Ritrovamenti: spazio a “Transalcolico” dei Negrita

Ritrovamenti

Le canzoni che sono rimaste nel tempo nonostante non siano state estratte come singoli dai rispettivi album di provenienza. A cura di Marco Zollo

Benvenuti a “Ritrovamenti”, la rubrica dedicata alle canzoni che, pur non avendo rappresentato a livello promozionale un progetto discografico, hanno continuato a vivere nel cuore degli ascoltatori. Ogni settimana, Marco Zollo ci guiderà in un viaggio attraverso melodie e testi mai dimenticati, ma che meritano di essere riscoperti. Oggi parliamo di “Transalcolico” dei Negrita.

Queste perle musicali, raccontano spesso storie profonde e universali, e rappresentano sfaccettature meno conosciute degli artisti di riferimento, al punto da vivere una vita propria. In ogni puntata scopriremo insieme un pezzo del passato che, per qualche motivo, ha saputo sfidare il tempo e trovare una sua dimensione nel presente.

Ritrovamenti: spazio a “Transalcolico” dei Negrita

Chitarre affilatevi! Oggi torniamo al rock. Lo facciamo con i Negrita, band aretina che conosciamo da decenni per essere una delle formazioni live più ribelli e animalesche del panorama musicale nostrano. Ho scelto per l’occasione di farvi riscoprire “Transalcolico”, brano che sicuramente i fan storici avranno già “pogato” mille volte. Speriamo che questa energia sia contenuta anche in “Canzoni per anni spietati”, album di inediti in arrivo tra poco più di due settimane, il 28 marzo.

Nel 1999 i Negrita portano nei negozi “Reset”, quarta fatica discografica che ad oggi è presente al 77° posto della classifica dei 100 migliori album italiani secondo la rivista Rolling Stone Italia. Che dire… Chapeau! Nel 2019, a vent’anni dalla pubblicazione, l’album è stato anche ristampato in edizione speciale CD più vinile 45 giri, una celebrazione dovuta per un lavoro che contiene successi indelebili quali “In ogni atomo” e “Mama Maé”. E proprio lì, tra un successo e l’altro, ecco che ritroviamo anche la traccia numero 7, “Transalcolico”, della durata di 4 minuti e 38 secondi. Troppo lunga per essere un singolo? Per gli standard dell’epoca certamente no. La stessa “Mama Maé” arriva a cinque minuti abbondanti.

Parliamo di un pezzo ruvido, dissacrante, immediato, con un ritornello dalle poche parole ma cantate a effetto: “Transalcolico, viaggio cosmico. Puoi cercarmi lì quando sono così, quando sono così.”. Viaggio cosmico, abbiamo detto. Certo, non sarebbe nemmeno necessario spiegare di cosa si occupa questo testo, e non è facile nemmeno spiegare quale sia l’intento finale se non raccontare una storia. Una storia controversa con l’alcol, fatta comunque di atti di coscienza, autoironia, provocazione, lucidità. Sì, sembrerà strano ma qui la lucidità è quella di una persona consapevole delle proprie fragilità, e alla fine avere la sfrontatezza di esporsi al mondo è un atto di coraggio, una sfida con se stessi. Il rock è da sempre una sfida, una stoccata contro i perbenisti. È un segno di ribellione, un ottimo escamotage per ridestare le menti in dormiveglia.

Con i Negrita e non solo con loro (si pensi ai Måneskin, agli Afterhours, a Vasco, ai Litfiba…), io vedo il rock non come un punto di arrivo, non come un’ammissione di compiutezza, ma come un mezzo, un veicolo di sentimenti contrastanti e colmi di riscatto sociale. Nella poetica del rock non c’è moralismo, e nessuno si sente appagato. E forse è questa la caratteristica che la rende capace di attrarre le masse, perché in tanti si sentono coinvolti, ognuno con i propri disagi quotidiani. “Io bevo per dimenticare. Bevo per non stare male. Bevo che così mi drogo, bevo tutto quel che trovo. Bevo che non mi fa niente. Bevo come un deficiente. Bevo, cosa c’è che non va? Bevo eppure sono qua.”. Dunque, è una prova di resistenza ai dolori della vita? Direi che non ci siano dubbi.

Scritta in tonalità di Fa diesis minore, la canzone ha uno svolgimento volutamente monocorde ma sufficientemente incalzante e martellante. È la classica costruzione dove a primeggiare c’è il carisma del frontman, Pau (nel privato Paolo Bruni), la determinazione dei riff chitarristici di Drigo (Enrico Salvi), nonché la potenza ritmica dell’anche lui chitarrista Cesare Petricich, per tutti noto come Mac. In particolare la voce nelle strofe è “effettata”, ovvero modificata tramite effetti elettronici; in questo caso l’effetto è quello di un megafono in lontananza, un po’ come a voler confondere e incuriosire l’ascoltatore, un po’ come a far risaltare la sporcizia nascosta tra i fantasmi delle nostre esistenze. Sì, quando gli effetti sono pensati bene, non si può che lodare gli intenti, ammesso che siano veramente quelli gli intenti. Però funziona, e questo basta a promuovere e comprendere l’importanza che “Transalcolico” si è guadagnata negli anni.

Il pezzo oggi si attesta ben oltre la soglia dei 900mila stream su Spotify, registrando diverse migliaia di ascolti anche su YouTube. Non è finita qui: se si vanno a spulciare le ultime scalette del gruppo di “Rotolando verso sud”, si scopre che il pezzo continua saldamente ad essere riproposto live. Ciò è accaduto anche per il concerto che è stato organizzato a fine settembre 2024 per il trentesimo anniversario della nascita dei Negrita, evento tenuto all’Unipol Forum di Milano (ex Mediolanum), davanti a più di 10mila spettatori. Il brano piace, eccome se piace. È divenuto storico senza alcun supporto mediatico. O meglio: attraverso il migliore supporto mediatico per un musicista, il pubblico. “E credo che ognuno ha una misura, e non sarà mai una censura in grado di poter stabilire cosa è bene e cosa è male.”: i versi a mio giudizio più liberatori li ho voluti lasciare in fondo. Non ci sarebbero state altre parole per concludere il concept. Bene così. Alla prossima.

Scritto da Marco Zollo
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