A tu per tu con il cantautore romano, in uscita a partire da venerdì 3 giugno con il singolo “L’ultima“
A un anno e mezzo di distanza dalla nostra precedente intervista, ritroviamo con piacere Roberto Casalino per parlare del suo nuovo singolo “L’ultima“, disponibile in radio e sulle piattaforme digitali dal 3 giugno. Una canzone da moderno songwriter con scrittura e melodie che uniscono la contemporaneità del cantautorato odierno alla tradizione della scena musicale romana di inizio anni duemila.
Ciao Roberto, bentrovato. Partiamo da “L’ultima”, quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase di composizione di questa canzone?
«La canzone è nata qualche anno fa, in un momento particolarmente buio per me, ragion per cui all’inizio aveva un taglio molto incentrato sul dolore. Poi, dopo la pandemia, mi è capitato di riprendere la canzone, ma non mi ritrovavo più in quella fase così scura. Mi sentivo in qualche modo rinato, così ho buttato giù questo nuovo ritornello, sulla spinta dell’entusiasmo del periodo che sto vivendo. Alla fine mi è piaciuta molto questa contrapposizione tra strofe ed inciso, questa riflessione sul fatto che siamo proprio noi a decidere il come e il quando delle cose».
Credi che riuscire a perdonare e a perdonarsi sia il primo passo verso questo tipo di consapevolezza?
«Assolutamente sì, ho imparato l’arte del perdono, più che altro da un punto di vista egoistico mi sono reso conto che se non perdono il torto subito non riesco ad andare avanti e, di conseguenza, resto sempre legato al passato. Al contrario perdonando l’altro, accettandolo nelle sue mancanze e nelle sue debolezze, in realtà ti concedi l’opportunità di chiudere definitivamente quel capitolo. Detto questo, non vuol dire che tu accetti il male che ti è stato fatto, quello chiaramente lo prendi e ne fai tesoro per la volta successiva. Però, in qualche modo, portare rancore è soltanto un dispendio di energie e io da un pò di anni a questa parte ho deciso che le energie vanno direzionate verso le cose importanti».
A livello musicale, le sonorità sono contemporanee e cariche di energia, quasi a voler rimarcare con forza il messaggio. Che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound?
«Guarda c’è stato un lavoro molto meticoloso insieme a Nicco Verrienti che ha arrangiato il brano con me. Abbiamo lavorato per cinque giorni sulla scelta del rullante, un po’ una follia, ma per una canzone dove la ritmica è fondamentale credo sia importante dare la giusta importanza alle parole. S è trattato anche di una specie di ritorno a quelle che sono state inizialmente le mie influenze musicali, perché comunque sono cresciuto a Roma nell’epoca d’oro del cantautorato romano: da Senigallia a Zampaglione, passando per Fabi, Silvestri, Gazzè e molti atri ancora. Quindi, è venuto naturale orientarsi vero su quel tipo di sound».
Per concludere, il prossimo 16 luglio sarai protagonista del concerto evento “Il Fabbricante di Ricordi Live” al Teatro Spazio Vitale di Nettuno. Cosa ti è più mancato della dimensione dal vivo?
«Quello che più mi è mancato è sicuramente il contatto con la gente, ma in realtà anche l’adrenalina che provi nel momento in cui metti in piedi uno spettacolo. Un’agitazione che non ti fa dormire la notte e trascorri le ore a progettare qualcosa. Il pubblico stesso ha bisogno di questa linfa e ha bisogno dei live, gli stessi che in questi anni sono stati molto meno frequenti. Per l’evento del 16 luglio, in questo teatro all’aperto con oltre 900 persone, porterò in scena quello che in parte è stato il mio concerto all’Auditorium del 2019, dove avevo avuto un grande corpo di ballo di trenta elementi. Quindi, ci saranno i performer capitanati da Luca Di Dicolantonio che fa da regista, una band al completo e ci saranno tante sorprese da parte di ospiti che annunceremo nelle prossime settimane».
Nico Donvito
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