giovedì, Aprile 25, 2024

CLASSIFICHE

SUGGERITI

Sanremo 2022, le pagelle delle canzoni in gara

Il primo ascolto non si scorda mai

A circa due settimane dalla partenza ufficiale della 72esima edizione del Festival di Sanremo, il riserbo sulle venticinque canzoni in gara è stato sciolto. La stampa ha avuto modo di ascoltare in anteprima tutti i brani in concorso, in un clima di soddisfazione generale. Orgoglioso nel farci sentire il risultato delle sue sofferte scelte, Amadeus si lascia andare al divertimento, canticchia i pezzi sotto la mascherina e batte le mani a tempo sul tavolo, con un coinvolgimento che contraddistingue, per il terzo anno di fila, la linea della sua passionale direzione artistica.

A dominare la scena questa volta non è l’indie, ma il groove e la cassa in quattro che contraddistinguono la maggior parte dei motivi presentati, in altre parole: canzoni radiofoniche dal piglio pop-dance. In questo bel calderone abilmente assortito, non possono certo mancare all’appello ballate dal forte impatto emotivo. A livello tematico non ci sono grandissimi riferimenti all’attualità, a parte un paio di piccole eccezioni. L’amore è ben rappresentato, ma non detiene il monopolio come lo scorso anno. Insomma, i brani si cantano, si fischiettano e si ballano senza la benché minima difficoltà.

I voti |

Ultima fondamentale precisazione: in questo articolo non leggerete bocciature, ma non per un eccesso di buonismo, bensì per un oggettivo livello di sufficienza delle canzoni, mai come quest’anno difficili da mettere in paragone l’una con l’altra. Sì, perché assisteremo a tanti mini-campionati interni in cui gli artisti spesso concorreranno da soli, in una gara a parte che non sarà per nulla intaccata dalla classifica finale. D’altra parte ci saranno anche gironi con proposte similmente sovrapponibili, ma tutto si potrebbe facilmente sintetizzare in un’inedita via di mezzo tra Canzonissima ’74 e Festivalbar ’98.

In tal senso, trovano spazio personaggi che hanno fatto la storia della kermesse, diversi habitué e ben dodici debuttanti. Non era facile incastrare generazioni e generi così differenti mantenendo alte le asticelle della qualità e della credibilità. Nell’anno in cui l’Italia ospiterà l’Eurovision Song Contest, prepariamoci dunque ad assistere all’edizione più internazionale di sempre, con canzoni che in buona parte abbatteranno definitivamente ogni liturgia festivaliera, sdoganando in maniera irreversibile il palco dell’Ariston. Tempo una quindicina di giorni e sarà subito Hit Mania Dance Sanremo 2022.

Achille Lauro – “Domenica”

Liberamente ispirato da “Rolls Royce”, Achille Lauro torna per la terza volta in gara a Sanremo con il suo inconfondibile stile, in linea con il suo personaggio, ma senza l’ausilio di “wow”, “ulalala” e “oh mio Dio” (almeno nella versione in studio). Tolti gli orpelli, resta la sua solita poetica e la spasmodica voglia di abbattere le etichette, pur restando fedele a se stesso. Alla fine della fiera trovo più sensato che sia Lauro a scimmiottare se stesso e non altri cantanti (anche in gara quest’anno) a ricalcare le sue gesta. Di fatto, “Domenica” è un pezzo che rimane in testa, anche se c’è ancora da capire come si incastrerà nell’esecuzione dal vivo la prestigiosa presenza dell’Harlem Gospel Choir, in questo ascolto non pervenuta. Un consiglio per la messa in scena? Osare senza osare troppo con i look e lo show, in fondo di quadri in questi anni ne abbiamo visti fin troppi, al punto che un jeans e una maglietta sarebbero l’outfit perfetto, o per lo meno quello che potrebbe destare più stupore. Voto 7

Giusy Ferreri – “Miele”

A metà strada tra un tormentone romantico-latino e un bolero tratto dalla colonna sonora di un film di Pedro Almodóvar, “Miele” è un brano pop, passionale e volutamente retrò. Un ritorno alle origini per Giusy Ferreri, che riabbraccia quelle sonorità nostalgiche e vintage che hanno contraddistinto i suoi esordi con “Non ti scordar mai di me” e “Novembre”. Insomma, la dimensione ideale per l’ugola di Abbiategrasso. A parte il breve intro che ricorda forse un po’ troppo “La paranza” di Daniele Silvestri, la canzone fa la sua bella figura. Voto 6

Michele Bravi – “Inverno dei fiori”

La voce di Michele Bravi è una carezza sull’anima, in grado di trasmettere umanità e sentimento. “Tu insegnami come si fa ad imparare la felicità” recita l’artista in “Inverno dei fiori”, canzone che racconta la capacità che possiedono certi amori di non subire il flusso del tempo, andando al di là delle stagioni e degli agenti esterni (atmosferici e non). La parte strumentale va di pari passo con il pathos emotivo del testo, in un crescendo di parole e suoni che si proteggono a vicenda, in quello che possiamo considerare a tutti gli effetti un brano da custodire e da difendere. Voto 7.5

Rkomi – “Insuperabile”

Fedele a se stesso e al proprio concetto di fusione musicale è Rkomi, al suo esordio festivaliero con “Insuperabile”, pezzo dal sound incalzante, grazie alla presenza di una bella chitarra rockeggiante, con una produzione che ricalca le intuizioni di “Partire da te”, ma con qualche accenno di troppo a “Maleducata” di Lauro. L’artista milanese porta con sé il proprio mondo e la poetica strettamente legata a quel genere, senza strafare e senza improvvisarsi altro, al contrario di come hanno fatto altri suoi colleghi in passato. Una mossa sapientemente giusta. Voto 6.5

Irama – “Ovunque sarai”

Quarto atto sanremese per Irama, reduce dalla travagliata partecipazione dello scorso anno. “Ovunque sarai” non ha lo stesso tratto incalzante de “La genesi del tuo colore”, forse perché si puntava più al ritorno e ad un eventuale riscatto, piuttosto che sulla canzone stessa. Un testo che parla d’amore, come nella migliore tradizione sanremese, che purtroppo non brilla per originalità, a dispetto di un arrangiamento ben equilibrato e interessante, specie nel dosaggio degli archi. Voce sussurrata all’inizio, in un crescendo che rischia di complicare l’esecuzione dal vivo a causa di un inciso piuttosto impegnativo. In attesa della prova live, mi limito alla classica valutazione politica. Voto 6

Noemi – “Ti amo non lo so dire”

Settimo Festival in tredici anni per Noemi, ormai una veterana affezionata alla manifestazione. Firmata da Alessandro La Cava, Mahmood e Dario Faini, “Ti amo non lo so dire” è una canzone testualmente rassicurante e musicalmente bipolare, parte come ballad e si trasforma in pezzo pop-dance, grazie ad un ritornello turbinoso e facilmente canticchiatile/ballabile. Seppur distante dall’intensità e dal trasporto emotivo di “Glicine”, funziona e giustifica così la sua presenza consecutiva. Voto 7

Massimo Ranieri – “Lettera di là del mare”

Ha fatto la storia e vuole provarci ancora. Tanto di cappello per Massimo Ranieri, che ha deciso di rimettersi in gioco a distanza di venticinque anni dalla sua ultima partecipazione. “Lettera di là dal mare” è una bella canzone firmata da Fabio Ilacqua, che affronta il tema dell’emigrazione con romanticismo e teatralità. Un testo ispirato e socialmente utile che non sfocia nel politichese, mantenendo intatta la propria natura sociale anche per un palco nazionalpopolare come quello dell’Ariston, soprattutto in un’annata in netta sovrabbondanza commerciale. Il risultato è una romanza pop d’altri tempi che evoca suggestioni crossover a metà strada tra Lucio Dalla e Andrea Bocelli. A prescindere dalla capienza e dal tipo di presenza in sala, Ranieri meriterebbe applausi a scena aperta, sia all’Ariston che da casa. Voto 7.5

Aka 7even – “Perfetta così”

Uptempo trascinante con guizzi dal respiro internazionale per Aka 7even, che si imporrà come una bella conferma per i giovanissimi e come una piacevole scoperta per il pubblico più grandicello. Coinvolgente nei suoni e motivazionale nelle intenzioni, il testo di “Perfetta così” parla di accettazione rivendicando un po’ di sano amor proprio, in maniera diretta e senza troppi giri di parole. Voto 6.5

Emma – “Ogni volta è così”

La gioia di rivedere Emma al Festival è direttamente proporzionale alla valida proposta. “Ogni volta è così” è una canzone d’amore struggente, trascinante, autentica e passionale. Si parte dalle strofe sussurrate e sensuali per poi arrivare al ritornello aperto, sentito e sguaiato al punto giusto, alla Mina per intenderci. Può crescere ascolto dopo ascolto. Per il momento il risultato appare senza tempo nelle intenzioni e attuale nelle sonorità. Voto 7.5

Highsnob e Hu – “Abbi cura di te”

In comune hanno molto di più della lettera iniziale del loro nome, in questo pezzo Highsnob e Hu si scambiano le parti, fanno incontrare le loro voci e si rincorrono con estrema scioltezza. I due artisti fondono sound diversi in maniera convincente, per creare il giusto tappeto ad un pezzo in cui ci si può ritrovare in massa, grazie ad un testo in grado di alleviare sin dal primo ascolto, proprio come suggerisce il titolo “Abbi cura di te”. Uno slancio per nulla scontato in una società sempre più votata all’individualismo e a messaggi non sempre così positivi. Il risultato è una ballad per nulla tradizionale, melodica nella struttura ma originale nell’esposizione. Un pezzo così a Sanremo non si era ancora sentito, perchè mescola stili e influenze differenti, tra urban e club music. Particolare quanto originale. Voto 6.5

Iva Zanicchi – “Voglio amarti”

Classico ma non troppo. C’è del blues nelle vene di Iva Zanicchi, come dimostra sin dai tempi di “Come ti vorrei”. Artisti di questo calibro nobilitano lo spessore della gara, con la propria storia e il proprio innato carisma. “Voglio amarti” è un inno al nobile sentimento per antonomasia, impreziosito dalla possente voce, a tratti pulita e a tratti graffiata, della sua interprete. Dal punto di vista musicale è piacevole l’innesto dell’assolo di chitarra elettrica, così come riuscire a riconoscere all’ascolto tutti gli strumenti singolarmente, uno ad uno, proprio come si faceva una volta. Solo per questo Iva si meriterebbe un bel dieci (anzi un bel “cento, cento, cento” per dirla alla “Ok il prezzo è giusto”), ma bisogna confrontarsi con il presente e con il buon livello delle altre proposte. Voto 6.5

Dargen D’Amico – “Dove si balla”

Vent’anni di carriera per Dargen D’Amico, da festeggiare nel migliore dei modi con “Dove si balla”, brano composto a quattro mani con Edwyn Roberts, Gianluigi Fazio e Andrea Bonomo. Il risultato è una commistione di roba, dalla dance di fine anni ’90 al ritornello corale alla Cochi e Renato, passando per le intuizioni alla Franco Battiato e gli innesti alla Paps’n’Skar. Insomma, ricorda mille cose… un po’ il segreto che ha portato al successo “Musica leggerissima” lo scorso anno, con tanto di sottotesto con riferimento all’attualità (“Che brutta fine le mascherine, la nostra storia che va a fasi benedire”). Genio, sregolatezza e un tocco di paraculaggine. All’unisono, “Fottitene e balla” sarà l’inno di questo Festival. Era dai tempi degli Eiffel 65 che a Sanremo non si sentiva qualcosa del genere… comunque vada sarà un “pà para-rà, parara pa-pà”. Voto 7.5

Sangiovanni – “Farfalle”

Sonorità che fanno divertire e un bel flow per il debutto sanremese di Sangiovanni, in gara con “Farfalle”, canzone dalla produzione azzeccata e dal testo adatto alla giovanissima età dell’artista. Belli il ritornello dance, il gioco di fiati e il lavoro dietro la scelta dei synth, in un mix che a fatica ci tratterrà incollati sulla sedia. Insomma, quest’anno Amadeus ha proprio deciso di volerci far ballare. Voto 6.5

Yuman – “Ora e qui”

Carpe diem, saper cogliere i momenti di felicità. Questo il messaggio di “Ora e qui”, pezzo con cui si registra il debutto festivaliero di Yuman, grazie alla vittoria di Sanremo Giovani. L’artista si presenta al grande pubblico senza snaturare il proprio stile soul, notoriamente poco consono alla kermesse ligure. Un genere che non è facile da riprodurre e adattare alla lingua italiana, non a caso in passato in pochi ci sono realmente riusciti, uno su tutti Pino Daniele. A giudicare dal primo ascolto direi che la prova è senza dubbio superata. Voto 6

La Rappresentante di Lista – “Ciao ciao”

Ecco la scheggia impazzita di questo Festival. La Rappresentante di Lista si ripropone a dodici mesi di distanza dall’ottimo esordio con “Amare” in una veste completamente nuova. Il talento di Veronica e Dario sta nel trasformare concetti complicati e suoni ricercati in qualcosa di originale, comprensibile e di estremamente funzionale. “Ciao ciao” funziona perché non ha filtri, non fa uso di alcun tipo di retorica e appare leggera solo in superficie. Il tutto viene trainato da un sound esplosivo (avete presente “Elettrochoc” dei Matia Bazar?) che, siamo certi, all’Eurovision potrebbe fare sfracelli. Per non saper né leggere né scrivere, un’occhiatina per un alloggio alberghiero in zona PalaOlimpico a Torino io, personalmente, comincerei a darla. Ecco, non dovrei, ma mi sbilancio. Detto questo… con le mani, con i piedi, con la testa, con il petto, con il cuore, con le gambe, con il CULO… ciaone a tutti. Voto 8.5

Mahmood e Blanco – “Brividi”

Privo di sovrastrutture sanremesi, “Brividi” è una retrospettiva nitida e ben riuscita sul panorama musicale e sociale di oggi. Da Mahmood e Blanco, forse, ci si aspettava un pezzo up-tempo, invece il risultato è poco “Notti in bianco” e più “Blù celeste”, con qualche bel riferimento qua e là a “Rapide” e “Rubini”. Gli ingredienti sono vincenti, anche se il pezzo non decolla al primo ascolto e questo, in ottica sanremese, non è mai cosa buona. Le due voci, però, insieme funzionano e regalano un bel pugno nello stomaco. In un Festival tanto (ma tanto) pop-dance, questa proposta potrebbe distinguersi per la totale assenza di ritmica. Annuntio vobis gaudium magnum habemus canticum victoriam? Troppo presto per dirlo, per il momento la fumata è più tendente al grigio scuro. Voto 8

Gianni Morandi – “Apri tutte le porte”

Firma Jovanotti, produce Mousse T (sì proprio lui, quello di “Sexbomb”) e canta Gianni Morandi. Ditemi voi: come si potrebbe bocciare un brano con queste premesse? Al grido di “Stai andando forte”, questa “Apri tutte le porte” non è certo il pezzo che passerà alla storia dell’ugola di Monghidoro, anzi. Lo special melodico, completamente diverso dal resto della canzone, riabilita il tutto sul finale salvando la partita in pieno tempo di recupero. E’ vero, la carriera di Morandi non si discute, ma questo pezzo sicuramente sì. C’è del twist, c’è del geghegè, c’è del boogie-woogie, c’è tutta roba che sicuramente sarebbe piaciuta tantissimo alla commissione del Cantagiro ’69. Insomma, se questo brano fosse un musicarello lo intitoleremmo “Fatti mandare dalla mamma ad aprire tutte le porte”. Mezzo punto in più per la simpatia e un altro per il coraggio di rimettersi in gioco, però più di così proprio non si può. Voto 6 

Matteo Romano – “Virale”

E’ il più giovane in gara Matteo Romano, proveniente dalla schiera di Sanremo Giovani. “Virale” è un bell’esercizio di stile composto da Alessandro La Cava e Federico Rossi, musicato e prodotto da Dardust, che rende più attuale un brano dall’ossatura tangibilmente tradizionale. Il risultato è intimista quanto corale. Seppur destinato alla generazione Z, potrebbe essere compreso e apprezzato anche dal resto del pubblico. Funziona in studio, vedremo dal vivo. Voto 6

Le Vibrazioni – “Tantissimo”

Tema introspettivo e sound travolgente, rock ed elettronica abilmente dosati in salsa Muse. Le Vibrazioni tornano in Riviera con “Tantissimo”, un pezzo che trarrà sicuramente vantaggio dalla partitura orchestrale, grazie alla presenza di archi che già nella versione in studio appaiono mirati ed efficaci. La poetica di Roberto Casalino abbraccia la parte musicale composta a sei mani con Francesco Sarcina e Nicco Verrienti, in un afflato sonoro dal forte impatto energetico. Voto 7

Fabrizio Moro – “Sei tu”

Uno di quei pezzi che ciascuno di noi vorrebbe sentirsi dedicare da chi reputa speciale, amico o amante che sia. Fabrizio Moro torna al Festival con una dedica d’amore consapevole e matura nei confronti di chi, con la propria presenza, ci rende la vita migliore, salvandoci dall’abbandono e dallo sconforto in cui saremmo destinati. Una dedica che diventa automaticamente anche un inventario dei propri errori, con quella punta di riscatto (tipica di chi proviene dalla periferia) che contraddistingue da sempre la poetica del cantautore romano. Rassicurante ed emozionante, “Sei tu” è la vera ballad di questo Sanremo, composta a quattro mani con Roberto Cardelli. Gli archi sul finale regalano un ulteriore tocco cinematografico al pezzo, mentre la resa dal vivo favorirà sicuramente il risultato, anche se in termini di pathos il livello è già molto molto alto. Voto 8

Elisa – “O forse sei tu”

Elisa a Sanremo è già di per sè una notizia, ma la canzone merita un’analisi profonda che va al di là del voto. Al primo ascolto si potrebbe storcere anche un po’ il naso, perché “O forse sei tu” è una proposta tutt’altro che facile e immediata, l’inciso melodico c’è, ma forse paga lo scotto di strofe meno efficaci, non a caso la lampadina si accende dopo più di un minuto dall’inizio della canzone. Nulla a che vedere dall’immediatezza di quel “parlami come il vento dagli alberi”, per intenderci. Difficile scindere il giudizio di un brano di questo tipo da quella che poi sarà l’interpretazione finale dell’artista che, siamo certi, sarà impeccabile e rappresenterà la vera marcia in più. Voto 8

Ditonellapiaga e Donatella Rettore – “Chimica”

Esplosività allo stato brado, “Chimica” sarà la quota anticonformista di questo Festival, tra l’eros contenuto nei versi, il sound travolgente, le suore e le polemiche. Uno dei testi più espliciti in gara, che si arricchisce sia del vissuto di Ditonellapiaga che di Donatella Rettore. Le strofe convincono più del ritornello martellante che, a onor di cronaca, rimane da subito tatuato sulla pelle. E’ una questione di (chi chi chi chi)chimica, in fondo. Il risultato è sia splendido che splendente, a metà strada tra ska e dance. Ottimo l’innesto dello special che spiazza e spezza l’ascolto. In attesa della prova dal vivo, che altro dire? Benvenuta Margherita e bentornata Donatella. Voto 7.5

Giovanni Truppi – “Tuo padre, mia madre, Lucia”

E veniamo all’outsider Giovanni Tuppi, alfiere della canzone d’autore capace di coniugare stati d’animo e parole che si rincorrono con spirito agonistico, trasmettendo un senso di pace, leggerezza e autenticità. “Tuo padre, mia madre, Lucia” è un titolo che evoca suggestioni di “rinogaetaniana memoria”, il risultato è una dichiarazione d’amore originale, scevra di preconcetti sanremesi. Tra il parlato e il cantato, l’artista evoca suggestioni di una scuola partenopea d’altri tempi, quella che al Festival è stata più volte egregiamente rappresentata da Eduardo De Crescenzo e Nino Buonocore. Per dirla alla Pinguini Tattici Nucleari, in un mondo di John e di Paul… almeno una volta nella vita ci siamo sentiti un po’ tutti Giovanni Truppi. Voto 7

Tananai – “Sesso occasionale”

Ispirato, scanzonato e contemporaneo Tananai, anche lui promosso in prima categoria direttamente da Sanremo Giovani. Composto dallo stesso artista con Davide Simonetta, Paolo Antonacci ed Alessandro Raina, “Sesso occasionale” è un brano che rimane in testa e che mette insieme sonorità e influenze differenti, in maniera convincente e contemporanea. C’è molto di oggi, ma anche dei piacevoli richiami e dei chiari riferimenti al passato. Il risultato è un raptus di parole, ispirazione, ritmo e melodia. Voto 6.5

Ana Mena – “Duecentomila ore”

Rocco Hunt, Federica Abbate e Zef confezionano “Duecentomila ore”, il brano che permette ad Ana Mena di mostrare un lato inedito di sè. Suggestioni latine d’altri tempi per una voce sensuale, con tanto di assolo di fisarmonica argentina che vince su tutto. Il risultato è un bel giretto andata e ritorno in Andalusia, una perfetta via di mezzo tra sonorità che evocano i suoni di “Amado mio”, i profumi tangheggianti di Astor Piazzolla e le intenzioni già attuate nella trasposizione italiana, dalle medesime intenzioni, realizzata con “Amami amami” della coppia Mina-Celentano. Un brano che può dividere critica e pubblico, ma di cui non si possono non apprezzare la notevole fattura e la buona esecuzione. Che dire? Oltre le gambe (e il tormentone) c’è di più. Chapeau. Voto 7.5

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Nico Donvito

Appassionato di scrittura, consumatore seriale di musica italiana e spettatore interessato di qualsiasi forma di intrattenimento. Innamorato della vita e della propria città (Milano), ma al tempo stesso viaggiatore incallito e fantasista per vocazione.
Nico Donvito
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