giovedì, Marzo 28, 2024

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Sanremo 2020: superstiti e caduti della gara musicale (e non solo)

A due settimane dal Festival chi ha passato indenne la prova della kermesse?

Sanremo è un po’ come la Waterloo della discografia italiana: ci si va per giocarsi tutto e se si vince si ha la possibilità di cambiare letteralmente la storia ma, se si perde, si è forse condannati per sempre all’oblio. Il tutto ed il niente in un solo palcoscenico. Non solo i cantanti in gara ma anche gli ospiti, i duettanti, i conduttori e le conduttrici si mettono alla prova al Teatro Ariston e rischiano esattamente quanto gli altri. E come ogni campo di battaglia che si rispetti anche Sanremo ha i suoi vincitori, i suoi fortunati superstiti e i caduti. Spesso sono molti di più i caduti che i superstiti o i vincitori reali ma questo poco importa a chi scrive le pagine dei libri di storia a posteriori anzi, l’alto numero di caduti serve proprio a legittimare il peso della vittoria dei pochi rimasti.

Ma chi sono stati, dunque, i vincitori reali, i superstiti mal conciati ma comunque vivi ed i caduti che, invece, non hanno superato la prova dell’ultimo Festival di Sanremo 2020?

I VINCITORI:

  • Fiorello. Lo showman siciliano arriva all’Ariston dopo anni in cui professa di non essere all’altezza di un palco simile e di non volersi affatto confrontare con quella dimensione. Negli anni, tuttavia, è stato più volte presente nella cornice sanremese ma mai come quest’anno ne è stato parte fondante ed elemento essenziale nello svolgersi dello show che è tornato ai grandi fasti dei tempi baudiani. Non potrà (forse) presentare le canzoni in gara ma a Sanremo Fiorello ci sta eccome.
  • Francesco Gabbani. Che non abbia vinto è stata un vera e propria benedizione per lui, la sua canzone e la sua carriera e a confermarlo è stato lui stesso che per una settimana non ha fatto che scongiuri. La terza vittoria consecutiva l’avrebbe, probabilmente, marchiato a fuoco come quello che “funziona solo a Sanremo” e, invece, lui ha un estremo bisogno di funzionare anche al di fuori del Teatro Ariston. Ci proverà, ora, con questa canzone totalmente diversa dal suo passato musicale più noto e poi con un album che, si spera, lo affermi definitivamente.
  • Fasma. E’ la vera grande rivelazione del circuito delle Nuove Proposte di quest’anno. Un ragazzo giovane (guarda caso romano) che si è dimostrato in grado di unire tradizione e contemporaneità, un testo sull’amore a due ma anche sulla rabbia giovanile d’oggi, un arrangiamento classico e l’utilizzo sensato ed efficace dei distorsori vocali anche dal vivo. Il pubblico sta dimostrando di amare la sua canzone anche al di fuori del Festival. Ora toccherà a lui confermarsi con dei prodotti di pari qualità per prendere davvero il volo sulla scia di Ultimo.
  • Diodato. Ha vinto il Festival dopo anni di canzoni intense ed importanti per il nuovo cantautorato italiano che ha la forza di guardare al passato e confrontarvisi pur senza dimenticare le esigenze del nostro presente musicale e sociale. La sua canzone invita a farsi sentire con educazione e delicatezza non solo nei rapporti a due ma anche nella società di oggi che grida ma non fa sentire il dissenso. Una canzone educata come il suo artista che non punta al tormentone ma alla concretezza.
  • Amadeus. Un Festival dei record televisivi non può che incoronarlo come una grandissima realtà della nostra televisione di cui già da diversi anni ormai fa parte collezionando diversi successi importanti. Vederlo alla guida della nostra più importante realtà televisiva fa pensare che, a volte, i buoni vincono davvero mettendo in campo l’onestà, la serietà e la professionalità. Una vittoria sua, di Fabrizio Frizzi e di tutte le brave persone che abitano la televisione.
  • Elodie. E’ la reginetta dell’edizione grazie ad un look spaziale, un carisma inconfondibile ed una canzone che si rivela centrata al 100%. Mahmood che la scrive si sente e le dona tutto il suo perchè ma lei ci mette la sua classe ed eleganza nell’interpretarla e nel trasmettere anche la difficoltà tecnica di un brano per nulla semplice da eseguire anche se spiccatamente radiofonico e contemporaneo. Un esempio di come per essere attuali non sia per forza necessario essere “faciloni”.
  • Le Vibrazioni. Sono stati la sorpresa che nessuno si aspettava grazie ad una canzone sincera, immediata e performata alla grande sul palcoscenico. Il fatto che dopo così tanti anni di carriera si trovino nuovamente sulle scene che contano sta a dimostrare come la loro linfa artistica scorra ancora intatta e possa regalare alla musica italiana ancora diverse soddisfazioni se aiutata da canzoni semplici ma ad effetto.

I SUPERSTITI:

  • Giordana Angi. Arrivava al Festival per dimostrare le sue capacità di cantautrice di spessore pur essendo sempre capace di rivelarsi pop. Ha scritto per l’ultimo album di Tiziano Ferro, lo sta facendo per Laura Pausini oltre che per se stessa e ovunque colleziona successi rivelandosi, ad oggi, una delle pochissime cantautrici donna pop-tradizionale. Sbaglia la canzone proponendo qualcosa di troppo al di sotto delle aspettative e rimandando l’appuntamento ad un atto due che le si augura per prendersi una rivincita.
  • Pinguini Tattici Nucleari. Hanno sfoderato il più probabile e forte tormentone dell’anno, quello che ci porteremo sicuramente fino all’estate grazie all’alta rotazione radiofonica che già è schierata dalla loro parte. Il problema, però, sarà il passo successivo e quello che riusciranno a realizzare dopo perchè lo spettro de Lo Stato Sociale è dietro l’angolo: azzeccare il tormentone sanremese non per forza si traduce, poi, in una fortuna discografica continuativa.
  • Leo Gassmann. Vince le Nuove Proposte (forse a sorpresa) e convince con la sua eleganza, misuratezza ed educazione anche i più scettici. La sua canzone sta, via via, acquisendo consensi e successi ma, anche per lui, la reale portata della vittoria andrà misurata nel tempo verificando se davvero sia riuscito ad imporsi e a ritagliarsi un ruolo tutto suo nel panorama musicale.
  • Levante. Doveva risollevarsi con la partecipazione a questo Festival di Sanremo e, almeno in parte, bisogna dire che ci è sicuramente riuscita tirando fuori un brano che non tradisce le aspettative ed evidenzia la sua identità musicale più vera ed autentica anche a discapito di una “convenienza sanremese”. Viene per questo premiata ed apprezzata ma la sensazione è che debba ancora compiere del tutto il salto vero di qualità (o di quantità).
  • Rancore. Condannato dal primo ascolto risale, serata dopo serata, la classifica con un brano ipnotico che dimostra tutta la sua dimestichezza con l’uso della parola e del suo magnifico intrecciarsi creativo. La produzione di Dardust mostra ancor di più tutto il talento di questo ragazzo che, negli anni in cui qualsiasi cosa si  rap spopola anche immeritatamente, ci meritiamo per apprezzare davvero questo genere di musica.
  • Enrico Nigiotti. Era uno dei grandi favoriti della vigilia grazie alla bellissima prova emozionale dello scorso anno poi, però, la canzone si è rivelata, forse, più debole del previsto o, più semplicemente, troppo “normale” rispetto al capolavoro precedente. Non tutte le canzoni possono, però, essere dei capolavori. Condannato, quindi, in classifica si sta prendendo ora la rivincita con la canzone che entra in testa a forza di sentirla.

I CADUTI:

  • Anastasio. Uno dei pupilli della stampa ai pre-ascolti si rivela, in realtà, un grandissimo buco nell’acqua con una canzone che parla di se stessi senza, però, mai dimostrarsi a fuoco. Oltre un anno di lavorazione non giustifica un brano dal così scarso appeal rispetto alle cose potenti che Anastasio aveva, in qualche modo, fatto assaporare e pregustare.
  • Morgan. Tutto il caso creatosi con (la complicità di) Bugo è ancora al centro delle cronache di gossip televisivo e l’impressione è che possa rimanerci ancora per un bel po’ diventando il “caso Pamela Prati” dell’anno 2020. Peccato, perchè per Morgan questa era davvero forse l’ultima seria ed autentica possibilità per fare musica sul serio. Ammesso e non concesso che, senza ombra di dubbio, non tutte le colpe di quanto accaduto gli possono essere attribuite.
  • Junior Cally. E’ l’uomo che più ha fatto discutere l’Italia nel pre-Sanremo facendo tremare anche qualche poltrona in parlamento. Poi, con l’inizio del Festival, l’enorme appeal che si era creato su di lui e sulla sua canzone si è inevitabilmente sgonfiato lasciando in evidenza una canzone gradevole, orecchiabile ma non così sentita dal largo pubblico che, forse, ama più di quanto crede “i due Matteo” della politica.
  • Michele Zarrillo. Uno dei grandi big della storia del Festival di Sanremo esce da questa sua nuova partecipazione con le ossa più rotte che mai proprio perchè alla kermesse di quest’anno aveva affidato non poche responsabilità per quel che riguarda la sua carriera musicale. Cerca una svolta nel suo repertorio puntando su di un sound fresco, orecchiabile e radiofonico ma il tentativo non colpisce nel segno costringendolo ad un ruolo di nicchia in quest’edizione.
  • Riki. Arriva a Sanremo dopo aver detto diverse volte che considerava il palco del Teatro Ariston unicamente un tentativo di rilancio discografico per quegli artisti in crisi di vendita. Ci sbarca pure lui e compie un passo falso dietro l’altro pur portando in scena un brano onesto, calato su di lui stesso e sul suo mondo di riferimento. Peccato perchè, a volte, la canzone meriterebbe di essere posta davvero davanti all’artista che la propone.
  • Tiziano Ferro. Era stato annunciato come il grandissimo ospite di quest’anno con il ruolo che negli ultimi anni fu di Claudio Baglioni e cioè quello di cantare a più non posso i propri successi ed alcune cover da condividere con pubblico ed ospiti. Tiziano ne esce, però, con le ossa rotte non cantando mai al cento per cento e passando alla storia del Festival più per l’infelice battuta contro Fiorello che per quanto rimasto di artistico tra le sue performance sul palco.
  • Roberto Benigni. Torna a Sanremo dopo diversi anni e la sua presenza passa sorprendentemente in secondo piano rispetto ai tantissimi elementi di quest’edizione che, probabilmente, hanno creato troppa competizione interna sul piano dello show. Un grande nome internazionale della nostra cultura italiana passa in secondo piano con un monologo che non rende, forse, giustizia al valore di Benigni e alle performance che lui stesso ha proposto negli anni su quel palco.
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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.
Ilario Luisetto
Ilario Luisetto
Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.