Ritrovamenti: speciale Sanremo 2014

Ritrovamenti

Le canzoni che sono rimaste nel tempo nonostante non siano state estratte come singoli dai rispettivi album di provenienza. Oggi parliamo della doppia esecuzione di Sanremo 2014, tra brani che sono rimasti e altri che andrebbero riscoperti. A cura di Marco Zollo

Benvenuti a “Ritrovamenti”, la rubrica dedicata alle canzoni che, pur non avendo rappresentato a livello promozionale un progetto discografico, hanno continuato a vivere nel cuore degli ascoltatori. Ogni settimana, Marco Zollo ci guiderà in un viaggio attraverso melodie e testi mai dimenticati, ma che meritano di essere riscoperti. In questo appuntamento parleremo di Sanremo 2014.

Queste perle musicali, raccontano spesso storie profonde e universali, e rappresentano sfaccettature meno conosciute degli artisti di riferimento, al punto da vivere una vita propria. In ogni puntata scopriremo insieme un pezzo del passato che, per qualche motivo, ha saputo sfidare il tempo e trovare una sua dimensione nel presente.

Ritrovamenti: speciale Sanremo 2014

C’è ancora l’onda di un mare mosso chiamato Festival, e quindi oggi parliamo del Sanremo 2014. Pronti? OK. Nello scorso numero di Ritrovamenti abbiamo ridato luce ai pezzi cosiddetti “secondari” che hanno caratterizzato la kermesse l’anno prima, quei brani cioè che non sono arrivati alla finalissima.

Ricapitolando, nel 2013 e nel 2014 la direzione artistica, composta da Fabio Fazio (conduttore dell’evento assieme a Luciana Littizzetto), Mauro Pagani, Claudio Fasulo, Michele Serra, Pietro Galeotti, Francesco Piccolo, Marco Posani (sostituito nel 2014 da Stefano Senardi) e Massimo Martelli aveva deciso di ammettere nella categoria principale 14 progetti artistici con due canzoni ciascuno, ma solo una di queste sarebbe passata al turno conclusivo della manifestazione.

Nel 2014, mentre tra le Nuove Proposte svettava il nome di Rocco Hunt che vinceva con “Nu juorno buono”, i partecipanti della sezione big erano Giusy Ferreri, Frankie Hi-NRG MC, Ron, Arisa, Giuliano Palma, Raphael Gualazzi con The Bloody Beetroots, Riccardo Sinigallia (escluso in corsa per aver violato il regolamento), Noemi, Antonella Ruggiero, Renzo Rubino, Francesco Renga, i Perturbazione, Cristiano De André e Francesco Sarcina (da solista, senza Le Vibrazioni).

Lo diciamo subito: il brano non finalista che ha fatto più strada nel tempo è di Renga ed è intitolato “A un isolato da te” (autore unico Roberto Casalino), che ha totalizzato la bellezza di 5.604.000 Mln di ascolti su Spotify e ben 16,2 Mln su YouTube, oltre ad aver ricevuto di gran lunga i maggiori passaggi radio se confrontato con tutti i brani non finalisti; l’artista comunque si è attestato 4° in classifica con un’altra “bomba a mano” composta interamente da Elisa, “Vivendo adesso”, riscuotendo un successo popolare talmente trascinante da essere considerata da molti vincitrice morale del Festival.

Gli altri brani non finalisti si attestano tutti sotto i 500mila stream su Spotify e con bassi riscontri radio, non lasciando perciò particolari segni di rivincita. Un peccato? Fatta eccezione per Sinigallia, che nonostante tutto e a mio giudizio avrebbe avuto nel complesso le canzoni migliori, “Prima di andare via” e “Una rigenerazione” (scritte con Filippo Gatti, ex componente degli Elettrojoyce), penso di no. Niente mi fa dire che siamo di fronte a potenziali inespressi.

Gualazzi e The Bloody Beetroots si presentavano a Sanremo 2014 con questa veste a tratti criptica e indefinita con “Liberi o no” (2° posto) e “Tanto ci sei”, cofirmata con Sangiorgi dei Negramaro. “Sing in the rain” era il singolo di Ron, mentre “Un abbraccio unico” è stato il brano semifinalista. Senza infamia e senza lode. Stesso discorso anche per “Così lontano” e “Un bacio crudele” di Giuliano Palma (l’ultimo scritto con Cristiano Valli e Fabio Merigo), “Da lontano” e “Quando balliamo” di Antonella Ruggiero (firmati assieme a Simone Lenzi e Roberto Colombo), e “Nel tuo sorriso” e “In questa città” di Sarcina.

Al terzo posto in quell’edizione si piazzò un insospettabile Renzo Rubino con un crescente “Ora”, brano preferito a “Per sempre e poi basta”, scritti entrambi con Andrea Rodini. E ancora Cristiano De André che ottenne il Premio della Critica Mia Martini con “Il cielo è vuoto” (7° posto), canzone che ha avuto la meglio su “Invisibili”, scritto con Fabio Ferraboschi.

“Pedala”, che poi sarebbe divenuta sigla ufficiale del Giro d’Italia per un paio d’anni, è il singolo di buon successo mediatico di Frankie Hi-NRG, scelto per la finalissima a danno di “Un uomo è vivo”, composto con la collaborazione di Leonardo Beccafichi e Carolina Galbignani, una delle poche donne autrici di quel Festival.

Saverio Lanza e Cristina Donà… Un’altra autrice? Sì, ma non ci prendiamo gusto che è l’ultima donna che possiamo vedere da qui. Dicevamo, Lanza e Donà firmano con Arisa “Lentamente (il primo che passa”, brano ampiamente oscurato da “Controvento” (Giuseppe Anastasi l’autore), andato fortissimo nelle radio e vincitore del primo premio assoluto della kermesse.

Più che dignitoso è stato il rapporto con le radio che hanno avuto al loro esordio all’Ariston anche i Perturbazione con “L’unica” (6° posto); l’altro brano presentato in gara dalla band di Tommaso Cerasuolo è stato “L’Italia vista dal bar”, nettamente inferiore in termini di gradimento e a tutti gli effetti fuori dal circuito radiofonico.

Sorte simile per i pezzi scelti da Giusy Ferreri: “Ti porto a cena con me”, nono posto in classifica e ottimo risultato nell’airplay, è il brano che ha scalzato “L’amore possiede il bene” di Roberto Casalino e Niccolò Verrienti. E Noemi? La “Rossa” di Roma si è data a due canzoni che non avrebbero fatto sfraceli (col senno di poi nell’album “Made in London” ci sarebbero state chicche più azzeccate); fatto sta che “Bagnati dal sole” il quinto posto a Sanremo se l’è conquistato, ma niente ha potuto “Un uomo è un albero” scritta con Diego Mancino e Dario Faini (Dardust), peraltro mai proposta ai network come singolo ufficiale.

Scritto da Marco Zollo
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