giovedì, Aprile 18, 2024

CLASSIFICHE

SUGGERITI

Sanremo 2023: alla prima Mengoni ha già vinto, Elodie convince, Anna Oxa è sublime

Il resoconto di una serata dalle mille sfaccettature

La prima del Festival di Sanremo 2023 è forse la più eterogenea tra le serate d’apertura degli ultimi anni della kermesse ligure made in Amadeus (ma non solo). Il linguaggio narrativo impostato da Amadeus, per dirla a la Stefano Coletta, è quello di una grande festa in cui rientrano tanti elementi diversi e in cui quasi mai si avverte il sapore della gara tra canzoni. Nemmeno nel finale quando, una classifica già scritta, viene mostrata al pubblico senza causare troppi sussulti. Mengoni è già in testa ed Oxa è confinata all’ultimo posto più per partito preso da parte della stampa che per demerito oggettivo.

Lo show |

Nel filone della serata rientrano molti altri elementi. Alcuni dei quali del tutto incoerenti con la musica e, addirittura, anche con il Festival in sé. A voler essere maligni verrebbe da pensare che alcune scelte autorali siano state dettate dalla volontà di far parlare i social già dall’apertura con il chiaro intento di arrivare a nuovi record dopo quelli, apparentemente impossibili da battere, dello scorso anno. E così faranno discutere il vestito hot di Chiara Ferragni come anche l’addio prematuro del Teatro Ariston da parte del Presidente Mattarella e lo spettacolo impietoso dell’esibizione offerta da Blanco. Se il primo sarà giustificato come un elemento utile al filone narrativo scelto per la figura dell’imprenditrice digitale, il secondo sarà istituzionalmente accettato mentre, invece, sul terzo si abbatteranno (giustamente o no) le ire di chiunque.

Alla prima la Ferragni non stecca. Sicura e sufficientemente disinvolta regge bene il palcoscenico non limitandosi a scendere le scale per mostrare l’abito e poi correre via dietro le quinte come fatto in passato da molte altre sue colleghe. Il monologo è sincero e racconta esattamente quello che la sua vita le pone davanti ogni giorno: il confronto con sé stessa prima che con gli altri. Gianni Morandi canta (ma non solo) e si dimostra una buona spalla quando, in un paio di occasioni, dice la sua con la schiettezza che lo contraddistingue. Certo, da lui non aspettiamoci più di così anche perchè è sempre Amadeus il vero padrone della scena. Il conduttore ha ormai imparato a governare la macchina sanremese e “fare Sanremo” per lui non è più così diverso da fare qualsiasi altro programma.

Pooh fanno cantare l’Ariston intero cavalcando successi senza fine e giustificando così l’ennesimo passaggio promozionale per un evento che verrà denominato réunion dopo l’addio che era arrivato dopo la réunion che era arrivata dopo l’addio… D’altro canto, però, la grandezza di Roby Facchinetti e soci sul palco si percepisce e cozza con la pochezza di sensibilità mostrata da Blanco che devasta il suo “giardino” di rose ma, soprattutto, si dimostra incapace di raccontarne il senso quando il pubblico lo mette spalle al muro con i fischi.

Più esigue nei propri significati, invece, le partecipazioni di Roberto Benigni, artefice di un’apertura di serata troppo lenta e retorica per quanto giusta e condivisibile, e di Elena Sofia Ricci, invitata da Rai per fini promozionali senza un vero racconto alle sue spalle. Si poteva fare a meno anche di Piero Pelù Salmo che, da palchi diversi, hanno illuminato Sanremo rubando una borsetta l’uno (ancora?) e tuffandosi in piscina con il microfono l’altro. Bene ma non benissimo.

Le canzoni |

Infine ci sono anche le canzoni. Tante (troppe, quattordici) ma, sorprendentemente, quasi tutte di buon livello e con del potenziale visibile fin dal primo ascolto. Stravince la serata (meritatamente) Marco Mengoni con una Due vite” che, di fatto, è la canzone più bella del lotto (voto 9) e che vanta la performance vocale e scenica migliore. Il fu ‘re matto’ ora è diventato un artista consapevole e capace di mettere al centro la propria voce anche senza strafare. Proprio la voce unisce, curiosamente, la testa alla coda della classifica dove finisce (ingiustamente) una Anna Oxa che con Sali (canto dell’anima)” (7/8) mette insieme il suo percorso di evoluzione e ricerca con una forma-canzone più tradizionale di quelle degli ultimi 20 anni. Il tutto condito, ovviamente, dalla sua voce che è ancora la più riconoscibile, cosciente di sé e matura.

Gli altri due protagonisti della serata appartengono alla nuova generazione ma scelgono strade musicali diverse. Elodie rimane votata alla contemporaneità e con Due” (8) non tradisce le aspettative di chi da lei si aspetta uno dei tormentoni radiofonici di quest’edizione del Festival senza, tuttavia, rinunciare ad una complessità tecnica nel canto ed un coinvolgimento interpretativo tutt’altro che banale. Ultimo, invece, guarda alla sua “Alba” (8) come al tentativo di guardare anche verso nuovi scenari per la sua scrittura. L’interpretazione è molto carica e non sempre tecnicamente impeccabile ma lascia trasparire anche una forte componente di teatralità per lui inedita nella gestualità. Il pezzo, però, c’è ed è uno di quello che colpirà, con qualche ascolto in più, i cuori più romantici.

Tra i tormentoni andranno annoverate le proposte di Olly, la migliore delle proposte dei giovani di questa sera con una Polvere(7+) che usa nel migliore dei modi la distorsione dei suoni e che farà strada, e di un Leo Gassmann fortemente condizionato dalla scrittura di Riccardo Zanotti in un Terzo cuore” (6.5) che non lo rappresenta musicalmente fino in fondo. Allo stesso modo convince poco l’accostamento tra la voce delicata e sottile di Mara Sattei e la bella “Duemilaminuti” (6+) che la firma di Damiano David dei Maneskin ha scritto uniformandosi alla forma della ballad d’amore che ha bisogno, tuttavia, di vocalità ben più importanti. Si snatura parecchio anche Gianmaria che con “Mostro” (5.5) si gioca un ritornello furbo che punta a conquistare le radio piuttosto che confermare l’introspezione della sua scrittura ed interpretazione.

Tra le proposte più giovani fanno effetto caciara i Colla Zio con una “Non mi va” (4.5) che mette allegria ma poco di più mentre, invece, Ariete si perde nell’esecuzione più imprecisa della serata per quella “Mare di guai” (5) che avrebbe bisogno di qualche sottolineatura timbrica per sfruttare un po’ della dinamica che meriterebbe per esaltare la scrittura di un Calcutta d’eccezione. Scricchiola, a tal proposito, anche l’esecuzione vocale di Gianluca Grignani che, infelicemente, si mangia troppe delle (belle) parole della sua “Quando ti manca il fiato” (6) che, comunque, ha anche il problema di non avere un vero ritornello facilmente canticchiabile.

Fa essenzialmente quello che tutti si aspettavano Mr.Rain che, per “Supereroi” (6.5), parte sul piano e voce e poi cresce insieme all’ormai tradizionale coro di bambini. La canzone, originalità a parte, però è godibile e ben lo rappresenta. Coerenti con se stessi sono anche i Coma_Cose, al terzo posto della serata con “L’addio” (6/7) che mette in scena (anche fisicamente) la crisi del loro amore mediante il testo più bello del lotto ma una musica che avvolge meno di quello che si avrebbe voluto. Diversamente, invece, i Cugini di Campagna con la “Lettera 22” (6) de La Rappresentante di Lista sorprendono del tutto cantando la canzone che non ci si aspetta e che non risulta affatto lontano dall’oggi musicale come ci si sarebbe potuti aspettare.

The following two tabs change content below.

Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.
Ilario Luisetto
Ilario Luisetto
Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.