Ritrovamenti: spazio a “Hübner” di Calcutta

Ritrovamenti

Le canzoni che sono rimaste nel tempo nonostante non siano state estratte come singoli dai rispettivi album di provenienza. A cura di Marco Zollo

Benvenuti a “Ritrovamenti”, la rubrica dedicata alle canzoni che, pur non avendo rappresentato a livello promozionale un progetto discografico, hanno continuato a vivere nel cuore degli ascoltatori. Ogni settimana, Marco Zollo ci guiderà in un viaggio attraverso melodie e testi mai dimenticati, ma che meritano di essere riscoperti. Oggi parliamo di “Hübner” di Calcutta.

Queste perle musicali, raccontano spesso storie profonde e universali, e rappresentano sfaccettature meno conosciute degli artisti di riferimento, al punto da vivere una vita propria. In ogni puntata scopriremo insieme un pezzo del passato che, per qualche motivo, ha saputo sfidare il tempo e trovare una sua dimensione nel presente.

Ritrovamenti: spazio a “Hübner” di Calcutta

C’è una canzone superstite che si fa strada da sola, un cantautore che da una decina d’anni appassiona tutti, e uno dei migliori e riservati calciatori della nostra storia. Potrebbe essere l’inizio di una barzelletta… e invece no. La questione è più sorprendente.

Nel maggio 2018 Calcutta dà alle stampe “Evergreen” (prodotto da Bomba Dischi), il suo terzo album di inediti in assoluto e il secondo della notorietà. Se sbirciamo attraverso la tracklist, ecco che balzano subito all’occhio i singoloni che hanno reso celebre l’album: “Paracetamolo”, “Pesto”, “Kiwi”, “Orgasmo”. Ebbene, fra i titoli capaci di colpire la nostra curiosità c’è anche “Hübner”, brano che prende ispirazione dalla vita professionale di Dario Hübner, ex bomber del Brescia e poi del Piacenza tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del Duemila. Presenza possente e per questo ribattezzato “Tatanka”, ha sempre scelto di giocare per la provincia, anteponendo l’umanità all’interesse economico, ma la cosa non gli ha impedito di essere uno dei più influenti centravanti italiani e il vincitore nella stagione 2001-2002 della classifica marcatori della serie A, a pari merito con David Trezeguet e davanti a Christian Vieri. Sin dai suoi esordi Hubner vive lo sport in maniera serena e con grande spirito di divertimento, incarnando perfettamente quei valori da antidivo nei quali Edoardo D’Erme aka Calcutta si rispecchia totalmente.

“In questo mare che è pieno di tracine, noi dovremmo fare come Dario Hübner, per non lasciarci soli mai a consumare le unghie”. È evidente che in questi testi l’ingrediente base che li rende originali si ritrova nelle suggestioni date dagli scorci del quotidiano. Non c’è poetica fine a se stessa, ma voglia di restituire senso di comunità partendo dai piccoli contesti urbani. E prendere in prestito proprio la figura del calciatore triestino è stato calzante e determinante. Le interpretazioni di questa parte di canzone potrebbero essere molteplici, eccone un paio: la prima è che quelle “tracine”, se le intendiamo mitologicamente come le femmine dei draghi, non potrebbero essere che tutte quelle persone malvagie che si potrebbero incontrare durante il nostro percorso di vita. Pertanto il consiglio di fare come Dario Hübner, ovvero andare avanti a testa alta nonostante tutto, diventa potentissimo. Non solo. Seconda lettura: se pensiamo alle logiche di mercato, mentre per Calcutta rappresenterebbero certi discografici sanguisughe, per Hübner le tracine sarebbero senza dubbio gli impavidi e spietati procuratori sportivi, o comunque una fetta consistente di essi. Ma ancora una volta l’invito è di non curarsene e andare dritti per la propria strada.

Nel testo di “Hübner” la frase “per non lasciarci soli mai/non lasciarti  a casa mai a consumare le unghie” torna spesso come un mantra. A cosa fa riferimento? Io credo alla solitudine che può generare la fama, e il suggerimento tra le righe è di nuovo rimanere umani, senza mai dimenticarsi delle proprie radici e degli affetti veri.

Ma Dario Hübner come ha reagito quando ha scoperto che Calcutta aveva dedicato un pezzo proprio a lui? Insomma, non benissimo. Ma poi in un’intervista del marzo 2020 a Rockit.it ha spiegato: «Sono abituato a tutt’altro genere musicale, all’inizio ero un po’ spiazzato. Fortunatamente sono intervenuti i miei figli. […] Mi hanno spiegato quanto fosse importante Calcutta. Non me ne sono reso subito conto.».

“Stazione di Fondi, fuori il tuo giubbotto. Scaviamo una buca, tutta terra sotto. E ci hanno messo le scorie, o forse altre storie”. A tratti criptica, a tratti eterea. A tratti pragmatica, a tratti poetica. Ecco che, a distanza di quasi sette anni dall’uscita, solo su Spotify “Hübner” conta oggi un altissimo numero di ascolti. Più di 13.782.600. È vero, i cantautori della generazione calcuttiana devono molto all’avvento delle piattaforme di streaming. Ma considerando che questa canzone non ha mai goduto di nessun passaggio radio promozionale, non si può dare per scontato un risultato così entusiasmante. E su YouTube come andiamo? 1,6 milioni di click pure lì. Di questo pezzo si può dire tutto tranne che sia passato inosservato.

La gente ormai non ne può fare a meno, motivo per cui il nostro ha capito che non deve rinunciare ad eseguirla neanche dal vivo. Infatti “Hübner” è stata presente anche nella scaletta dell’ultimo tour del 2024, dove Calcutta ha portato in giro per la prima volta anche le tracce di “Relax”, il suo più recente progetto discografico, altrettanto fortunato. Un tour che ha toccato anche Londra, Zurigo, Parigi e Barcellona, registrando acclamazione non solo dal pubblico ma anche dalle critiche locali.

Piccola chicca: pare che nei cori di “Hübner”, così come in “Kiwi”, una delle voci non accreditate sia Francesca Michielin, artista per la quale Calcutta ha scritto molti successi contenuti nell’album “2640”, ironia della sorte uscito lo stesso anno di “Evergreen”. Amicizia fruttuosa, si direbbe.

Scritto da Marco Zollo
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