Le canzoni che sono rimaste nel tempo nonostante non siano state estratte come singoli dai rispettivi album di provenienza. A cura di Marco Zollo
Benvenuti a “Ritrovamenti”, la rubrica dedicata alle canzoni che, pur non avendo rappresentato a livello promozionale un progetto discografico, hanno continuato a vivere nel cuore degli ascoltatori. Ogni settimana, Marco Zollo ci guiderà in un viaggio attraverso melodie e testi mai dimenticati, ma che meritano di essere riscoperti.
Queste perle musicali, raccontano spesso storie profonde e universali, e rappresentano sfaccettature meno conosciute degli artisti di riferimento, al punto da vivere una vita propria. In ogni puntata scopriremo insieme un pezzo del passato che, per qualche motivo, ha saputo sfidare il tempo e trovare una sua dimensione nel presente.
Ritrovamenti: spazio a “Il vaso” di Ultimo
“Il vaso” è una canzone certamente da analizzare, da capire. È contenuta nel secondo album ufficiale di Ultimo, “Peter Pan”, uscito in concomitanza con la sua partecipazione al Festival di Sanremo 2018, che lo avrebbe portato alla vittoria nella categoria Nuove Proposte con “Il ballo delle incertezze”. Un album che ha contribuito in maniera massiva al successo repentino e sempre in crescita del cantautore romano. Oltre alla canzone sanremese le tracce del disco sarebbero potute essere quasi tutte potenziali singoli radiofonici. Comunque la scelta finale è ricaduta su “Cascare nei tuoi occhi”, “Poesia senza veli” e “Ti dedico il silenzio”. Ma perché ho deciso di parlarvi proprio de “Il Vaso”?
A distanza di quasi 7 anni dal rilascio di “Peter Pan”, questa è una delle tracce più ascoltate. Ad oggi conta più di 5.000.700 mln di ascolti su Spotify, e non a caso su TikTok qualcuno ha realizzato un video intitolato simpaticamente “Il Vaso – La Canzone Più Sottovalutata di Ultimo”. Il gradimento è tanto, e lo è sempre stato. E quando si dice che le canzoni oggi devono avere tutte una struttura specifica per farsi apprezzare, questo è il brano che disattende le aspettative, che infrange le regole. Perché la musica con la M maiuscola è comunicazione sincera, e non ha troppo bisogno di limiti, regole e tavolini (di gente che si impegna a scrivere in gruppo con parametri ben definiti).
Il brano, in quanto a costruzione, mi verrebbe quasi da accostarlo ad una pietra miliare di Francesco De Gregori, “Generale”. Infatti “Il Vaso” è una canzone senza ritornello. E nonostante questo riesce a mantenersi in piedi con grande maestria solo grazie all’utilizzo di strofe profonde che ruotano tutte intorno alla super metafora del vaso inteso come relazione sentimentale, come se fosse l’amore. Ciò che conta molto qui è il racconto, il testo, che porta chi ascolta a cogliere alcuni suggerimenti utili per imparare a comportarsi di fronte ai legami che si rompono, ma anche per non intestardirsi nel rimettere insieme i pezzi, per lasciare andare l’altro con maturità, e sempre nel bene comune. “Ed un giorno quel vaso, con un soffio di vento, si ruppe e cadde per terra. Io provai a ricomporlo. Io credetti di farlo. E all’inizio mi illusi che sarebbe potuto tornare come era prima.”. E poi?
La bravura di Ultimo, autore unico di questo gioiellino, è stata riuscire ad esprimere concetti chiave con parole di uso quotidiano, parole che ti potresti sentir dire da un amico in confidenza. E così anche per il finale, a tratti moralistico ma molto concreto: “E da questa esperienza ho appreso una cosa: quando un vaso ti cade, prendi scopa e paletta, metti l’anima in pace”.
L’armonia, ovvero gli accordi utilizzati, rispecchia anch’essa la semplicità degli intenti. Per i più curiosi, siamo in tonalità di mi minore, con una sequenza che si ripete per tutta la durata del brano: mim, re, lam, sim. Ma la potenza espressiva qui è talmente forte che questo basta a creare un crescendo emotivo palpabile, dove il cantato si fa sempre più sfogo, liberazione, dove l’arrangiamento si fa più incalzante e presente, dove la melodia che chiude cambia, tocca note sempre più alte e arrabbiate. Fino ad arrivare alla consapevolezza mesta dell’artista che canta a ripetizione “il vaso non è più come prima, non è più come prima, no, non è più come prima”. Non è da tutti riuscire a scrivere a 20 anni una canzone così asciutta e spietatamente saggia. Sarebbe diventata una bella sfida poterla programmare per le radio. Sarebbe stato senza dubbio un singolo atipico, ma di quelli che lo sono talmente tanto che alla fine hanno l’abilità di farsi riconoscere tra mille altre cose, e la testardaggine di farsi largo nel tempo. Io un pensierino ce l’avrei fatto.
Marco Zollo
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