Il rap è diventato il nuovo pop? Stando ai numeri sì
Sembra passata un’eternità eppure a pensarci bene non bisogna nemmeno scavare cosi indietro, 5-6 anni fa le classifiche di vendita, quelle digitali e quelle mostrate in tv, erano rappresentate al 90% dal caro e vecchio pop, italiano o straniero fa poca differenza, e il rap era visto come una minuscola macchia nera incapace di scalfire un “sistema” solido e collaudato.
Fare un disco d’oro rimanendo attinenti al 100% al proprio credo hip-hop addirittura era visto come un’utopia, dato che spesso le uniche eccezioni erano rappresentate da quel pop-rap capace di conquistare le radio con il classico schema strofe ai rap – ritornelli ai cantanti pop: buffo pensare, invece, che in questo periodo ogni lunedì arrivino sempre più certificazioni dal mondo rap, capace di monopolizzare in qualche modo il mercato.
Chi si dimentica dunque dei successi targati Fedez – Michielin o J-Ax – Nina Zilli? Solo per citarne alcuni tra i più celebri. La verità è che fino a 5 anni fa la musica marchiata come rap o comunque appartenente alla categoria “urban“ necessitava del pop per arrivare nel mainstream, dovendo spesso affiancare nomi di spessore per poter passare in radio o arrivare al grande pubblico.
Il punto è che attualmente questo schema si è completamente ribaltato e così non solo l’urban può essere considerato come “nuovo pop“, ma addirittura ha favorito la conversione di numerosi artisti tipicamente melodici verso questo nuovo genere.
Per dare un quadro più completo della situzione odierna possiamo dire che nelle prime 36 settimane del 2020, per ben 28 volte al primo posto della classifica FIMI troviamo un progetto urban e che nella classifica degli album più venduti nel primo semestre di quest’anno nelle prime 20 posizioni gravitano in ordine sparso ben 11 progetti appartenenti in qualche modo a quel mondo.
Attenzione però, è sbagliato dire che i motivi di questa conversione siano esclusivamente da attribuire ai nuovi mezzi di fruizione (piattaforme di streaming digitale): chiaro, il target dei nativi digitali è cresciuto e con lui si è andati verso una variazione nelle preferenze del genere, ma è altrettanto vero che nel quadro completo molti (anche tra gli intoccabili) hanno dovuto subire un bel ridimensionamento a livello di vendite e, a parte qualche raro exploit isolato (Pinguini Tattici Nucleari nel 2020 e Ultimo nel biennio 2018-2019 ad esempio), le uniche “crescite” arrivano proprio dal mondo rap. Non è difficile capire dunque perché anche grandi artisti ultimamente abbiano scelto di affiancarsi a nomi più o meno affermati appartenenti al mondo urban, o del perché personaggi tipicamente pop abbiano privilegiato progetti dalle contaminazioni hip hop, vedi Elodie con ‘This is Elodie’, Francesca Michelin con ‘Feat – Stato di natura’ o per ultimo Gigi D’Alessio con la sua ultima fatica discografica ‘Buongiorno’.
Chiaramente è impossibile prevedere il futuro, anche se non è difficile credere che l’onda rap/trap esplosa in maniera assoluta nel 2016 abbia dalla sua ancora un margine per primeggiare senza grossi problemi. Verrebbe quindi da chiedersi quanto ancora il pop possa “decrescere” diventando quasi una succursale dal mondo rap e se non fosse meglio, per gli artisti del grande calderone pop, cercare al contrario di allontanarsi dalle influenze ibride quando non prettamente necessarie o nate con convinzione e non solo per convenienza di classifica o target, dato che in un mondo dove tutto è uguale, il bello sparisce per far spazio al normale. Insomma pop, se sei vivo riprenditi i tuoi spazi, ma per favore fallo senza appoggiarti per forza a qualcosa che non sei…
Redazione
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