giovedì 21 Novembre 2024

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“RengaNek”: due amici uniti nel recupero delle origini pop-rock – RECENSIONE

Recensione del joint-album che unisce Francesco Renga e Nek

Si dice che pubblicare un disco oggi sia inutile perché il mercato è fondato sui singoli e un album, senza il supporto dello streaming, ha vita breve nelle classifiche. Eppure il disco rimane ancora il mezzo più potente a disposizione di un artista per raccontare un momento preciso della propria vita. È a questo che hanno pensato Francesco Renga e Nek dopo un’estate passata insieme in tournée, fermando la loro amicizia e la loro intesa in “RengaNek“, joint album pubblicato lo scorso 8 settembre con l’obiettivo di sentirsi a tutti gli effetti una cosa sola.

Richiami al Renga rock degli esordi |

E la sfida è vinta fin dalla scelta iniziale di fare un passo indietro e delegare la composizione a terzi, intervenendo poi solo in alcuni casi nei testi (Renga) e negli arrangiamenti (Nek). “RengaNek” è quindi un progetto dove a emergere è più la forza interpretativa dei due rispetto alla loro anima cantautorale, perchè davanti a tutto c’è l’entità del duo e nessuno vuole oscurare l’altro, ma questo non proibisce comunque di trovare evidenti segnali di una voglia di tornare alle origini in particolare da parte di Renga. E, in questo senso, fanno la differenza due tracce, che vedono tra le firme proprio il cantante bresciano: “Giura Giuda” e “Storie di paura“.

Canzoni che riflettono entrambe sulla nostra società: la prima si concentra su un quadro dove “i pesci grossi si mangiano tutto“, il dio denaro viene messo fin troppo in primo piano (“Per trenta denari dai il peggio di te“) e invece purezza e nobiltà d’animo vengono ostacolate e quasi colpevolizzate (“Stanno arrestando Gesù bambino“); la seconda invece riflette sul concetto di paura e su quanto accumuni tutti – la si trova persino “sui giornali tra le star” – in un’epoca dove “il diavolo è un datore di lavoro“. Argomenti che, uniti al deciso incedere rock delle sonorità, richiamano il Renga degli esordi, quello dei Timoria che sembrava ormai definitivamente messo da parte.

Album incentrato sulle inquietudini tipiche dei cinquantenni |

Non sono le uniche tracce dove compaiono dubbi, inquietudini e paure tipiche di due cinquantenni, guardate però in più occasioni con speranza verso il futuro. In “Tutta natura” – notevoli il giro di basso che sorregge lo sviluppo e il sax dello special – al centro ci sono quindi gli alti e bassi di un periodo di incertezze (“A volte nei capelli ho un nido d’aquiloni, a volte invece ballo sul ponte del Titanic“), ma anche l’accettazione di essi: “È tutta natura, è guerra e pace, c’è la fregatura ma mi piace“.

Un’accettazione che contraddistingue anche la protagonista del singolo attualmente in radio, “Inspiegabile“, che è consapevole di affrontare un momento di cambiamento nella propria vita e lo vive sentendosi “a casa nella tempesta“, mentre nella dolce e delicata “A fianco” si cerca un appoggio per riuscire a stare bene anche nell’instabilità e la risposta è da trovare nell’amore: “Se l’universo piange poi piovono diamanti: è l’amore che ci spinge ad andare avanti“.

Amore declinato in varie forme |

È inevitabile che ci sia anche tanto amore in un disco di due cantanti che l’hanno reso uno degli elementi centrali della loro poetica e che qui lo declinano in varie forme: ci sono i primi attimi dell’innamoramento della sbarazzina “Sale“, l’unica canzone che cerca di strizzare l’occhio alle sonorità attuali (“L’estate non è tempo di promesse importanti, però mi piace troppo come muovi i tuoi fianchi“), a cui risponde la maturità del rapporto dei protagonisti di “Più grande“, che cresce in connubio con la loro crescita non perdendosi però il gusto per il divertimento e per i gesti più semplici (“Io che gioco a pallone non per essere un campione ma per giocare, e con la faccia spettinata ti regalo ancora i fiori“).

Riccardo Zanotti, invece, con “Faro” regala ai due il racconto di un amore arrivato ormai al suo finale, con una presenza ancora ingombrante e che si fa fatica a dimenticare (“Mi fa male la tua ombra che cammina dentro ai giorni miei“): è impossibile non riconoscere la penna del leader dei Pinguini Tattici Nucleari nei tanti elementi di quotidianità che si rincorrono nello sviluppo di una delle tracce più riuscite dell’intero progetto. E il livello si mantiene molto alto anche con il primo singolo “L’infinito più o meno“, con l’amore che qui è quello di un padre per un figlio (“E più cammino di continuo per il mondo più mi accorgo che il miglior profilo del futuro somiglia a te“) in una delle ballad più emozionanti e profonde negli ultimi anni.

Sguardo critico nei confronti dell’attuale scenario musicale |

Renga e Nek si mostrano però anche attenti ad analizzare lo scenario musicale in cui si muovono e lo fanno grazie a Giuliano Sangiorgi che in “Scrivi una canzone” – evidente il marchio Negramaro nelle sonorità a metà tra rock e elettronica – interfaccia due tipi di autori: da una parte quello ancora alla ricerca di qualcosa che possa resistere al tempo (“Scrivi una canzone, mettila lì intanto per poi regalarla al vento“), dall’altra quello invece più legato ai dettami attuali e incastrato nelle mode (“Scrivi una canzone che non faccia più pensare, tu scrivi una canzone che semplifichi le cose, scrivi una canzone, una canzone senza neanche le parole“), con la conclusione che, qualunque cosa si scrivi, ciò che conta maggiormente è sentirsela propria.

Entrambi hanno le idee chiare su quale strada seguire e ce lo dimostrano in coda all’album con “Il solito lido“, canzone apparentemente frivola e banale ma che vuole porsi in realtà come una parodia ai tormentoni e una presa in giro non solo alle hit estive in sè, ma anche all’ossessione di inseguirle tipica dell’oggi e considerata un’inutile velleità.

In conclusione |

Ci troviamo di fronte a un album nato senza strategie, senza seguire le leggi di mercato e senza grandi ambizioni di classifica, ma solo con la voglia di divertirsi insieme e, soprattutto, accontentare il proprio pubblico. E l’obiettivo è inevitabilmente portato a termine perché “RengaNek” è un disco curato in ogni particolare, con un gran tiro e ottimi suoni e testi che parlano ai nostalgici del pop più tradizionale.

Dopo alcune sperimentazioni poco riuscite negli ultimi anni, i due artisti hanno capito che il più è già stato fatto e oggi per loro è inutile cercare di strizzare l’occhio a un nuovo tipo di pubblico. Bisogna semplicemente consolidare ciò che è rimasto e guardare a chi è ancora affezionato a queste proposte. Renga e Nek sono stati questo per 30 anni, la gente li ama per questo ed è così che devono rimanere.

Miglior traccia | L’infinito più o meno

Voto complessivo | 8/10

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Tracklist e stelline |

  1. Giura Giuda ★★★★★★★★☆☆
    [Diego Mancino, Luca Chiaravalli, Francesco Renga]
  2. Scrivi una canzone ★★★★★★★½☆☆
    [Giuliano Sangiorgi]
  3. Più grande ★★★★★★★★☆☆
    [Giulia Anania, Daniele Coro, Diego Mancino, Matteo Bocelli]
  4. Faro ★★★★★★★★★☆
    [Riccardo Zanotti, Giorgio Pesenti, Marco Ravelli]
  5. Sale ★★★★★★★☆☆☆
    [Diego Mancino, Daniele Coro, Federica Camba, Francesco Renga]
  6. Storie di paura ★★★★★★★★★☆
    [Francesco Renga, Filippo De Paoli]
  7. L’infinito più o meno ★★★★★★★★★★
    [Edwyn Roberts, Cheope, Gianluigi Fazio, Raige]
  8. Tutta natura ★★★★★★★½☆☆
    [Diego Mancino, Luca Chiaravalli, Gianluigi Fazio]
  9. A fianco ★★★★★★★★½☆
    [Francesco Renga, Daniele Coro, Federica Camba, Diego Mancino]
  10. Inspiegabile ★★★★★★★★☆☆
    [Saverio Grandi, Luca Chiaravalli, Nek, L. Buso]
  11. Il solito lido ★★★★★★½☆☆☆
    [Davide Sartore, Diego Ceccon, Francesco Renga]
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Nick Tara

Classe '92, ascoltatore atipico nel 2022 e boomer precoce per scelta: mi nutro di tradizione e non digerisco molte nuove tendenze, compro ancora i cd e non ho Spotify. Definito da Elettra Lamborghini "critico della sagra della salsiccia", il sogno della scrittura l'ho abbandonato per anni in un cassetto riaperto grazie a Kekko dei Modà, prima ascoltando un suo discorso, poi con la sincera stima che mi ha dimostrato.