Fedez vs Tony Effe e la spettacolarizzazione del conflitto, un’analisi del fenomeno sociale del dissing che, come per magia, trasforma le rivalità in opportunità
Il dissing, quel linguaggio pungente e provocatorio tipico del mondo rap, si è evoluto nel tempo. Quello che una volta era uno strumento per risolvere rivalità artistiche o personali è diventatooggi una delle forme più efficaci di marketing discografico. Un esempio perfetto di questa dinamica è il recente scontro tra Fedez e Tony Effe, che ha trasformato una semplice faida verbale in un fenomeno mediatico capace di catturare l’attenzione del pubblico, anche attraverso i media, e di far crescere i numeri dei protagonisti sia sui social che sulle piattaforme streaming.
“Ho visto lui che dissa lei, che dissa lui, che dissa quell’altro”: senza l’ausilio di troppa fantasia si potrebbe riassumere in questo modo il poligono dai lati indefiniti che sta tenendo banco negli ultimi giorni. Ma per i meno attenti, facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti: Fedez e Tony Effe erano amici, si frequentavano e si volevano pure bene, poi si sono allontanati (strano per uno come Fedez che in genere resta sempre in buoni rapporti con tutti) e hanno cominciato a dirsele di santa ragione, dissandosi a vicenda. Così, una questione che si sarebbe potuta risolvere con qualche telefonata, anziché restare tra le mura dei loro rispettivi e sontuosi loft, è diventata di dominio pubblico.
Il primo ad attaccare apertamente è stato Tony che, tra i versi contenuti nel brano sponsorizzato da Red Bull, ha accusato il collega tirando in ballo anche l’ex compagna Chiara Ferragni e Niky Savage, quest’ultimo nuovo best friend di Federico Leonardo Lucia. Così Fedez non ha perso l’occasione e ha subito risposto con il diss “L’infanzia difficile di un benestante”, con il quale ha accusato pesantemente il rapper lanciato dalla Dark Polo Gang. Per giunta, nel videoclip è presente anche Taylor Mega, ex fidanzata proprio di Tony. Gli animi anziché placarsi si sono alimentati, e l’autore di “Sesso e samba” ha così pubblicato nel giro di ventiquattro ore il brano “Chiara“, nel quale accusa il suo “antagonista” di aver trascurato e trattato male la Ferragni: “Lei ti è rimasta accanto nella malattia e quando aveva bisogno sei scappato via”. Giusto per farvi capire il livello.
Poteva finire qui? No. Ed è arrivato così un nuovo brano, “Tony Lucarelli”, nel quale Fedez non risparmia qualche frecciatina anche nei confronti di sua moglie: “Mi dispiace che Chiara ti abbia dato confidenza, almeno con te possiamo dire che ha fatto beneficenza”. A questo punto della storia la domanda sorge spontanea: “ma a noi di tutto questo che ci frega?”. La risposta collettiva la stiamo pensando tutti, ma credo che sia il fenomeno da approfondire, al di là delle parti in causa e delle loro vicende personali, perché tutto questo ambaradan ha poi anticipato l’uscita di un nuovo inedito di Fedez, dal titolo “Allucinazione collettiva”, pubblicato da Warner Music nella notte del 21 settembre.
Il risultato? L’inedito ha raggiunto la prima posizione dei brani più ascoltati in Italia su Spotify, oltre a finire in vetta alle tendenze di YouTube nel giro di breve. Un singolo che il comunicato stampa descrive come “un capitolo particolare per il rapper, non una diss-track in risposta ai colleghi, ma una lettera a cuore aperto dal testo forte, molto aspro e senza filtri con cui sfoga i suoi pensieri più profondi”.
Naturalmente Fedez ha messo ancora una volta in piazza la propria vita privata, e ha fatto bene se i risultati sono questi. Diciamocelo pure, discograficamente parlando, il rapper milanese è reduce di un periodo in cui diverse sue produzioni non hanno brillato commercialmente. A questo aggiungiamoci il cambio di etichetta, da Sony a Warner, fatto sta che dal 2021 non esce un suo album. È proprio per questo che, se da un lato sembra che ci sia del vero rancore, dall’altro ci si domanda se questo botta e risposta abbia portato visibilità e vantaggi economici a entrambi gli attori in campo.
Questa storia del dissing, infatti, ha giovato a tutti gli interlocutori, pensiamo a Tony Effe, che dopo “Sesso e samba” rischiava di diventare un po’ la parodia di se stesso e aveva bisogno di tornare al rap, quello duro, quello non da classifica per intenderci, così come ne ha beneficiato anche Niky Savage, che adesso sappiamo tutti chi è, visto che si è fatto conoscere da un pubblico più ampio.
Ecco, che sia finta o no, tutta questa storia stupisce perché trasuda strategia. Al di là del fatto che siano state ponderate prima o meno, parliamo comunque di abili scelte di marketing volte ad aumentare follower e riportare il faro sui protagonisti, come nelle migliori campagne elettorali americane. Anche in questo caso ci sono gli sponsor, oltre che i vari endorsement di amici, colleghi e persino di gente che non c’entra niente.
E dire che il dissing nasce nel cuore della cultura hip-hop come confronto tra artisti, spesso per questioni di “credibilità” o supremazia artistica. Dalle famose faide tra Tupac Shakur e Notorious B.I.G. fino alla recente rivalità tra Drake e Pusha T, il diss track ha sempre avuto il potere di accendere le conversazioni e di galvanizzare le community di fan, utilizzando il dissing come strumento per affermarsi e per alimentare un dibattito pubblico attorno alla loro figura artistica.
Oggi, però, il dissing è stato da noi ancora più “italianizzato” e ha assunto una nuova connotazione: non è più soltanto una battaglia artistica o personale, ma diventa una vera e propria mossa strategica per alimentare l’attenzione mediatica. In un’epoca in cui la popolarità è spesso misurata in follower e engagement, i social media amplificano il dissing a dismisura. Gli utenti diventano spettatori attivi e partecipano alla faida con meme, video e opinioni, facendo sì che il dibattito si espanda a macchia d’olio.
Certo, il trash piace un po’ a tutti, ma alla lunga stanca, specie quando poi non si riesce ad avere un freno e l’ostentazione la fa da padrone. Stupisce il fatto che la questione tra Fedez e Tony Effe attragga così tanto l’opinione pubblica al pari delle presidenziali statunitensi tra Donald Trump e Kamala Harris. Lascio fantasticare voi su a chi possa somigliare a uno e chi possa somigliare all’altro… Per il momento concedetemi qualche perplessità in attesa degli scrutini finali, dove si sa, tutto dipenderà ancora una volta dai voti di Stati chiave come il Michigan, la Pennsylvania e il Wisconsin.
Nico Donvito
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