La grandezza di un artista che ha fatto la storia e che dovremmo celebrare senza remore
Poche ore e saranno 70 candeline anche per Renato Zero. Un numero, certo, ma anche un momento ed un’occasione per tracciare una linea e fare qualche somma, qualche bilancio di quelli che vengono sempre suggeriti dal sopraggiungere dei traguardi tondeggianti ed importanti ad ognuno di noi.
Settant’anni di vita, di cui più di cinquanta trascorsi sulle scene e sui palcoscenici italiani, spesi a raccontare di vita, di emozioni, di situazioni, di esperienze, di società e di denunce. Una carriera sempre sotto i riflettori, un unicum colossale ma anche un variopinto insieme di progetti fatti di mille diverse facce ed espressioni per testimoniare il fatto che, in un modo o in un altro, l’arte ha bisogno di scorrere libera all’interno della vita e dei suoi diversi momenti.
Renato Facchini da quello Zero, in realtà, ho costruito tanto e continua a costruire per sè stesso, per quel suo tormentato ed insieme fortunato personaggio e per il suo pubblico che in tutti questi anni lo ha abbracciato ed accompagnato in ogni sua diversa avventura costituendo un insieme atipicamente unito, coeso e omogeneo da superare il concetto contemporaneo di “fanbase” per poter essere descritto unicamente con l’idioma di ‘sorcini’: un qualcosa di unico difficile da spiegare e da raffrontare con qualsivoglia altro contesto.
Settant’anni, dunque, che sono storia di un vero e proprio mito della musica italiana che con la propria arte, il proprio estro, la propria autentica riconoscibilità è riuscito, negli anni, ad abbattere record su record, a cambiare continuamente pelle rimanendo, tuttavia, sempre fedele a sé stesso e a valicare con passo deciso i limiti imposti presentandosi come cantante, showman e performer a tutto tondo.
Come lui nessuno in Italia ma, probabilmente, anche sulla scena internazionale. Passato dalle paillette, lustrini e piume di struzzo alle più sobrie cornici estetiche della sua maturità artistica e personale, Renato Zero ha continuato ininterrottamente a rappresentare un’ideale, una forma d’arte irraggiungibile ed inimitabile senza il rischio sicuro di cadere nell’imitazione o nel plagio. La sua musica, impegnata ed estrosa, ha dato scandalo, ha raccontato la lussuria e la provocazione ma anche la politica, la fede, la morte, la solitudine, l’amicizia più pura dando un peso specifico importante alle parole come alla melodia ariosa, italica, intensa ma anche potente, decisa ed istrionica.
Settant’anni che oggi celebriamo con gioia perchè ci restituiscono prepotentemente il valore dell’unicità e ci fanno anche prontamente riflettere. Grande tra i grandi, Renato Zero difficilmente viene oggi citato tra le penne del nostro più importante cantautorato o tra gli artisti che hanno fatto la storia della nostra tradizione. Fateci caso ed in ogni occasione simile verranno citati Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Fabrizio De Andrè ma raramente si sentirà il nome del capo dei sorcini. Difficile dirne il perchè visti e considerati gli oltre 45 milioni di dischi venduti in tutto il mondo ed un repertorio colossale con oltre 500 brani scritti, molti dei quali ancora inediti. Con la sua musica e con la sua personalità ha fatto e continua a fare la storia dell’arte musicale italiana oltre che del nostro spettacolo e della nostra televisione eppure di lui ci si ricorda probabilmente ancora troppo poco. Troppo grande perchè sia sufficiente quanto gli è riconosciuto, troppo diverso perchè possa essere catalogato e, dunque, elogiato in quanto qualcosa di specifico. Forse è questo il destino dei grandi ma oggi, almeno oggi, è bello che il suo grido ‘Non dimenticatemi!’ risuoni forte in ognuno di noi e ci ricordi che tutti, ma proprio tutti, abbiamo amato e cantato, almeno per un giorno della nostra vita, Renato Zero!
Ilario Luisetto
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