lunedì 7 Ottobre 2024

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Sabù Alaimo: “Fotografo il nostro tempo e l’attuale generazione digitale” – INTERVISTA

A tu per tu con il cantautore siciliano, fuori con il singolo “Sgomito” estratto da “Generazione digitale

Si intitola “Generazione digitale” il nuovo album di Salvatore Alaimo, in arte Sabù Alaimo, che raccoglie i suoi personali scatti di vita, rigorosamente senza filtri. “Sgomito” è il titolo dell’ultimo singolo estratto, che racconta uno spaccato generazionale fatto di sensazioni e suggestioni che si provano durante il periodo universitario e postuniversitario. Approfondiamo la sua conoscenza.

Ciao Salvatore, “Generazione digitale” è il tuo nuovo album, cosa racconta?

«Con “Generazione digitale”, attraverso le mie storie, “fotografo” (a mio modo) il nostro tempo, cercando di imprimere sulla “pellicola” perfino i respiri, la rabbia, le disillusioni, l’amore, la trasgressione e i sogni della cosiddetta generazione del digitale. Dieci canzoni senza filtri, autentiche, pregne di vita. Ho cercato di evidenziare la sana decadenza del periodo che stiamo vivendo, questa mi affascina perchè mette a fuoco le debolezze dell’uomo, quindi anche le mie; la musica che compongo è anche un modo per esorcizzare le mie stesse paure e le mie debolezze. Nell’album “Generazione digitale” sono io immerso nella contemporaneità, ma potrebbe essere chiunque altro che vive le mie stesse emozioni. Hanno definito il mio disco “maleducato e vero”, penso che sia proprio così».

A livello di sonorità, cosa hai voluto portare con te all’interno di questo progetto?

«I cantautori italiani, il rock, il punk, ma soprattutto il mio modo di fare musica senza guardare tanto ad altri artisti, semplicemente esprimendomi liberamente e dando voce alla mia anima».

“Sgomito” è il singolo scelto per accompagnare l’uscita del disco, a chi è rivolto?

«Per me “Sgomito” rappresenta semplicemente una storia dove al suo interno c’è un po’ di tutto, c’è la vita. Io cerco fondamentalmente di descrivere dei momenti di vita e metterli in musica. È chiaro che in questo brano, più di tutti, possono rivedersi gli universitari che stanno per completare il proprio percorso formativo e si affacciano, con le difficoltà del caso, sul mondo del lavoro». 

Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip?

«I sogni di un’intera generazione che “sgomita” e che per qualche ora va in pausa. Come se la leggerezza di una notte sbronza rappresentasse altro, ovvero qualcosa di più complesso come è la vita e i suoi equilibri fragili, l’amore, le passioni, le paure. Detto cosi può non significare nulla, è necessario guardare il videoclip».

Facciamo un passo indietro, quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?

«Mi sono avvicinato alla musica casualmente, nonostante abbia sempre avuto una forte attrazione verso le canzoni non mi è mai scattata la molla di comprare una chitarra o di scrivere brani. Poi all’età di sedici anni un mio amico mi propose di cantare delle cover in un concerto che si teneva nel mio paese, a me non fregava tanto, accettai solamente per farmi notare dalle ragazze presenti all’evento, ditemi chi non l’ha fatto mai?

L’impatto con il palco fu come sedare i “dolori” della mia anima, come respirare davvero, dopo quella volta non ho più smesso di cantare. Successivamente ho comprato la mia prima chitarra e ho cominciato a studiare tanto, ho inciso il mio primo album molti anni dopo. Le mie prime vere soddisfazioni sono arrivate intorno al 2014 quando, con il singolo “Petrolio”, sono stato tra i finalisti di “Sanremo Nuove Proposte” e nello stesso anno ho aperto dei concerti di Luca Carboni. Insomma, tanta gavetta (non finisce mai) fino alla pubblicazione del mio ultimo album dal titolo “Generazione digitale”». 

 Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato il tuo percorso?

«I cantautori e il rock italiano in genere, ma anche il punk e le bands inglesi».

C’è un incontro che reputi fondamentale per la tua carriera?

«Tutti gli incontri sono stati tanti, uno in particolare mi ha segnato: ho conosciuto Lucio Dalla a Sanremo nel 2009, sono bastati pochi minuti per essere invaso dalla sua grandezza artistica e umana. Una cosa che non potrò mai dimenticare».

A proposito di “Generazione digitale”, qual è il tuo rapporto con i social network?

«Un rapporto relativo alla promozione della mia musica, cerco di documentare costantemente tutto quello che faccio».

Ti senti rappresentato dall’attuale settore discografico?

«Non mi pongo il problema, faccio la mia musica e basta».

Come se la sta passando il cantautorato italiano?

«Ci sono molte realtà in salute, artisti molto seguiti e apprezzati e altri meno, come è normale che sia. In generale non va male, anzi».

Per concludere, dove desideri arrivare con la tua musica?

«Ovviamente desidero arrivare a più persone possibili, la musica, in fondo, viene scritta per gli altri».

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Nico Donvito

Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte del racconto. Nel 2022 ha scritto il libro "Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin" (edito D’idee), seguito da "Canzoni nel cassetto" (edito Volo Libero), impreziosito dalla prefazione di Vincenzo Mollica, scritto a quattro mani con Marco Rettani. L'anno seguente, sempre in coppia con Rettani, firma "Ho vinto il Festival di Sanremo" (edito La Bussola), con introduzione curata da Amadeus e il racconto di trenta vincitori della rassegna canora. Tale opera si è aggiudicata il Premio letterario Gianni Ravera 2024.