Affrontiamo un tema collegandoci a una canzone
La canzone “Cherofobia” di Martina Attili mette in evidenza quanto sia complicato raggiungere la felicità. Questa è vista come il risultato di una serie di delicati equilibri: se tutto è in equilibrio si arriva ad essere felici. Il problema è che il più delle volte non tutto scorre in modo lineare e basta un niente per ritrovarsi in difficoltà e senza direzioni.
Una paura, ad esempio, può essere di grande ostacolo lungo un percorso, soprattutto se da questa paura ne nascono poi altre, nuove, tutte schierate ad aumentare il livello di disequilibrio. Può parlarsi addirittura di cherofobia, che altro non è che la paura di essere felici, quella convinzione di non meritare la felicità e di non riuscire a conviverci. In modo ancora più specifico possiamo identificare la cherofobia con tutti quegli ostacoli che non ci permettono di essere felici. Ostacoli che sono soggettivi e possono cambiare da soggetto a soggetto.
Proprio per questo spesso risulta complicato sfogarsi con altre persone che, non vivendo quello che viviamo noi e non capendo le nostre esigenze, sembrano ben lontane dal darci una mano o dal suggerirci una soluzione. Martina Attili apre la sua canzone proprio con questo passaggio “come te la spiego la paura di essere felici quando non l’hanno capita nemmeno i miei amici”.
In primo luogo è interessante sottolineare la situazione di distanza che si crea tra la propria persona e gli altri, amici compresi. Il non sentirsi capiti crea un’ inevitabile condizione di isolamento dovuta alla mancanza di punti di contatto.
Avere bisogno di aiuto ed essere trattati come se ci stessimo esprimendo in una lingua incomprensibile crea una forte distanza comunicativa tra noi e i nostri interlocutori. Paure diverse, caratteri diversi, sensibilità diverse. Ognuno vive e reagisce in base al grado di sensibilità da cui si fa accompagnare nella vita. Più questo è alto, più ci si farà coinvolgere da ciò che ci circonda, sia quando l’ambiente esterno nei nostri confronti appare costruttivo, sia quando al contrario si mostra come distruttivo. Il risultato di questo forte coinvolgimento emotivo lo percepiamo ogni volta che il nostro cervello compone mille ragionamenti pensando a tremila possibilità per duemila situazioni.
Si pensa molto e si lascia di conseguenza largo spazio a preoccupazioni, ansie e paure “non riesco a vivere senza qualcosa che mi opprime, che mi indichi la fine, perché ho un cervello che è strafatto di spine” che sovrastano le persone fragili “ed il mio cuore è come un fiore”.
In secondo luogo la giovane artista è molto netta nello specificare che la cherofobia non vada confusa con l’essere pessimisti. Non si tratta di porsi in modo negativo nei confronti della vita, ma di viverla con continue paure e ansie “questa è la mia cherofobia, no non è negatività, questa è la mia cherofobia, fa paura la felicità”.
In questa gabbia di pensieri, in questa prigione priva di vie di fuga come un tunnel senza uscita totalmente al buio “tra i muri di una cameretta in cui ha iniziato a stare stretta e ogni volta che qualcosa va come dovrebbe andare penso di non potercela fare” / “e sento il respiro che manca e sento l’ansia che avanza, fatemi uscire da questa benedetta stanza” Martina individua uno spiraglio di luce.
La canzone infatti suggerisce più volte con un dolce “ma tu resta” l’idea che imparare a conoscersi ed accettarsi sia un passo fondamentale. Non nascondersi ed esprimere con i propri modi e tempi quello che siamo e proviamo è l’abito migliore con cui presentarci agli altri.
Qualcuno, improvvisamente, dimostrerà di capire quella lingua che fino ad un secondo prima sembrava non capire nessuno, e forse nemmeno noi “dirti che staremo insieme, dirti che staremo bene, dirti che è così che andrà”. Da lì in avanti, poi, tutto farà meno paura.
Redazione
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