A tu per tu con la band bolognese, in uscita con il loro secondo album intitolato “Dalla Terra a Marte“
A due anni e mezzo di distanza dalla nostra precedente chiacchierata, ritroviamo con piacere i Rovere per parlare del loro nuovo progetto discografico “Dalla Terra a Marte“, pubblicato lo scorso 18 febbraio. Approfondiamo la loro conoscenza.
Ciao ragazzi, bentrovati. Partiamo da “Dalla Terra a Marte”, come si è svolto il processo creativo di questo lavoro?
«Il processo di creazione è stato molto arzigogolato, abbiamo iniziato a scrivere questo disco diverso tempo fa, addirittura una delle canzoni presenti in scaletta risale al 2016. La lavorazione vera e propria è partita in concomitanza con il primo lockdown, a inizio 2020, quando ci siamo ritrovati per la prima volta a comporre a distanza. Una volta trovati in studio è iniziato questo viaggio, ispirato dalla voglia di allontanarci dai problemi, cercando di intravedere una nuova prospettiva. Ogni partenza e ogni arrivo sono, poi, la scusa per progettare un nuovo itinerario».
Qualche anno fa Caparezza cantava che “il secondo album è sempre quello più difficile nella carriera di un artista”, siete d’accordo con lui?
«Assolutamente sì. Per il primo disco c’erano zero aspettative, anzi ci siamo sorpresi di come sia andato. In questo secondo lavoro abbiamo voluto noi stessi alzare l’asticella, abbiamo anche sentito un po’ l’importanza nei confronti del nostro team, ma anche del nostro pubblico. L’obiettivo era quello di realizzare un progetto che fosse onesto e sincero, in linea con quello che siamo diventati oggi».
Quali skills, quali abilità sentite di aver acquisito in questi tre anni, rispetto al vostro album d’esordio “Disponibile anche in mogano”?
«Una cosa che abbiamo sicuramente imparato dalla situazione che abbiamo vissuto è la capacità di lavorare anche da soli, perché in precedenza avevamo sempre scritto tutti insieme, mentre questo disco ci ha visti separati a comporre nell’intimità delle nostre rispettive camerette. Ognuno di noi si è messo in gioco da solo, il confronto collettivo è arrivato in un secondo momento. Indubbiamente è stata molto utile l’esperienza accumulata dal vivo, fino ad oggi abbiamo realizzato più di cinquanta live e questa è stata sicuramente per noi una bella palestra».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche vi rendono orgogliosi di un disco come “Dalla Terra a Marte”?
«La coerenza che viene fuori riascoltato in sequenza il nostro primo lavoro e questo album, ma anche la crescita che c’è stata. L’obiettivo di ogni essere umano è quello di lavorare per potersi migliorare e possiamo ritenerci soddisfatti della nostra evoluzione. Questo disco è una fotografia molto coerente di quello che abbiamo passato in questi anni. Ogni canzone è legata a un ricordo, un momento, una tappa di questo fantastico viaggio».
Nico Donvito
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