Il dado è tratto, il cantautore romano avrà l’onere (più che l’onore) di mettere in piedi la macchina organizzativa del prossimo Festival.
Il detto “squadra che vince non si cambia” dopo tre anni lascia il tempo che trova e spazio alle novità, così (dopo l’abdicazione volontaria di Carlo Conti) arriva la conferma ufficiale della Rai: Claudio Baglioni sarà il capitano della sessantottesima edizione del Festival di Sanremo, in programma dal 6 al 10 febbraio 2018, sia in veste di conduttore che in quella di direttore artistico.
All’indomani dell’attesissimo annuncio, la domanda ricorrente che in molti si pongono è: “ma chi gliel’ha fatto fare?”. I motivi di tale esitazione sono molteplici, tra cui il fattore-tempo dato che Claudio avrà a sua disposizione meno di dieci settimane per comporre il cast dei Big, che verrà annunciato presumibilmente per metà dicembre. La scelta di affidare l’organizzazione a un cantante in attività non convince e desta non poche preoccupazioni, a prescindere dal fatto che si tratti di Baglioni o di un altro nome. Il problema non è di certo la conduzione, in passato tante ugole hanno ricoperto il ruolo di presentatori della kermesse (l’ultimo fu proprio l’altro “capitano coraggioso”, Gianni Morandi, nel biennio 2011-2012), il punto di attenzione è la direzione artistica: il fatto che un cantante debba decretare le sorti discografiche dei suoi colleghi e, di conseguenza, il destino di diverse carriere.
Se la direzione artistica del Festival è quasi sempre stata affidata agli addetti ai lavori, più o meno esperti del settore, un motivo ci sarà. In questo caso, la selezione delle canzoni sarà accompagnata da inevitabili polemiche, molto più che negli anni passati, perché si andrà a trovare il pelo nell’uovo per qualsiasi decisione, si analizzeranno le amicizie e i rapporti professionali con artisti, etichette discografiche, uffici stampa e le società specializzate nella promozione di eventi, insomma: ogni scelta che prenderà Baglioni sarà seguita da una inevitabile discussione. Ricordate Tony Renis? L’edizione da lui organizzata, del 2004, fu la peggiore degli ultimi anni, con le major che boicottarono in massa la manifestazione. Ovviamente, auguriamo sia a Claudio che al Festival un destino migliore, ma permetteteci qualche perplessità, perché far reclutare il cast a uno dei protagonisti della musica leggerà italiana, per giunta ancora attivo disorganicamente, può rappresentare davvero un grosso ostacolo ed innescare una serie di infinite e incresciose dinamiche, chiacchiericci che non giovano alla kermesse canora più amata del nostro Paese.
Difficile prevedere quello che sarà l’orientamento del cantautore di “Questo piccolo grande amore”, che non incarna di certo l’identikit del perfetto direttore artistico, anche se dobbiamo riconoscere e apprezzarne il coraggio nell’accettare la sfida accogliendo questa pesantissima eredità. Il suo compito sarà quello di creare un cast eterogeneo, che accontenti ogni svariato tipo di pubblico, dagli idoli dei giovanissimi ai cosiddetti veterani che, in seguito alle clamorose eliminazioni avvenute nel corso dell’ultima edizione (tra cui ricordiamo Ron, Al Bano Carrisi e Gigi D’Alessio), potrebbero disertare in massa l’annuale appuntamento, a meno che non riesca lui in prima persona, da collega a collega, a garantire loro maggiore tutela attraverso delle opportune e necessarie modifiche al regolamento. Di sicuro, da qui a dicembre, il cellulare di Claudio Baglioni non smetterà mai di squillare. Noi di RecensiamoMusica gli auguriamo di svolgere un buon lavoro… perché ne avrà certamente bisogno.
Nico Donvito
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