Affrontiamo un tema collegandoci ad una canzone
La canzone “Duemila volte” di Marco Mengoni è espressione di sensibilità e soprattutto dimostrazione di saperla descrivere. Nel dettaglio si racconta in musica lo stato d’animo di chi non vuole allontanarsi da qualcuno che è già distante.
Può succedere, infatti, di sentirsi legati ad una persona che rimane lontana rendendo le direzioni di gesti e pensieri unilaterali, senza ritorno, senza nessuno scambio. La partita si gioca quindi con se stessi e con i propri sentimenti che appaiono sempre più fragili per l’assenza di quel bisogno di condivisione che manca sempre di più.
Mengoni è chiarissimo nel mettere in primo piano la situazione di solitudine che vive chi si trova da questo lato del rapporto. Ogni tentativo sbatte contro un muro, ogni chiamata non riceve risposta “vorrei provare a disegnare la tua faccia, ma è come togliere una spada da una roccia”. Da questa frase posta in apertura del brano si percepisce che il punto di vista è quello di chi deve convivere con questa solitudine e sopportare il peso della mancanza dell’altra persona.
La persona lontana, è bene sottolinearlo, crea questo disagio per il solo fatto di essere distante e di mantenere questa lontananza, sia essa fisica, sentimentale, oppure sia fisica che sentimentale. “Ho bisogno di perderti per venirti a cercare, anche duemila volte”/ “Ho bisogno di perdonarti per poterti toccare”; come emerge chiaramente dal ritornello la difficoltà emotiva viene percepita con forte soggettività dall’individuo che si trova dal lato attivo del rapporto. Sono io che ti perdo semplicemente per avere una nuova scusa che mi porti a ricercarti, così come sono sempre io che accetto di perdonarti solo per rivederti o riparlarti. Questa soggettività espressa ai massimi livelli dall’artista di Ronciglione è il naturale riflesso della solitudine di chi corre da solo controvento o rema, da solo, controcorrente.
In ogni caso l’amore è più forte di solitudine e sofferenze tanto è vero che puntualmente torna a bussare alla nostra porta con lo stesso motivo in testa “vorrei provare a non amare la tua faccia, ma è come non portare gente ad una festa” / “vorrei la tua bellezza”. L’equilibrio tra ragione e sentimento scivola ancora dalla parte dei sentimenti, perché se i vorrei spingono per lasciar perdere e non insistere l’amore indica di riprovare ancora una volta. Ancora una volta? Anche duemila.
Per concludere è giusto sottolineare ancora tutto il peso della solitudine che pervade l’intera canzone. Si tratta della difficoltà di dover rincorrere qualcosa che continua ad essere lontano, che sappiamo essere irraggiungibile ma non lo vogliamo accettare. Si tratta di correre da soli e di sentirsi soli, “come l’acqua su Marte”
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