Viaggio nella storia e nell’evoluzione dell’hip hop italiano, tra derive, evoluzioni e sottogeneri. A cura di Mattia Cantarutti
Nato nei ghetti d’America come espressione di ribellione e rivalsa sociale, l’hip hop ha attraversato l’oceano per piantare le sue radici anche in Italia. Quello che inizialmente era visto come un fenomeno d’importazione, con il tempo è stato assorbito e trasformato, diventando qualcosa di profondamente nostro.
Dalle rime grezze dei pionieri fino alla conquista delle classifiche, il rap italiano ha saputo imporsi come una nuova forma di cantautorato contemporaneo, capace di raccontare le sfide e i sogni di un’intera generazione. In questa rubrica, Mattia Cantarutti ci guiderà attraverso la storia e l’evoluzione di un genere che, da sottocultura, è diventato parte integrante della nostra identità musicale.
Rap Italy, la Golden Age dell’hip hop italiano – Parte 1
Dopo aver ricordato nell’approfondimento precedente l’esplosione degli Articolo 31, il culto dei Sangue Misto e la forza di Lou X, concludiamo questo viaggio nella Golden Age dell’hip-hop italiano con qualche altro ricordo di questo (non più tanto) giovane genere musicale.
Impossibile non soffermarsi e non nominare il grande Bassi Maestro, presente nella scena hip-hop praticamente dall’inizio, ma reso immortale nel 1998 dal progetto “Foto di gruppo”, album molto personale e alternativo rispetto a molte scelte mainstream dell’epoca. L’artista da allora realizzerà dischi su dischi, tantissime rime e moltissimi beat. Dopo un allontanamento negli ultimi tempi dall’hip-hop in favore di altre sonorità con il progetto North of Loreto, nel 2023 produrrà uno dei più importanti album degli ultimi anni, il già classico “Madreperla” del rapper Guè. I due negli anni avevano già collaborato svariate volte e in più forme.
Per quanto riguarda il mondo mainstream, nonostante l’entrata in major di tanti rapper, è d’obbligo inserire nella Golden Age del rap italiano i Sottotono, uno dei progetti, per citare le definizioni contemporanee, più freschi che il nostro paese abbia mai avuto e che ha visto dalla sua parte delle vendite molto importanti e sostanziose. Le sonorità travolgenti di Big Fish e i flow sempre ricercati ed allo stesso tempo nuovi di Tormento hanno reso la band uno dei progetti più di successo dell’epoca. L’arrivo nel mainstream della band corrisponde con l’uscita del loro album più famoso, “Sotto effetto stono”, opera che ancora oggi riesce ad ispirare e sognare gli ascoltatori e gli amanti del genere.
Sfortunatamente però, non è tutto oro ciò che luccica. Nonostante questi e tanti altri progetti diventati dei classici (tra i molti, “Odio Pieno” dei Colle Der Fomento o “Comunque vada sarà un successo” di Piotta) realizzati nel corso della decade, qualcosa sembra rompersi nei meccanismi dell’industria. Forti dissapori interni alla scena uniti ad un improvviso buio da parte di chi prende le decisioni importanti nella discografia, portano ad un vuoto nel movimento hip-hop. Le abbaglianti luci dei riflettori del mercato musicale si spengono e il rap fatica non poco ad esistere discograficamente. Questo improvviso disinnamoramento al genere porta tanti progetti a cambiare forma o migrare in ambienti underground o di nicchia.
Due tra gli esempi più noti, come già raccontato in precedenza, sono innanzitutto il brusco cambio degli Articolo 31 in favore di sonorità punk e testi diversi (che paradossalmente porteranno ad un rilancio del gruppo dopo qualche tonfo discografico non previsto) e, più o meno nello stesso periodo, la fine dei Sottotono, complice in questo caso anche un burrascoso scandalo a Sanremo.
Entrambe le band torneranno tra la fine degli anni ‘10 e l’inizio degli anni ‘20 del 2000, realizzando tutti e due i gruppi pure un album. I sottovalutati “Protomaranza” (Articolo 31, 2024) e “Originali” (Sottotono, 2021)
Il fuoco dei beat e delle rime però non si è spento e da progetti come Uomini di Mare (risale al 1999 il loro primo album, “Sindrome di fine millennio”) e Sacre Scuole (attivi sempre nel 1999 con il seminale “3 MC’s al cubo) emergono nei primi anni 2000 il rapper Fabri Fibra e il gruppo dei Club Dogo. Toccherà a loro e ad altri artisti, traghettare il rap verso lidi migliori, iniziando una strada che porterà il genere ad essere addirittura più popolare di quanto accaduto negli anni ‘90. Ma questa è un’altra storia.
Mattia Cantarutti
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