Rocco Hunt: “Torno alle origini esplorando le mie radici” – INTERVISTA

Rocco Hunt

A tu per tu con Rocco Hunt per parlare del nuovo disco “Ragazzo di giù”, fuori per Epic Records / Sony Music Italy da venerdì 25 aprile. La nostra intervista all’artista campano

A pochi giorni dall’uscita di “Ragazzo di giù”, abbiamo incontrato Rocco Hunt per questa intervista volta a raccontare questo suo nuovo album, il sesto in carriera se non consideriamo i mixtape e le riedizioni. Un disco fortemente indennitario, che rappresenta se stesso e sicuramente anche tante altre persone che hanno vissuto esperienze simili.

Oltre a “Mille vote ancora”, presentato in gara a Sanremo 2025, l’album vanta le collaborazioni con Gigi D’Alessio, Irama, Baby Gang, Massimo Pericolo e Clementino, segno della sua trasversalità artistica. Si alternano così liriche crude e autentiche a pezzi più melodici e riflessivi, i cui testi esplorano temi centrali per l’artista: la vita nei quartieri popolari, il riscatto personale, l’amore, il senso di appartenenza e le ambizioni di chi cresce in un contesto spesso marginalizzato. 

Rocco Hunt presenta il nuovo disco “Ragazzo di giù”, l’intervista

Come ti sei approcciato a questo lavoro, da quali intuizioni sei partito e come si è sviluppato il processo creativo?

«Sicuramente è un album che viene dopo un certo tipo di percorso artistico, attraverso il pezzo di Sanremo volevo anche ritornare un po’ alle mie radici, alle mie origini, a ciò che è un po’ sempre il mio tessuto musicale. In questi termini, diciamo che quest’album rappresenta il viaggio, il viaggio per tornare a casa, anche musicalmente parlando».

Era più forte in te il desiderio di raccontare cose che non avevi ancora avuto modo di affrontare, oppure rimarcare determinati concetti espressi in passato, magari con una maturità diversa?

«Ho semplicemente una nuova evoluzione, restando fedele a ciò che magari sono stato io in passato. Questo ritorno alle mie radici, a ciò che avevo fatto nei primi album, il tutto unito a qualcosa di nuovo attraverso i miei brani. È chiaro che, dopo aver allargato tanto negli ultimi anni con i singoli che magari mi hanno portato anche a sperimentare nuovi generi, avevo voglia di tornare a fare ciò che mi piace fare davvero».

Nella traccia che da il titolo all’album dici: “L’ambizione è la croce che porta sul collo ogni ragazzo di giù”. Questo desiderio di riscatto, come si è evoluto per te nel tempo?

«Devo dire che è la cosa che mi mantiene in vita, perché mi ha spinto a fare sempre di più, a non sentirmi mai contento, a non sentirmi mai arrivato in tutto ciò che faccio. Dopo che raggiungo un risultato penso già a quello dopo. Quando vieni dal niente, è un riflesso incondizionato che non abbandonerei mai, ma lo terrai sempre con te. Questo mi ha spinto a non mollare mai e continuerò sempre a farlo».

Per questo disco hai collaborato con diversi colleghi, artisti anche molto diversi tra loro, da Gigi D’Alessio a Massimo Pericolo e Baby Gang. Cito anche Irama, Clementino e Olly con cui hai firmato “Domani chissà”. Quali punti di contatto hai trovato con tutti loro?

«Queste collaborazioni sono nate tutte in maniera spontanea, in maniera umana e organica, proprio per questo ho scelto di fare musica con questi artisti. Per me è fondamentale il rapporto, affinché ogni collaborazione sia naturale e mai architettata, altrimenti lascerebbe il tempo che trova. Con tutti questi colleghi mi accomuna la naturalezza e la spontaneità».

Sei reduce dal tuo terzo Festival di Sanremo con “Mille vote ancora”, qual è il tuo personale bilancio di questa esperienza a più di due mesi dalla conclusione?

«È stata un’esperienza che mi ha lasciato tanto dal punto di vista professionale e umano. Ritornavo a Sanremo dopo tanto tempo, con una determinata scelta ben precisa per quanto riguarda il brano, che puntava tanto a restare fedele a ciò che sono stato. Se avessi voluto fare un altro Sanremo, lo avrei fatto con un brano diverso, magari più leggero, più fruibile da tutti. Per me il ritorno al Festival doveva rappresentare il giusto lancio anche per questo album, che è molto identitario e molto personale».

Per concludere, a proposito di bilanci, c’è una canzone di questo disco che rappresenta un po’ una riflessione sulla tua vita e sul tuo percorso, che è “Primm’ de 30”, dove racconti che in passato c’è stato un periodo in cui pensavi che la tua musica sarebbe stata solo una moda passeggera. Cosa te lo ha fatto credere e a cosa ti ha permesso di dimostrare l’esatto contrario?

«Quando riesci a spaccare subito con un singolo o con un album, è naturale che la gente pensi che possa essere una roba passeggera, una qualcosa che non costruisce niente. Fin da subito, invece, il mio obiettivo è stato proprio quello di cercare di far sì che il mio percorso fosse vero, autentico. Così mi ha sempre spinto la voglia di mettermi in gioco, di sperimentare e di crescere. Nient’altro che questo».

Scritto da Nico Donvito
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