A tu per tu con la nota interprete, fuori con il suo nuovo singolo “Non si pesa in grammi l’anima“
Guai a perdere interesse nei confronti delle proprie passioni, ne sa qualcosa Rosanna Fratello, artista che proprio quest’anno celebra i suoi cinquant’anni di carriera musicale, conservando lo spirito e l’entusiasmo di una ragazzina. “Non si pesa in grammi l’anima” è il titolo del suo nuovo singolo, firmato da Bobby Solo, Francesco Morettini e Nartico, un pezzo che rappresenta appieno lo stato d’animo di una donna che non ha perso la sua grande voglia di vivere, la forza nell’affrontare le situazioni di petto, nonostante le difficoltà e lo scorrere degli anni. Il brano, prodotto da Pasquale Scilanga per l’etichetta Clodio Music, anticipa l’uscita del suo nuovo album prevista per il prossimo autunno.
Ciao Rosanna, partiamo da “Non si pesa in grammi l’anima”, che sapore ha per te questo nuovo singolo?
«Un sapore molto speciale perché è il primo tassello di un album che celebra i miei cinquant’anni di carriera, in uscita il prossimo ottobre. E’ un brano molto interessante perché, sin dal titolo, esprime una grande voglia di vivere, il desiderio di affrontare sempre le cose con entusiasmo, nonostante gli anni passino».
Seguire sempre in cuore e non arrendersi dinnanzi alle difficoltà, in un’epoca in cui spesso con le canzoni vengono distribuiti messaggi sbagliati, quanto sono importanti certi contenuti?
«E’ importantissimo perché dobbiamo smetterla di dare messaggi sbagliati, che ci portano a conseguenze non belle, perché i giovani sono molto influenzabili, per cui dobbiamo cercare di farli ragionare, le cose semplici sono quelle più belle da vivere. Il Signore ci ha dato la vita e dobbiamo godercela in maniera corretta, senza lasciarci prendere da indicazioni che non stanno né in cielo né in terra».
A livello musicale, invece, come siete riusciti ad equilibrare ritmo e melodia e quali sonorità avete voluto abbracciare?
«Sono un po’ tornata indietro nel tempo, non all’inizio della mia carriera, piuttosto ai primi anni ’80 quando ho iniziato a lavorare con Cristiano Malgioglio, che mi ha portato su un genere di questo tipo, penso a “Schiaffo”, “Se t’amo t’amo” o “La carovana”, brani ritmicamente diversi da quelli che facevo prima, con dei testi leggeri e più al femminile, con meno costrizioni rispetto a quando ero più giovane. All’inizio della propria carriera è anche normale avere delle indicazioni, con il passare degli anni cresci e scopri chi sei e cosa vuoi fare veramente».
Esattamente cinquant’anni fa hai debuttato al Festival di Sanremo con il brano “Il treno”, cosa ricordi di quell’esperienza?
«Ricordo da parte mia una totale incoscienza, avevo diciotto anni, oltre che un grande kermesse con nomi importanti. Un inizio di carriera davvero strepitoso, era davvero il Festival della canzone italiana, adesso non lo chiamerei più così, bensì lo show di Sanremo, non c’è più lo stesso spirito a mio avviso».
Al Festival sei tornata altre cinque volte da solista e una volta con la Squadra Italia. A quale annata sei particolarmente più legata?
«Direi a tutte, perché non mi sono mai presentata con le classiche canzoni “sanremesi”. Mi viene in mente “Amsterdam”, in quell’occasione nella mia performance era previso un balletto dove c’era anche Gianni Brezza, il marito della Goggi, per me è stata un’esibizione molto speciale, fuori dai canoni del Festival. A me Sanremo ha dato molto, nel ’75 sono arrivata addirittura seconda, in un’edizione in cui nessuno voleva partecipare alla gara per non rischiare. In mezzo a tanti emergenti mi è andata bene, perché i giovani molto spesso vincono sui nomi più conosciuti, perché rappresentano la novità».
Sanremo a parte, hai partecipato a numerose altre manifestazioni in voga all’epoca e che, ahimè, non esistono più. Credi che i giovani, oggi, abbiano più o meno possibilità per esprimere la propria musica?
«Secondo me i giovani non hanno grandi possibilità, certe trasmissioni impongono di fare come chiedono loro, a discapito della personalità che non riesce a venire fuori ed è quella che ti permette di durare nel tempo. I ragazzi di oggi hanno meno fortuna di noi perché sono gestiti da altri, non riescono a coltivare la propria identità e rischiano di bruciarsi perché hanno troppe persone attorno che gli dicono cosa e come cantare, come vestirsi e cosa dire, senza assecondare la loro indole».
A tal proposito, ma è vero che non volevi cantare “Sono una donna, non sono una santa”?
«E’ verissimo, non volevo cantare questa canzone perché pensavo che nel tempo sarebbe risultata datata, ma non è stato così, perché è diventato un vero e proprio evergreen. Addirittura Daniela Santanchè l’ha usato come titolo ad un suo libro, Alba Parietti cita questa canzone ogni qualvolta l’attaccano o dicono qualcosa contro le donne, addirittura Silvio Berlusconi ha detto “Sono un uomo, non sono un santo”. Ecco, oggi devo proprio dire che mi sbagliavo, grazie a questo brano sono arrivata ai miei cinquant’anni di carriera».
E’ stata Mara Maionchi a convincerti, giusto?
«Esatto, Mara mi diceva sempre “guarda che se non canti questa canzone non arrivi da nessuna parte”, parole drastiche ma lei è sempre stata una donna diretta. Più che un imporre è stato un consiglio, per tornare a quello che dicevamo prima, oggi mancano questo tipo di figure professionali e di persone che vogliono davvero bene alla musica, che amano il proprio mestiere e non mettono davanti altri interessi. Dovrò sempre ringraziare Mara, perché questa canzone non finirà mai, tanto è vero che stiamo lavorando ad una nuova e moderna versione che uscirà nei prossimi mesi. E’ una canzone che si adatta a tutti, non solo alle donne, perché alla fine neanche l’uomo è un santo (ride, ndr)».
Dopo aver ripercorso alcune delle tappe della tua carriera ti chiedo: Chi è oggi Rosanna Fratello, se ti guardi allo specchio che immagine vedi?
«E’ una donna che ha vissuto tante cose belle, anche soffrendo, se devo fare un bilancio mi ritengo davvero soddisfatta, rifarei tutto, sia gli errori che le cose buone che ho realizzato. Ho avuto davvero tutto dalla vita, mi manca solo un musical».
Per concludere, qual è l’insegnamento più grande, la lezione più importante che senti di aver appreso dalla musica in questi cinquant’anni di attività?
«Tirarsi su le maniche e ricominciare sempre da capo, perché non bisogna mai sentirti arrivati, hai sempre qualcosa di nuovo da imparare, la vita è fatta così, la dobbiamo prendere per come viene, perché è bella e va vissuta in tutti i modi».
Nico Donvito
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