Oggi vi propongo in formato scritto la mia intervista a Pierdavide Carone, una delle eccellenze del cantautorato italiano della nuova generazione, che potete anche vedere qui con alcuni dei brani della sua carriera eseguiti per noi live chitarra e voce.
Vorrei partire subito dal presente così ci togliamo il sassolino dalla scarpa e poi possiamo tornare un po’ indietro nel tempo. “Sole per sempre” è il tuo ultimo singolo: che canzone è per te visto che arriva dopo un periodo bello lungo di relativo silenzio?
<<Quattro anni fa sentivo l’esigenza di fermarmi per ricominciare ad accumulare materiale artistico dopo tre dischi in tre anni belli densi. “Sole per sempre” in qualche modo rappresenta lo start-up di questo progetto e devo dire che nemmeno io so bene in che direzione sto andando perché probabilmente sarà un disco ancora più eterogeneo rispetto agli altri perché in questi anni ho fatto così tante ricerche sonore e “letterarie” che inevitabilmente andrà ad influenzare questo nuovo lavoro. Non resta che aspettare>>.
Molti ci vedono la classica canzone d’amore ma, forse, per chi ti conosce meglio sta ad indicare qualcosa di più: c’è un riferimento personale dentro? Una storia che esula dalla classica storiella estiva?
<<Fermo restando che è bello quando una canzone viene fatta propria da chi l’ascolta facendo sì che ognuno possa dare l’interpretazione che vuole (l’arte è l’unica forma di democrazia che ci è rimasta quindi almeno quella conserviamola no?) però se penso a me quando l’ho scritta probabilmente non stavo pensando ad una canzone d’amore. Io quando scrivo vado abbastanza a sensazioni lasciandomi trasportare dalle parole senza pensare a niente ma quello che posso dire è che sicuramente è più una forma di auspicio: nonostante il tempo rischi di sbiadire le persone, la felicità, i sogni quando dico “questa notte ci toglierà il fiato” è un riferimento a tutto il mondo che ritorna ad essere bello. Quando parlo di sole per sempre parlo di una felicità per sempre per quello è un auspicio, sia per me stesso visto che è la canzone che ho scelto per ritornare, ma anche per tutti quelli che vivono un momento in penombra>>.
Il pubblico ti ha conosciuto tra il 2009 e il 2010 quando hai partecipato ad Amici ma in televisione arrivavi dopo un percorso di vita artistico lungo fuori da quel contesto. Pierdavide Carone nasce nei locali della sua terra: che cos’era Pierdavide Carone prima della notorietà?
<<Da poco sono tornato a casa a Palagianello, che è una cosa che mi capita sempre meno purtroppo, e ho recuperato un po’ di miei video amatoriali prima di Amici riscoprendomi molto eterogeneo per ritornare, appunto, al discorso di eterogeneità di questo nuovo disco. In alcuni video sono con la mia band storica (Whiskey & Cedro), dove non cantavo nemmeno perché facevo il chitarrista, in giro in dei locali dove è difficile che la gente entri in sincronia con te perché la musica è solo un pretesto per bere e per fumare. In altri DVD ci sono io vestito bene, seduto con l’impostazione classica mentre faccio un saggio al liceo musicale dove c’è sicuramente un’altra veste. Più tardi sono arrivati i Terraross, e quindi la musica popolare, con la quale ho iniziato ad andare anche oltre la Puglia stranamente con la musica più pugliese che avessi fatto fino ad allora capendo anche quanto bello sia stare in tour condividendo esperienze uniche soprattutto quando sono tour low badget. Poi ho preso tutto questo bel bagaglio portandolo ad un livello più alto perché quando facevo tutte queste cose mi divertivo molto ma sentivo che mi mancava qualcosa: decido di fare il cantautore perché avevo voglia di stare io da solo al centro del palco manifestando tutta la mia creatività personale che in un contesto di una band o di una formazione classica era sicuramente limitata>>.
Com’era Pierdavide bambino?
<<Penso che fosse abbastanza tranquillo, quasi a sfiorare il soporifero. Già all’epoca avevo un problema ad approcciarmi con il resto del genere umano: mi piaceva starmene per i fatti miei, spesso mi addormentavo perché ero abbastanza sui generis. Sto ancora imparando a socializzare anche se vedo che sto facendo progressi e divento sempre più bravo anche se ogni tanto esce il mio lato “bambino” quando voglio starmene per i fatti miei>>.
Come nasce per te l’amore per la musica e quando inizi a pensare di poter, e probabilmente dover, vivere di musica?
<<Quella è una cosa che ho capito abbastanza presto, avrò avuto 9 o 10 anni, dopo aver scoperto i Beatles non solo per le loro canzoni e tutto quello che hanno fatto ma per come lo hanno fatto. Mi sono detto “io voglio fare questo, non voglio essere ingabbiato” e loro erano l’emblema di non essere mai in gabbia anche se poi i massimi sistemi hanno provato a farli rientrare in una sorta di cliché. Continuo a capirlo giorno dopo giorno che è quello che voglio anche se poi la vita ti mette davanti di fronte a prove importante perché il mondo della musica non sempre è quel mondo fatto di colori, lustrini e paillettes; ci sono delle cose che sono “scazzi” che fanno parte di ogni lavoro. Quando prendi una chitarra in mano e sei davanti a tanta gente che ti ascolta allora in quel momento capisci di essere esattamente dove volevi essere>>.
Amici ti ha dato quella grande possibilità di farti conoscere sia artisticamente ma anche personalmente visto che comunque eravate seguiti televisivamente anche al di fuori del contesto musicale. Una cosa positiva che ti ha lasciato Amici e una cosa che ora rimproveri di più a quell’esperienza?
<<La peculiarità di Amici risiede in entrambi gli aspetti della risposta e quindi sia nella sua accezione negativa che in quella positiva: Amici brucia le tappe. Quando sei pugliese o isolano il talent è pressoché l’unica opportunità che si vede: è quasi una questione statistica perché la maggior parte dei ragazzi che vengono dai talent o sono isolani o sono pugliesi non a caso perché a cittadini di Roma o Milano o di una città densa di cultura non viene in mente di provare un talent show perché ci sono altre possibilità. Il rovescio della medaglia dopo la possibilità avuta è rappresentata dal dopo quando arrivano gli “squaletti” che ti fanno sentire bravo e dopo nemmeno 6 mesi non ti rispondono nemmeno al telefono. La colpa non è del talent, prima del talent le fabbriche dei sogni/sogni infranti ci sono sempre state; l’unica cosa che si può fare è continuare a lavorare sul proprio talento: prima o poi il miracolo scatta se non si è un fuoco di paglia>>.
Il tuo primo successo è stato Di notte che hai lanciato proprio durante Amici. Che valore ha per te questa canzone oggi? La vedi nello stesso modo in cui la vedevi allora?
<<”Di notte” è sicuramente una canzone dove ritornano sempre allo stesso modo le sensazioni legate ai sensi di colpa che derivano dalla fine di un amore e dall’inizio di uno nuovo che sono sempre le stesse anche se l’età è diversa. Quando ricanto “Di notte” dal vivo o decido di godermela a prescindere dalle parole godendomi il momento mentre canto una canzone che è piaciuta molto al pubblico oppure altre volte scelgo di entrare di più dentro al testo, perché il contesto magari è più intimo, rivivendo quelle sensazioni da cui sono già passato>>.
1° domanda fan (Lorella): sono passati più di 6 anni dall’esperienza ad Amici. In tutto questo tempo il tuo pubblico ti ha seguito, è cresciuto con te ed è anche cambiato. Ora che vieni da un tour che ti ha visto in tante diverse zone d’Italia diverse che differenze noti delle persone che ti seguono oggi rispetto a quelle che ti seguivano subito dopo il talent? E come ti è sembrato questo tour: sei soddisfatto o deluso da qualcosa/qualcuno?
<<Intanto volevo salutare Lorella che viene sempre quando può ed è venuta anche l’ultima volta a vedermi giocare a calcio con la Nazionale Cantanti. Con la chitarra sono sicuramente meglio visto che ho imbarcato anche quattro goal anche se dal buon Enrico Chiesa che è sempre un gran giocatore (ride). A parte questa digressione, sul pubblico c’è stata una scrematura naturale perché è ovvio che quando esci da Amici prendi tutto il pubblico del talent che, però, il giorno dopo sceglie o di seguire l’edizione successiva oppure di affezionarsi a questo o a quel personaggio abbandonando gli altri. Poi io ho fatto altre cose dopo da Sanremo ad aperture di concerti a cantautori importanti che hanno fatto si che la mia strada andasse delineandosi insieme al mio pubblico che inizia a prendere un’identità molto più precisa. La magia è quando scopri che quello stesso pubblico di Amici, che magari aveva un’età nella quale non si sa a quale musica assomigliare, abbia deciso di seguire me scegliendo la musica d’autore. Anche perché la musica d’autore vive un periodo di profonda deflazione ed è per questo che credo che ci sia bisogno di un contenitore più ampio per poter riavvicinare la gente ad una forma di musica nobile>>.
Lontano dal mondo televisivo sono arrivati poi altri due album, “Distrattamente” e “Nanì ed altri racconti”. Com’è cambiato Pierdavide Carone dal ragazzino di Amici a quello di quei due dischi sia umanamente che musicalmente?
<<C’è qualche capello bianco che inizia ad arrivare (ride). In realtà, la crescita non determina sempre un cambiamento perché in alcune cose del mio carattere rivedo sempre una certa coerenza: so quello che voglio, cerco di prendermelo, a volte sono discreto, altre volte permaloso ma anche dolce… quelli sono tutti aspetti del mio carattere che rimangono. E’ ovvio che mano a mano che cresci riesci a codificare meglio i tuoi stati d’umore che l’esperienza ti permette di capire e gestire. Adesso riesco a guidare il mio carattere molto meglio di prima anche se non è cambiato. Musicalmente parlando mi sono evoluto nel senso che cerco di non ascoltare sempre e solo gruppi che o sono morti o si sono sciolti (ride) ma cerco anche di essere “moderno”. Da qualche anno è uscito un artista che mi ha totalmente coinvolto che consiglio a tutti e che è Fredo Viola. Poi ci sono i vari Damien Rice e Sigur Ros. Tutta quella gente felice comunque (ride). Però pur dando io molto peso alle parole quando non ascolto i grandi classici della musica italiana (De Andrè, De Gregori, Dalla che tutti nominano quando ricevono un premio mettendoli in ordine alfabetico risolvendo la cosa) mi piace lasciarmi trasportare solo dalle suggestioni della musica senza mettere al centro le parole (i Sugus Ros usano una lingua inventata)>>.
2° domanda fan (Maria): In molte delle tue canzoni si parla d’amore inteso sia dal punto di vista sentimentalmente puro sia da quello più carnale. In “Nanì”, per esempio, queste due visioni si uniscono in una storia che aveva come protagonisti però un ragazzo e una prostituta che rappresentano queste due facce. Come vivi e intendi tu l’amore come sentimento e come invece quello più occasionale e fisico?
<<Bella domanda che mi mette un po’ in difficoltà. Sicuramente in Nanì c’è l’amore sacro e profano perché lui è un ragazzino di 17-18 anni ad un passo dal perdere la verginità, lei è una ragazza che l’amore lo vende di mestiere il che fa si che i due sentimenti vadano ad incrociarsi. Per quanto mi riguarda ho sempre l’aspirazione ad un amore trascendentale come ha detto il grande maestro Battiato un’intervista: la passione in qualche modo ti rende schiavo e, invece, quando si riesce a portare l’amore ad un livello superiore credo si viva meglio. Detto questo io sono fatto di carne ed ossa come tutti e quindi è ovvio che le pulsioni chiamano e fanno fare degli errori mentre altre volte fanno fare delle cose giuste. A volte la passione iniziale può essere anche uno strumento utile. Rimarremo con questo dubbio amletico per sempre: “passion or not passion” (ride). L’importante è che si faccia comunque sempre con sincerità>>.
Ecco, c’è chi (e mi ci metto in mezzo senza problemi), vede in te uno dei possibili (se non praticamente quasi certi) protagonisti del prossimo Festival di Sanremo. Dopo l’esperienza del 2012 con Lucio Dalla hai il desiderio di poter tornare all’Ariston magari già dalla prossima edizione? Sei per caso occupato a febbraio? Seriamente, pensi di poter essere interessato al Festival e soprattutto di avere la canzone giusta visto che il centro di tutto dovrebbe essere la musica.
<<La volontà sicuramente c’è perché il Festival è un’occasione importante per chi fa musica italiana. E’ sicuramente un trampolino importante soprattutto di rilancio magari per quando si è fermi da un po’ di tempo visto che da un’esposizione mediatica importante. Sono anche convinto di avere il pezzo adatto. Vedremo nelle prossime settimane se ci sarà la possibilità di proporre una candidatura a Carlo Conti e a tutto il suo staff poi, i posti son pochi e gli artisti son tanti… in Italia vogliono cantare tutti quindi vedremo come andrà (ride). Vedremo come andrà insomma. Poi a prescindere ho un progetto nuovo importante che non vedo l’ora di tirar fuori: vedremo se questo progetto, tra le altre cose, passerà anche per Sanremo oppure no>>.
So che da qualche mese sei a lavoro per il nuovo album che sarà prodotto da Alex Britti e che arriverà presto. Hai detto che sarà un progetto eterogeneo: a che punto sei della lavorazione? E’ già tutto pronto oppure è ancora un cantiere aperto?
<<In realtà il disco è scritto anche se non posso considerarlo chiuso perché magari il giorno del mastering corro in studio con il pezzo della vita e questo cambia tutto. Non sono mai chiuso in generale nelle cose della vita perché mi tengo sempre una possibilità. Detto questo sto iniziando ad entrare in studio di registrazione per preparare tutto già pronto: ci sono almeno 7-8 canzoni già finite con il fiocchettino. Non resta che capire quando, come, dove e con chi tirarle fuori>>.
3° domanda fan (Rosmina): nel filo un verso dice “ho perso il filo della ragnatela e sono diventato verme in questa grande mela”. Qual è il significato di questa frase?
<<Quella canzone è una di quei brani in cui decidi di metterti a nudo attraverso una profonda autoanalisi quasi come se fosse una canzone-terapia. L’immagine del ragno che perde il filo della ragnatela trasformandosi in un verme in una mela enorme rappresenta proprio me: da musicista di provincia dove è più facile essere bravi perché sono meno persone a dovertelo dire ho preso la chitarra e con un po’ di coraggio mi sono trasferito in una grande città per farmi dire “bravo” da più gente possibile. Al di là di tutti i discorsi che si possono fare è ovvio che dietro il voler fare l’artista c’è il desiderio (recondito o no) del voler essere acclamato da più gente possibile. In quel momento in cui ce la si fa, però, ci si ritrova piccolo in un contesto enorme dove tutto diventa più difficile. La ragnatela per il ragno è una sorta di protezione al contrario della mela per il verme visto che la mela verrà presa da qualcun altro per essere mangiata. Quella canzone è fatta di varie immagini che servivano a delineare dov’ero arrivato fino a quel punto>>.
Chi è Pierdavide dentro e fuori la musica? Per capirlo vorrei giocare con te ad una sorta di botta e risposta in stile “Le iene”: ti farò una serie di domande a cu dovresti cercare di rispondere di getto. Alcune saranno per coppie di opposti altre “domande aperte” come si chiamavano a scuola.
Nome: Pierdavide
Soprannome: Pierdavide
Anni: 28
Professione: “libero professionista” sta scritto… artista nella realtà
3 aggettivi che ti descrivono: permaloso, romantico, determinato
Il tuo difetto più grande: essere permaloso, non mi si può dire niente, mi offendo subito
Ti vesti alla moda o comodo: nessuna delle due credo perché sto scomodo nei miei vestiti e cerco di non assomigliare nemmeno a quelli detti trendy
La parolaccia che dici più spesso: eh, credo l’organo genitale maschile soprattutto perché in studio è facile… quando il computer va in overload o non senti bene allora lì parte il ***. E’ diventato anche il nome di una band di amici miei che sono andati a Sanremo l’anno scorso. Non è più una parolaccia adesso.
Il giorno più bello della tua vita: secondo me ancora deve arrivare
Il più brutto: speriamo di essercelo messo alle spalle
Una cosa che ti rende felice: banalmente suonare
La prima cosa che fai il mattino: il caffè
L’ultima che fai la sera: non il caffè altrimenti non dormo… bicchierino di vino e film
Cosa cambieresti di te: un po’ di cattiveria in più non guasta. Quella che a Napoli chiamano “cazzimma”
Una persona che stimi: sembra una domanda semplice però in realtà… ci sono diverse persone che stimo.. sii più preciso
Più fortunato in amore o al gioco? eh, non lo so… esiste una terza fortuna? Allora io cerco la terza fortuna poi ti faccio sapere
Hai mai tradito? Si
Un sogno ricorrente: che mi invalidano il diploma del liceo e devo ricominciare tutto da capo ma ogni volta che lo sogno ho sempre l’età corrente
Film preferito: Il silenzio degli innocenti
Libro preferito: Cuore in Atlantide
Ultimo libro letto: qual è l’ultimo libro che ho letto? Probabilmente è qui da qualche parte in studio perché io me li porto in studio così quando vedo che non sono ispirato prendo un libro e leggo. L’unico che ho ora sul divano è “La meccanica del cuore” di Mathias Malzieu che mi è stato consigliato. Stranamente non leggo tantissimo, o almeno, non quanto mi piacerebbe perché sono un po’ pigro: preferisco guardarmi un film tratto da un libro o ascoltarmi canzoni dai testi importanti. Poi, quando mi ci metto sono un divoratore di libri.
Il film che ti ha emozionato: tra gli ultimi che ho visto uno che mi ha davvero rigirato le viscere tirandomi fuori tutto quello che poteva a livello di commozione è “The danish girl” che trovo davvero un capolavoro: elegante, commovente, lei bravissima, lui anche…
Di cosa hai paura? dell’inesorabile
Piatto preferito: carbonara e sono anche bravo a farla!
Vacanza al mare o in montagna? Al mare perché sono sempre stato abituato così essendo pugliese… semplicemente rimanevi dove stavi! Però penso che la montagna mi rimetterebbe in contatto con il me più profondo, peccato che non lo abbia avuto come imprinting da piccolo però prima o poi mi rifarò. Non a Cortina però perché si scia troppo e rischio di fare casino per cui meglio posti dove stai lì e mediti.
Sport o videogame: Sport, assolutamente
Dalla o Britti? Vabbè ma qui si gioca sporco (ride). Lo diremo alla fine di entrambe le esperienze perché un’esperienza si è conclusa, questa, invece, ancora deve cominciare dal punto di vista del disco quindi quando anche questo disco sarà finito ti darò la risposta.
Il tuo sogno erotico: Nicole Kidman perché quando avevo 11-12 anni uscì “Ice White Shut” che è l’ultimo capolavoro di Kubrick… c’era Nicole Kidman che in quel film era un mix di candore e sensualità… insomma tanta roba come si suol dire
In una canzone ti concentri prima su testo o musica? Le due cose vanno abbastanza di pari passo
Tecnica o emozione? Emozione, sicuramente. Anche perché è quello che dicono quelli tecnicamente poco validi allora io dico che con la chitarra faccio emozionare perché non riesco a fare quelle cose folli anche un po’ inquietanti come il tapping con le mani al contrario… io dico di essere un chitarrista emotivo piuttosto.
Pop o rock? Pop-rock forse. Vanno sempre insieme poi. Uno non ci pensa ma poi…
Il duetto che vorresti: mi piacerebbe duettare con Paul McCartney. Uno a caso.
L’artista per cui scriveresti: Se parliamo di storia della musica sicuramente Mina o Celentano che sono degli artisti che vorrei prima di tutto incontrare visto che non ho ancora avuto il piacere e poi, scrivere qualcosa per loro, sarebbe una certificazione ulteriore.
Siamo arrivati alle ultime due domande finali con cui siamo soliti chiudere tutte le interviste. Allora vorrei chiederti qual è la canzone di tutta la tua discografia che consiglieresti di ascoltare ad una persona che non ti conosce artisticamente?
<<Una canzone che mi rappresenta molto anche se non è tra le più popolari è “Ottobre” che è una canzone a cui sono molto affezionato perché racchiude come mi piacerebbe scrivere sempre. Per qualcuno che non mi conosce se sente quella canzone sa perfettamente chi ha di fronte>>.
Mentre invece qual è la canzone della storia della musica italiana che più ti rappresenta, che più racchiude il tuo modo di intendere la musica o di scrivere? E quale quella della musica estera?
<<Una canzone che avrei voluto scrivere io della musica italiana è sicuramente “Cara” di Lucio Dalla. Poi in realtà ce ne sono altri perché se penso mi viene anche “Bell’amore” di De Gregori o “La costruzione di un amore”, quella la butti? Però “Cara” è quella che più di tutte mi sarebbe piaciuto scrivere e che, tra l’altro, quando ho avuto l’opportunità di cantarla sono stato felice. All’estero, ampliando un po’ in concetto, un disco che mi sarebbe piaciuto scrivere è “Sergent Pepper” dei Beatles. Ecco, lì dico sempre, “perché ci hanno pensato loro” (ride)>>.
Ilario Luisetto
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