A tu per tu con la band tarantina, al loro debutto discografico con l’album intitolato “Paraponzi”
E’ disponibile dallo scorso 6 luglio “Paraponzi”, l’album che segna l’esordio discografico dei Quadrophenix, gruppo tarantino fortemente influenzato dalla musica di storiche band quali Beatles, Beach Boys, R.E.M, Traveling Wilburys, Oasis e tutto quel filone che spazia dal rock’n’roll al rockabilly al pop rock. Un progetto contenente dodici brani inediti, anticipato dal singolo “Mai più”, che ci apprestiamo a scoprire nel dettaglio attraverso le parole dei diretti interessati: il cantante Alessandro De Vincentiis, il chitarrista Valerio Gentile, il bassista Luca Orlando e il batterista Marco Nigri.
Ciao ragazzi, partiamo dal vostro disco d’esordio “Paraponzi”, cosa rappresenta per voi?
«”Paraponzi” é l’inizio. La nostra prima raccolta di brani inediti in lingua italiana. La nostra prima creatura, che speriamo di veder crescere sempre di più, fino a permetterci di poter pensare di riuscire a fare i musicisti a tempo pieno!».
Quali tematiche e quali sonorità avete voluto inserire in questo vostro biglietto da visita musicale?
«Il tema principale credo sia l’amore, visto da tutte le più bizzarre prospettive possibili ed immaginabili. Trattiamo il classico tema dell’amore perduto in “Eccetera”, mentre ne “Il pomo dell’amor” dichiariamo che va benissimo anche se la tua fidanzata si chiama Alfredo ed ha il pomo d’Adamo. Direi che spaziamo molto nel modo di rappresentarlo, ma l’argomento principale è sempre lo stesso. Il sound è qullo che più adoriamo. Un suono molto “analogico”, fatto con strumenti veri. Insomma, musica suonata per davvero. Lo stile è molto retrò. Ci siamo ispirati ai nostri riferimenti musicali. Beatles, Beach Boys e Kinks su tutti».
Come siete riusciti a coniugare e concentrare la vostra spiccata attitudine live in un album in studio?
«In effetti, il lavoro in studio non rappresenta appieno quello che combiniamo durante le serate dal vivo. In quel contesto adoriamo interagire con la gente, ed il pubblico apprezza e partecipa volentieri. Ma anche tra i solchi di “Paraponzi” credo si possa avvertire il divertimento che abbiamo provato sia nel comporre che nel registrare i brani».
Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip del singolo “Mai più”?
«”Mai più” è il singolo di lancio dell’intero progetto. Diciamo che per i nostri standard, è una canzone inusuale, in quanto l’abbiamo scritta appositamente per realizzare un pezzo estivo, divertente. Un qualcosa che potesse rimanere impresso. Per questo abbiamo poi cercato di caratterizzare in tal senso anche il videoclip. I due protagonisti sono fantastici..sia lei che lui. Alberto, il ragazzo con la barba è, fra le altre cose, il cofondatore insieme a me, dei Quadrophenix. Quindi averlo avuto nel video è stata una gioia totale. Anche perchè ha sfornato una performance da Oscar!».
https://www.youtube.com/watch?v=BN__y0uBxmw&authuser=0
Facciamo un salto indietro nel tempo, come vi siete conosciuti e quando avete deciso di dare vita al vostro progetto musicale?
«Ci siamo conosciuti nel 2006 nelle corsie dell’ospedale di Taranto, mentre facevamo Clown terapia. Lui cantava ed io scrivevo. Tempo un paio di mesi, e la band era al completo. Però poi lui è salito a Bologna per studiare, ed io ho continuato con gli altri, passando per varie formazioni, fino ad arrivare all’attuale. Ora lavoro moltissimo sia con Luca che con Marco, ma il mio compagno di scorribande musicali è principalmente Valerio, che suona la chitarra solista e mette in ordine le idee musicali di tutti noi!».
Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il vostro percorso?
«I Beatles sono il faro luminosissimo che ha bruciato permanentemente le mie pupille! Credo che siano stati i più grandi di sempre, e che il loro lavoro rimarrà assolutamente attuale ed interessante anche per tutto questo secolo. Ma in generale, mi piacciono il pop ed il rock inglesi degli anni 60. Come dicevo prima, Beach Boys, Kinks. Ma anche gli Small Faces, gli Who e i Badfinger. Influenze più recenti si potrebbero ricercare in alcune pagine musicali degli Oasis, del primissimo Noel Gallagher solista e dei R.E.M. Ma anche artisti nostrani come Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Rino Gaetano e Cesare Cremonini mi hanno influenzato. Soprattutto per quanto riguarda un certo gusto nei testi. Elio e le storie tese sono dei maestri inarrivabili, fonte di continua ispirazione per quanto riguarda sopratutto la genialità nel dire certe cose in maniera genuina e spontanea. Sicuramente dissacrante».
Con quale spirito vi affacciate al mercato e come valutate l’attuale settore discografico?
«Siamo semplicemente noi stessi, consci di tutte le difficoltà che il nostro genere, oggi abbastanza desueto, potrebbe portarci. La scena attuale non mi sembra prediliga questo tupo di sonorità vintage, ma che possiamo farci? Siamo degli inguaribili musicisti analogici!».
Quanto influisce la vostra terra, in particolar modo la città di Taranto, nella vostre composizioni?
«Taranto è miele e fiele allo stesso modo. E’ sicuramente una città bellissima che vive da tanti anni la problematica del lavoro e della salute. Taranto è il mare più azzurro che si possa sognare. Credo che la nostra città ci abbia iniettato per sempre il sole nelle vene. Quello che traspare nella nostra improbabile surf music. Dico improbabile, perchè il nostro genere è del tutto fuori contesto nella scena musicale cittadina. Il che ci rende da un lato speciali e dall’altro lato guardati ed ascoltati con sospetto. Ma va bene così. Sogniamo di fare, prima o poi, il pienone nello stadio Iacovone».
Per concludere, dove e a chi desiderate arrivare con la vostra musica?
«Vorremmo arrivare a tutti quelli che, come noi, amano la musica, la vita, l’ironia e allo stesso tempo non disdegnano di mettere in moto le meningi. La musica è cultura, e troppo spesso negli ultimi tempi è stata usata come veicolo di messaggi abbastanza vuoti. Molte volte gli artisti contemporanei basano il loro lavoro sulle apparenze. Non potendo noi, per evidenti ragioni estetiche, ci barcameniamo fra movimentate e spumeggianti onde cerebrali!».
Nico Donvito
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