martedì 8 Ottobre 2024

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Poor Works: “Cantiamo il sapore della gioventù” – INTERVISTA

A tu per tu con la band trentina, in uscita con il singolo “Sunday forever” estratto dal disco “All in”

E’ in rotazione radiofonica a partire dal 14 giugno “Sunday forever”, il nuovo singolo dei Poor Works estratto dal loro ultimo progetto discografico, intitolato “All in”, pubblicato lo scorso 23 marzo. Il gruppo è nato nel 2008, in oltre dieci anni di attività ha collezionato numerose serate dal vivo e tanta esperienza in giro per il Paese. In occasione di questo lancio, abbiamo incontrato la band composta da: Nicola Toniolli (voce), Patrick Calovi (tastiere e seconde voci), Daniel Calovi (chitarra e seconde voci), Daniel Nardon (chitarra e seconde voci), Mauro Tomedi (basso) e Christian Nicolini (batteria e seconde voci). Conosciamoli meglio.

Ciao ragazzi, partiamo dal vostro ultimo album “All in”, cosa racconta?

«”All in” racconta di noi, di come dei ragazzi normali vivano la loro realtà, senza indossare maschere». 

A livello musicale, quali sonorità avete voluto abbracciare?

«La domanda è veramente interessante, perché abbiamo cercato di unire le sonorità internazionali con la coralità, caratteristica tipica di chi vive nelle nostre valli trentine». 

“Sunday forever” è il vostro nuovo singolo, che sapore ha per voi questo pezzo?

«Il sapore della gioventù. Il nostro è un modo di rimandare, ancora per un po’, l’arrivo della maturità».

Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip diretto da Joe Barba?

«Il videoclip racconta una storia, nella quale si “confrontano” due generazioni, che alla fine troveranno un punto d’incontro…». 

Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di dare vita al vostro progetto musicale?

«Ci conosciamo fin da quando siamo bambini. Passare dal campetto alla sala prove è stata quasi una cosa naturale. Poi col tempo è nata questa piccola parte della nostra vita».

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il vostro percorso?

«I più disparati. Siamo sei teste ben distinte e passiamo dalla musica classica al pop più commerciale. Diciamo che siamo partiti come British cover band perché abbiamo trovato in quelle sonorità qualcosa che ci accomunava». 

Com’è stato il processo che vi ha portato da “British cover band” a gruppo musicale con un vero e proprio repertorio inedito?

«Come tutte le cose è stato quasi un caso. Dopo anni che suoni cover arriva qualcuno con uno spezzone di canzone. Il resto viene da sé».

Con quale spirito vi affacciate al mercato e come valutate l’attuale settore discografico?

«Una domanda da esperti! Sinceramente non abbiamo pretese di successo: credo che sia importante la promozione, ma più per far conoscere la nostra musica ad un pubblico più vasto possibile. Ciò che viene è un dono che riceviamo volentieri». 

Quanto conta per voi la dimensione live? 

«Il live per noi è la vera espressione della nostra musica. Solo in quel modo si può comunicare direttamente con chi ti ascolta. Quest’estate gireremo un bel po’! Generalmente sagre e feste di paese, una dimensione che ben si confà col nostro spirito». 

Per concludere, dove e a chi desiderate arrivare con la vostra musica?

«Se anche una sola persona riesce ad immedesimarsi con quello che scriviamo, la soddisfazione è per noi immensa. Ci piacerebbe arrivare a tutta questa generazione che per ora vede il futuro senza contorni. Siamo tutti sulla stessa barca, e non siamo soli». 

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.