lunedì 25 Novembre 2024

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Presidenti a Tempo Perso: “Nella musica conta lasciare un segno” – INTERVISTA

A tu per tu con la band alt/folk romana, in uscita con il loro Ep d’esordio intitolato “Crepa, cuore”

Si intitola “Crepa, cuore” il mini album che segna il debutto dei Presidenti a Tempo Perso, gruppo musicale capitanato da Matteo Rotondi, autore sia delle musiche che dei testi. Sette le tracce in scaletta per questo primo tassello discografico prodotto nello studio Impronte Records, per l’etichetta Terre Sommerse ed. LaChimera dischi. Approfondiamo la loro conoscenza.

Ciao ragazzi, partiamo dal vostro Ep d’esordio “Crepa, cuore”, cosa rappresenta per voi?

«È stata la conclusione ideale di un percorso, poiché è la sintesi di anni di concerti in cui abbiamo suonato parecchio in giro per l’Italia ma senza mai trovare la convinzione necessaria di fare il passo importante di incidere le canzoni e decidere la loro forma definitiva. E al tempo stesso è stato il nostro inizio vero e proprio, o forse un re-inizio. Del resto il nostro amore per le dualità è riscontrabile già nel titolo dell’ep».

A livello testuale, quali tematiche avete scelto di raccontare in queste sette tracce?

«Il lato più oscuro dell’amore, le cose che solitamente non si dicono, le ansie sul futuro e la perdita di controllo. Attraverso un processo di alienazione da se stessi e dalle proprie passioni, che viene espresso metaforicamente con la tematica ricorrente del sonno».

Dal punto di vista musicale, invece, quali sonorità avete voluto abbracciare?

«Le nostre più grandi passioni sono i suoni acustici, chitarre e batterie in primis, e i synth inconfondibili degli anni ’70 e ’80. Abbiamo cercato di costruire degli arrangiamenti complessi e stratificati, perciò mentre la componente acustica è spesso ridotta all’essenziale, con le tastiere ci siamo decisamente divertiti».

Facciamo un salto indietro nel tempo, come vi siete conosciuti e quando avete deciso di dare vita al vostro progetto musicale?

«Rispondo io da cantante e fondatore del gruppo. Il percorso dei Presidenti inizia diversi anni fa ormai, prendendo forma a partire dalle mie canzoni che inizialmente suonavo da solo, esibendomi chitarra e voce. Come detto sopra, c’è stata in primis una lunga ricerca di un’identità che non riuscivo inizialmente a mettere a fuoco. Quando poi ho avuto chiaro in mente il vestito che volevo per queste canzoni, non mi è stato difficile mettere insieme le persone giuste».

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il vostro percorso?

«Da una parte i grandi della musica italiana, Battiato e Battisti su tutti. Ma anche cantautori e band indie di quando eravamo ragazzi, come Bersani o i Verdena. A livello internazionale, sicuramente abbiamo ascoltato molto i Radiohead e i Sigur Ros».

Con quale spirito vi affacciate al mercato e come valutate l’attuale settore discografico?

«L’attuale settore discografico vive un’enorme contraddizione di cui non si parla mai abbastanza. Da una parte tutti hanno più possibilità di creare il proprio prodotto e di pubblicarlo, poiché chiunque con un PC di terza mano e un paio di programmi di registrazione può mettere insieme il proprio Ep indie e autolanciarsi su Spotify e sulle altre piattaforme; dall’altra, proprio per questo il mercato è saturo come non mai e quindi spesso succede che quelli che riescono a distinguersi sono quelli che possono pagare grosse cifre per le proprie sponsorizzazioni, oppure ancora peggio, chi appartiene alla categoria dei fenomeni da baraccone e che quindi può garantire quantomeno grossi ascolti e viralità, caratteristiche molto ricercate dagli addetti ai lavori».

Avete partecipato a diversi festival, quanto conta per voi la dimensione live?

«Per alcuni il live è un mezzo per farsi conoscere e per arrivare al vero obiettivo di pubblicare il proprio disco. Per noi il disco è il biglietto da visita migliore per ottenere di suonare il più possibile».

Quali sono i vostri prossimi obiettivi professionali e i buoni propositi per il 2020?

«Al momento siamo stati un po’ fermi per impegni personali imprescindibili di ognuno di noi, e quella che penso sia una pausa fisiologica che hai bisogno di prendere dopo anni di concerti senza una meta, seguiti dai lavori al disco (che nel nostro caso è stato piuttosto travagliato) e la successiva promozione. Per il 2020 ci auguriamo fondamentalmente di ritrovare l’energia per ributtarci al meglio in una nuova avventura. Stiamo capendo quando e come».

Per concludere, dove e a chi desiderate arrivare con la vostra musica?

«A chi ha voglia di cantarla, di ascoltarla e di venirla a vedere. Siamo qui per chi ci apprezza, non conta in quanti. Conta lasciare un segno».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.