venerdì, Marzo 29, 2024

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Sanremo Giovani 2019: il top ed il flop della serata finale

Cosa è andato e cosa no nella serata conclusiva di Sanremo Giovani?

I TOP:

  • Matteo Faustini – Nel bene e nel male. Diciamocelo subito, è la più bella sorpresa di una serata che scorre via senza troppi sussulti, anzi. In un’edizione poverissima di belle canzoni o, perlomeno, di brani spendibili la sua bella ballata sull’amore a due che “fa bene, fa male” a fasi alterne è uno spiraglio di sole, una dolce carezza sul viso di chi si commuove ripensando alla propria storia d’amore finita, un abbraccio caldo verso chi ha ancora voglia di ascoltare belle canzoni d’amore. Lui è un ragazzo acqua e sapone e la sua canzone, l’unica davvero sanremese (pur collocandosi positivamente sul solco della contemporaneità con delle strofe quasi recitate), è la più bella del lotto, l’unica che merita davvero quel palco e la vittoria finale. In faccia al rap. Speriamo.
  • Fadi – Due noi. Il ragazzo si è attirato un po’ di antipatie da quando ha battuto la grande favorita (per l’ennesima volta) dell’edizione: Federica Abbate. Lui, però, porta sul palco una bella canzone, ben scritta, ben cantata e sufficientemente attenta a collocarsi con efficacia tra la tradizione e l’attualità. Un inciso orecchiabile, una voce capace di colorarsi di tinte soul ed una presenza che gioca a suo favore ne fanno uno dei candidati perfetti per i posti alti della classifica finale.
  • Pippo Baudo e la commissione musicale. Baudo viene nuovamente chiamato a rapporto per legittimare uno show che aveva molto più senso nei suoi Festival che in quelli attuali. Lui si prende la standing ovation e dimostra di essere ancora l’uomo-Sanremo. Giusta e bella l’idea di comporre una commissione con i grandi presentatori della kermesse ligure (l’infiltrato d’Alessio dà man forte anche dal punto di vista musicale) che, comunque, nella storia del Festival hanno comunque fatto valere le loro scelte ed il loro gusto nella composizione dei diversi cast. Rispetto a giurie con attori e attrici molto meglio questa.
  • Leo Gassmann – Vai bene così. Lui è figlio d’arte e nipote d’arte ed il rischio che i Gassmann diventino una dinastia di successo è ormai realtà. Sul palco porta proprio una canzone che racconta della difficoltà di essere artisti e, forse, non è un caso che arrivi proprio da lui e dalla sua penna. Il cognome, però, gli sarà molto più d’intralcio (se non lo è già) che d’aiuto ed occorrerà far valere la canzone sopra a tutto il resto. Il brano è carino e di valore anche se, ovviamente, è difficile immaginarlo in cima all’airplay.
  • La celebrazione della storia del Festival. Nel corso della serata si sceglie di rendere omaggio ai 70 anni di Festival con diversi filmati e racconti d’epoca. Baudo, ovviamente, ne sa più di tutti ma l’idea di inserire questo tipo di narrazione nello show è davvero gradevole e pregevole. Peccato che probabilmente la cosa si concluderà qui non rispondendo al progetto originale della direttrice di rete di creare un Festival “corale”: sarebbe stato carino un programma apposito o un Festival strutturato proprio attorno a tutto ciò.

I FLOP:

  • Thomas – Ne 80. L’ex allievo di Maria de Filippi arriva alla finalissima con la strada spianata eppure s’imbatte, sempre secondo regole poco chiare, in una sfida diretta con l’avversario più temibile e perde (2 a 2 e, quindi, devo ancora capire come si possa decretare una sconfitta). Ne esce con le ossa rotte e un’occasione sprecata perchè per lui il Teatro Ariston poteva essere davvero l’occasione giusta per ripartire. Va anche detto, però, che nella finalissima ha cantato male, spesso stonato, svociato in più punti e rimasto senza fiato a causa di un balletto jacksoniano che nulla aggiunge ad una canzone carina ed orecchiabile di per sè. Per il suo futuro farebbe bene a decidere se vuole cantare o fare lo showman perchè le due cose sono assai diverse: nei concerti dal vivo, poi, è chiaro la storia è un’altra e ci si può anche permettere qualche stonatura se si balla ma in TV, nella finale che ti segna una carriera, è meglio fare poche cose ma fatte bene.
  • Lo show. Va a rilento ed i dati televisivi lo confermano: uno scarso 13% e nemmeno 3 milioni di spettatori per una prima serata Rai sono davvero poca cosa. Peccato perchè delle belle intuizioni televisive erano state messe sul piatto ma occorre fare qualcosa di più per questi ragazzi che, anche televisivamente, valgono nulla rispetto ai più esposti colleghi di un talent show qualsiasi che in quanto a popolarità ed appeal li battono per 10 a 0.
  • Le scelte della commissione. Risulta davvero impensabile che i 10 brani che abbiamo ascoltato nel corso della serata siano risultati essere i migliori tra oltre 800 proposte. Ampio spazio è stato dato alle nuove tendenze della musica italiana mettendo in primo piano il rap, la trap e l’indie non riuscendo, però, a capire che i talenti veri di quel genere hanno un proprio mondo comunicativo che li impone già facilmente al di fuori di circuiti di fruizione come ‘Sanremo Giovani’. Che bisogno hanno, dunque, di una serata come questa o del palco dell’Ariston? Nessuno. Ne deriva che ci troviamo ad ascoltare degli scarti del mondo che la rete non ha accolto o supportato. Ma sono degli scarti, per l’appunto.
  • Tecla Insolia – 8 marzo. La più giovane concorrente in gara entra di diritto tra gli otto giovani per la sua vittoria a ‘Sanremo Young’ e già questa mi sembra una follia considerando il fatto che il programma di Antonella Clerici sembra del tutto esser stato chiuso dopo appena due edizioni. La canzone che porta, trovata dopo una lunga serie di tentativi non convincenti, risulta come qualcosa di davvero bruttino non tanto perchè la canzone non si fa ascoltare ma perchè messa in bocca ad una ragazza di quindici anni che di donne, di violenza, di femminismo e di lotta per la parità di genere non ne può sapere ancora nulla. Prematura a dir poco.
  • Shari – Stella. Un’altra delle candidate numero uno per un posto all’Ariston fallisce miseramente un rigore a porta vuota cantando male una canzone che brutta non è di certo pur non essendo tutto questo capolavoro. Lei si impegna al pianoforte ma si dimentica che la voce deve essere un servizio mosso al brano e non viceversa. Ne esce una prova in cui, sostanzialmente, non si riesce a capire una parola del testo e la ragazza non è ancora al punto tale da riuscire a compensare con altro.
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Ilario Luisetto

Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.
Ilario Luisetto
Ilario Luisetto
Creatore e direttore di "Recensiamo Musica" dal 2012. Sanremo ed il pop (esclusivamente ed orgogliosamente italiano) sono casa mia. Mia Martini è nel mio cuore sopra ogni altra/o ma sono alla costante ricerca di nuove grandi voci. Nostalgico e sognatore amo tutto quello che nella musica è vero. Meno quello che è costruito anche se perfetto. Meglio essere che apparire.