Affrontiamo un tema collegandoci ad una canzone
“Vai bene così” è il titolo della canzone con cui Leo Gassmann ha vinto ormai più di un mese fa la settantesima edizione del Festival di Sanremo nella categoria “Nuove proposte”. “Vai bene così” suona in linea generale come un invito ad accettarsi e a smettere di non sentirsi all’altezza.
È importante non sottovalutare i messaggi veicolati dalla canzone del giovane artista perché troppe volte nei nostri tempi capita di sentirsi inadeguati o sbagliati “Solo tu sai quanto fa male sentirsi l’ultimo in una finale di artisti, crollare così tante volte per poi svegliarsi di notte”. Il fatto è che alla lunga un atteggiamento rivolto solo e soltanto all’auto colpevolizzarsi non può che risultare distruttivo.
Nel mezzo di una società in cui sfide, paragoni, classifiche e confronti rappresentano la normalità non bisogna dimenticarsi di chi prima che perdere contro gli altri rischia di perdere con se stesso “Perché sei fatto così, dici sempre di sì, non accetti l’errore, ti rovini l’umore”. È come se ci fossero due sfide, una oggettiva e una soggettiva. La prima è chiaramente la sfida dei numeri e delle classifiche che mettono a confronto in qualsiasi ambito i nostri valori e i nostri risultati con quelli degli altri. La seconda invece appare come una sfida personale successiva a quella oggettiva e che porta l’individuo a confrontarsi con se stesso. Il problema è che il più delle volte questo confronto con il nostro specchio diventa uno scontro che ci abbatte definitivamente “Ma tu sei così e non ti devi arrabbiare per ciò che non sai fare”.
Probabilmente perché dopo il momento di sana autocritica si cade in un percorso distruttivo anziché risalire. Del resto non tutti reagiamo allo stesso modo davanti a fallimenti e delusioni. C’è chi se ne frega, chi ci pensa cinque minuti e riparte più carico che mai, chi sente per un periodo di tempo comunque limitato il peso di una sconfitta prima che i giorni la facciano sbiadire ora dopo ora e chi invece non si da pace.
Ed è proprio in questo ultimo caso che può subentrare il rischio di responsabilizzare in modo eccessivo il nostro agire. Di conseguenza ci sfugge completamente una realtà che di per sé non è scritto da nessuna parte che sia sempre sotto il nostro controllo. Pensateci un momento. Il rischio che qui si corre è quello di attribuire a se stessi responsabilità troppo grandi come se tutto dipendesse sempre e soltanto da noi. Ma Questo disegno non sarà mai la realtà che al contrario presenterà in ogni circostanza una serie di variabili che nel bene e nel male sfuggiranno al nostro agire e al nostro preciso programmare. Piuttosto è necessario lavorare sull’elasticità, cioè sulla capacità di adattarsi ai mutamenti delle situazioni. Teniamo però in considerazione l’ipotesi di non riuscire sempre, di non avere tutto sotto controllo. Non perché non siamo bravi o non siamo all’altezza, ma semplicemente perché per imparare ad essere elastici bisogna imparare dall’elastico che fa sua la forza che le viene impressa e la restituisce senza rompersi o snaturarsi eccessivamente “Perché per me tu lo sai vai bene così”.
Per questo dirsi che va bene anche se si sbaglia è l’unica soluzione per gestirsi e migliorarsi nella fase costruttiva. Alla fine le sfide sono tante e non è mica detto che vada sempre come ci aspettiamo. Trovare un equilibrio tra l’autocritica e l’accettazione degli eventi, come del resto suggerisce la canzone di Leo Gassmann è la soluzione più ragionevole. “Vai bene così” sentito detto dagli altri quindi, ma anche “vai bene così” ripetuto ad alta voce a noi stessi. Dirsi che va bene è una scelta, e le scelte cambiano le cose.
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