Recensione dell’album dei record del giovane cantautore milanese
Chi mi legge con frequenza lo sa quanto poco io sia incuriosito e predisposto alla cosiddetta musica “commerciale” e quanto lo sia, in misura ancor minore, verso i teen idol. Preferisco la musica concettuale, quella delle grandi voci e delle grandi estensioni, quella dai testi impegnati e quella dalle grandi orchestrazioni perciò ho atteso un bel po’ per dire la mia riguardo al maggior esponente, attualmente, del contrario di tutto questo: sto parlando di Riki e del suo album “Perdo le parole”. Sia chiaro, la mia non è la solita polemica contro i talent show e la loro musica, anzi. Il problema, forse, è proprio questo.
Per quanto io abbia reputato il giovane Riccardo Marcuzzo spesso incapace di rendere onore alle tante cover che ha cantato nel corso del talent show di Canale 5, “Amici di Maria de Filippi”, ascoltando il suo disco non sono mai riuscito a dire “non mi piace”. Problema, vero problema! Un problema che non mi ha fatto dormire per notti e notti perché non è normale che chi massacri, nel vero senso della parola, capolavori della storia della musica italiana poi faccia un disco tutto sommato decente, ascoltabile e a tratti definibile persino “carino”. Sarà l’estate e le vacanze che mi danno alla testa.
L’album gioca su ammiccamenti vocali e musicali oltre che di arrangiamenti. Vincono i ritornelli facili ed orecchiabili come in “Polaroid”, traccia d’apertura che non poteva farsi mancare gli imperdibili eh-oh per conquistare, e in “Sei mia”, vero apripista di questo progetto fin dalla primissima fase del pomeridiano del talent show di Canale 5. Temi fondanti rimangono le allegre serate estive, le ragazze dotate di un’irresistibile bellezza e luccichii vari come avviene anche in “Ti luccicano gli occhi” che continua a seguire una ricetta non di certo innovativa.
A livello di sound il modello dominante è quella della partenza lenta e di un’apertura musicale in concomitanza con l’inciso che spazia grazie all’utilizzo di un leggero electropop fatto da qualche semplice sintetizzatore non troppo invadente esattamente come nella title track “Perdo le parole”. Unica vera leggera novità sonora arriva con “Balla con me”, singolo estivo, che adotta quel reggaetton tipico di tutte le nostre ultime stagioni estive. Il risultato è sicuramente un brano trascinante, vocalmente più misurato ma più accentuato dal punto di vista dell”arrangiamento.
A chiudere arrivano “Replay”, che gioca con qualche spot anglofono, e “Diverso”, unico brano che si eleva rispetto alla media dal punto di vista del testo portandosi a casa l’unica vera sufficienza per quanto riguarda la parte letteraria grazie a quel racconto, pur sempre giovanile, il cambiamento e la diversità, pur semplice, intrisa nella quotidianità.
Per ritornare al dilemma iniziale, però, sono riuscito a capire la motivazione del funzionare di questo album: Riki piace essenzialmente perché in lui è ben presente la consapevolezza di fare un determinato tipo di musica. Il giovane milanese non si nasconde dietro ad inutili voli pindarici che tentino di nobilitare un qualcosa che non lo può essere ma, anzi, è lui stesso a scrivere e realizzare la sua musica con la chiara idea che quello che sta proponendo è esattamente quello che ascoltano le adolescenti infiammate d’ormoni. Ecco, è per questa apprezzabilissima e lodevolissima consapevolezza che Riki mi piace, mi fa divertire, mi fa ballare e canticchiare sotto la doccia. Sia chiaro, poi, torno ad ascoltarmi le cose che più riconosco vera musica ma se mi capita di sentire qualche sua rima baciata arci-telefonata non mi metto ad urlare al più grande obbrobrio musicale mai prodotto, anzi, mi scatta un sorriso di spensieratezza e la musica è anche questo (nel momento di follia, poi torno a dire che questa non è musica).
MIGLIORI TRACCE: Balla con me – Polaroid
VOTO COMPLESSIVO: 6,5/10
VIDEO-RECENSIONE
Ilario Luisetto
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