lunedì 7 Ottobre 2024

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Renato si sente ancora “Zero il folle” ma non trova le penne di struzzo – RECENSIONE

Recensione del nuovo album dell cantautore

Non c’è un limite alla follia, all’eterna giovinezza d’animo e di morale, alla voglia di lasciarsi stupire dal mondo e di stupire il mondo. Questo è il senso di Zero il folle, il trentesimo album d’inediti di Sua Maestà Renato Zero, un cantautore che ha fatto grande la storia della musica italiana donandosi al pubblico interamente e non ponendosi mai il problema di dover piacere seguendo le regole altrui ma, piuttosto, che ha sempre tentato di piacere dettando egli stesso le regole del gioco, il proprio gioco: la musica.

Nel nuovo progetto discografico del cantautore romano l’obiettivo, più o meno dichiarato, è quello di colpire nel segno dell’innovazione, di dare nuovamente spazio alla follia. In realtà, però, la follia del ‘nuovo Renato’ è ben diversa da quella che ci si sarebbe potuti aspettare e viaggia, piuttosto, su territori musicali e testuali non poi così innovativi all’interno della discografia del Re dei Sorcini. Ecco che, allora, nel disco trovano spazio brani attenti alla società contemporanea nei suoi diversi aspetti spesso criticandone gli usi ed i costumi: c’è la questione della bassa natalità di La culla è vuota ma c’è anche il mondo digitale che allontana dalla realtà di Mai più da soli (“il mondo si è fatto piccolo, troppa tecnologia: le solitudini uccidono”) che poi viene ampliato tematicamente ne La vetrina collegandola alla critica del consumismo sregolato.

Musicalmente la produzione anglosassone di Phil Palmer fa leva su di un sound deciso e martellante attento soprattutto alla parte ritmica e alle chitarre che sono le vere protagoniste di tutto un disco definibile classicamente pop-rock. A tal proposito anche Figli tuoi rientra in quest’universo musicale permettendosi anche d’inserire un parlato d’intermezzo prima di un conclusivo assolo che si sposa all’introduzione anche di un coro di voci. Più sinfonica, invece, è la partenza di Viaggia che, poi, sottolinea gli accenti del testo con una cauta e piacevole ritmica.

L’attenzione alla società rimane vivo anche in Ufficio reclami, che scopre un arrangiamento più spensierato e diversificato grazie allo spazio lascio ad un coro che ricoprendo il ruolo di un’ipotetica comunità quasi si rivolge (in toni ironici) alla dimensione ecclesiastica, Che fretta c’è, che conserva un suono più “up” per parlare direttamente alla coscienza e dirle “stai morendo”, e in Tutti sospesi, che invita a lottare, alzare la testa di fronte ad “un mare di inciuci e di guai” ribellandosi e prendendo nuovamente in mano la propria vita per realizzare “un mondo pulito”.

Spazio alla riflessione anche per una “chitarrosa” Un uomo è…, che cerca di tracciare una carta d’identità dell’essere umano, una perfetta colonna da piano bar come Questi anni miei (già il titolo rimanda alla ‘Gli anni miei raccontano’ di qualche album fa), e per Quattro passi nel blu che guarda indietro nel tempo per cercare “quanta musica c’è in ognuno di noi, per ognuno di noi fiume di melodia” facendo riferimento a quei talenti che “restano ed insegnano umiltà”.

All’amore, inteso in senso classico, c’è poco spazio se si va ad escludere Quanto ti amo, dove il sentimento va anche “oltre l’amore”, e la conclusiva Zero il folle, nel quale il cuore guarda amorevolmente al proprio io, a quell’uomo che in arte si è trasformato da Renato Fiacchini a Renato Zero ricordando i suoi passi ora che “io volo via” in un glorioso trionfo orchestrale che rende onore ad una carriera senza rivali. Ed è proprio qui che la poetica di Renato tocca il proprio apice rendendo onore ad un grande artista che quasi viene presentato come altro da sè senza rischiare di cadere nell’auto-elogio sempre troppo pericoloso.

Questo ‘Zero il folle’ è esattamente l’album che ti aspetti dal Renato Zero di oggi anche quando questo promette di essere, in realtà, pronto a stupire. Il tempo dello stupore probabilmente è finito anche per il grande cantautore romano che alla soglia dei suoi 70 anni ha realizzato un disco sincero, un disco fedele a se stesso. Al se stesso di oggi. Purtroppo non c’è quella follia che il titolo potrebbe voler evocare, non ci sono le piume di struzzo nè le provocazioni sottili cantate in musica con estro e brio: c’è un Renato Zero uomo che guarda il mondo dell’alto proponendo la propria lettura della società talvolta provandone pietà, altre volte commiserandola, altre ancora spronandola a rialzarsi. Un buon disco, sicuramente, per una penna sempre riconoscibile ed una voce perfettamente intatta. Manca il brano manifesto, certo, ma manca, ahimè, ormai da diversi dischi e non è detto che ci sarà in futuro.

Migliori tracce | Mai più da soli / Zero il folle

Voto complessivo | 7.2/10

Tracklist |

  1. Mai più da soli
    [Renato Zero – Alan Clark, Phil Palmer]
  2. Viaggia 
    [Renato Zero – Alan Clark, Phil Palmer]
  3. La culla è vuota
    [Renato Zero – Alan Clark]
  4. Un uomo è…
    [Renato Zero – Alan Clark]
  5. Tutti sospesi
    [Renato Zero – Danilo Madonia, Renato Zero]
  6. Quanto ti amo
    [Renato Zero, Lorenzo Vizzini – Lorenzo Vizzini]
  7. Che fretta c’è
    [Renato Zero – Danilo Madonia, Renato Zero]
  8. Ufficio reclami
    [Renato Zero, Vincenzo Incenzo – Renato Zero, Danilo Madonia]
  9. Questi anni miei
    [Renato Zero – Alan Clark, Phil Palmer]
  10. Figli tuoi
    [Renato Zero – Phil Palmer, Matteo Saggese]
  11. La vetrina
    [Renato Zero – Phil Palmer, Matteo Saggese]
  12. Quattro passi nel blu
  13. [Renato Zero – Alan Clark, Phil Palmer]
  14. Zero il folle
    [Renato Zero – Danilo Madonia, Renato Zero]

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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.