, ma non te le dico. Un silenzio che non fa male a nessuno dei due. Un silenzio che fa bene perché al suo interno non è stata fatta una selezione tra le cose da dire. Erano un milione e ci sono ancora tutte nel loro significato. Scegliere di parlare allora significa selezionare, non poter dire tutto, rinunciare a una parte di sentimento. Evidentemente non si può rinunciare all’indefinibilità del senso delle cose.
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