Rondine: “In musica è fondamentale la consapevolezza” – INTERVISTA

A tu per tu con Rondine per parlare del omonimo disco d’esordio, fuori dallo scorso venerdì 4 aprile. La nostra intervista al giovane cantautore romano
Si intitola semplicemente “Rondine” il primo album del giovane cantautore romano, classe 2005, all’anagrafe Tommaso Santoni. In questa intervista ci ha raccontato della genesi e del processo di creazione di questo suo biglietto da visita discografico che lo ha visto collaborare con diversi produttori, da Marco Paganelli a Gianmarco Grande, passando per Kyv, Matteo Milita, Marta Venturini e Dema.
Dodici le tracce in scaletta, impreziosite dalle collaborazioni con: Mazzariello, Mew, Enrico Nigiotti, Quentin40 e Tancredi. Ecco cosa ci ha raccontato il giovane Rondine alla vigilia dell’uscita.
Rondine racconta il suo primo omonimo disco, l’intervista
Qual è il messaggio più urgente che vorresti far arrivare a chi lo ascolta?
«Questo non è un concept album, quindi non c’è il filo conduttore di un unico pensiero. Sono più frammenti e pensieri sviluppati nell’ultimo anno e mezzo. Si tratta di istantanee di vari momenti della mia vita, e mi sembrava il momento giusto per racchiudere tutto questo all’interno di un progetto».
Dal punto di vista musicale, invece, che tipo di lavoro c’è stato in studio dietro la costruzione del sound di questo disco?
«I miei brani nascono praticamente tutti nascono dalla mia cameretta, con Matteo Milita che è il mio produttore e compositore di tutti i brani del disco. Insieme abbiamo fatto una ricerca armonica, scartando anche dei pezzi, come è giusto che sia quando si intende realizzare un album. Alla fine abbiamo anche tenuto da parte diverse cartucce, che speriamo di sparare in futuro. In questi anni ho scritto tantissimo e, dal punto di vista del sound, abbiamo provato a uscire dalle nostre zone di comfort, per non correre il rischio di fare sempre la stessa canzone».
La tua Roma è molto presente nel disco, il pezzo con Quentin40 è fortissimo. Quanto la tua città ti influenza come artista e quanto ha contato la scuola romana nella tua formazione?
«Roma per me è veramente importante, ci vivo da sempre e sono andato a scuola in un liceo classico in centro, quindi ho respirato un po’ quell’aria creativa. È una città estremamente romantica che, vuoi o non vuoi, comunque ti suggestiona e ti smuove qualcosa dentro. La scuola romana dei vari Silvestri, Fabbi, Gazzè, piuttosto che Franco 126 per citare artisti più giovani, ha sicuramente influenzato in maniera indiretta, perché quella musica la si respira nell’aria».
Un altro pezzo che mi ha colpito è “Fermare l’età”. Com’è stato lavorare con Enrico Nigiotti e cosa vi siete trasmessi l’un l’altro?
«Quel brano ha rappresentato la mia “notte prima degli esami”, perché è uscito appunto a giugno scorso, una settimana prima che vi facessi la maturità. E tra l’altro il videoclip è girato nel cortile della mia scuola, quindi è stato un momento molto emozionante coronato dal fatto che ha partecipato al brano Enrico. Avevo scritto questo brano che racconta del non voler diventare grandi, della paura del futuro e mi sembrava bello bilanciare la mia voce con quella di una persona più grande di me. Così mi è subito venuto in mente Enrico, gli abbiamo mandato il pezzo, tempo una sera ci hanno mandato la sua strofa ed è stato un colpo al cuore».
Nel disco sono presenti anche Mew, Tancredi e Mazzariello. Come sono nate queste collaborazioni?
«Con Mew è nata un’affinità veramente speciale in studio, abbiamo scritto insieme vari brani anche per lei e sono veramente felice che la sua voce faccia parte di questo mio primo album, perché è dotata di un profondità veramente rara. Quella con Mazzariello è stata la prima collaborazione nata per questo progetto, aveva questo brano nel cassetto ormai da qualche mese e finalmente è arrivato il momento di farlo uscire. Tancredi invece è stato l’ultima con cui ho inciso il pezzo, ci eravamo detti più volte di vederci in studio, dopo esserci incrociati in altre occasioni. Sono contento che ciascuno di loro, compreso Quentin ed Enrico, facciano parte sia del disco che della mia vita».
Pensi che la tua musica possa rappresentare un ponte tra le generazioni e avvicinare sia i ragazzi di ieri che quelli di oggi?
«Lo spero, poi chiaramente io parlo di me e racconto un po’ la mia visione del mondo. Sto vedendo che comunque i ragazzi della metà si ritrovano in quello che scrivo e canto, di questo sono molto felice. Però dall’altra parte, sì, credo che comunque nel momento in cui si va a parlare di argomenti alla fine trasversali, e se vogliamo anche ciclici, ci si possano rivedere anche persone più grandi di me».
Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver imparato dalla musica finora?
«Credo la consapevolezza, soprattutto adesso che sta per uscire il disco mi sto rendendo conto di come sia molto importante sentirsi consapevoli sia dei propri mezzi che dei propri limiti, inteso come tutto quello che si può migliorare. Bisogna cercare di essere sempre lucidi sulla visione della propria produzione musicale, per capire gli aspetti da perfezionare e le cose su cui spingere».