Sanremo Giovani 2025, conosciamo meglio Deddè – INTERVISTA
A tu per tu con il giovane artista classe 2005 in gara a Sanremo Giovani, per parlare del brano “Ddoje criature”. La nostra intervista ad Deddè
Tra i protagonisti di Sanremo Giovani 2025 c’è anche Gabriele Giuseppe Mazza, in arte Deddè, con il brano “Ddoje criature”, selezionato tra i ventiquattro partecipanti del contest volto a selezionare due delle Nuove Proposte del prossimo Festival.
Il singolo, pubblicato per Atlantic Records Italy / Warner Music Italy, è un viaggio nei ricordi: nel dialetto napoletano il titolo significa infatti “due bambini” e racconta l’amicizia profonda tra due ragazzi cresciuti insieme, tra giochi in strada, richiami dalle finestre e prime corse nel quartiere.
Scritto con Emmanuel Di Donna e Davide De Blasio, il brano è una fotografia emotiva di legami che resistono al tempo e ai cambiamenti, costruita attraverso immagini semplici e quotidiane: le serate a cantare, le confidenze, la sensazione di un affetto che resta nonostante tutto.
Dal punto di vista sonoro, “Ddoje criature” porta avanti la cifra urban-pop dell’artista, intrecciando modernità e radici napoletane con un approccio intimo e autentico. Deddè mette in mostra il suo lato più emotivo, trasformando la memoria in racconto e confermandosi come una delle penne più autentiche della nuova generazione.
Sanremo Giovani 2025, conosciamo meglio Deddè: l’intervista
Manca pochissimo al debutto televisivo di Sanremo Giovani: come stai vivendo questa attesa? Come la stai esorcizzando?
«Guarda, sono giorni molto pieni. Sto preparando tanto, sia mentalmente che proprio per la performance. Siamo tutti i giorni in sala prove, quindi non vedo l’ora di poter cantare su quel palco. È un sogno da quando sono piccolo, finalmente sta arrivando questo momento».
Il 23 ottobre ti sei esibito alle audizioni in via Asiago. Sei riuscito a mantenere la concentrazione?
«Ti dico la verità, ho un po’ di esperienza in televisione, però l’ho vissuta con molta più maturità e consapevolezza. Il brano che porto è super personale, lo sento davvero tanto. Durante l’audizione mi sono addirittura emozionato dopo averlo cantato. Quando senti così tanto un brano, cantarlo davanti a una giuria così importante ti leva un po’ quell’ansietta».
Veniamo al brano: “Ddoje criature”. Come è nato e cosa rappresenta per te?
«È nato in maniera molto spontanea. Io scrivo spesso chitarra e voce o piano e voce. Una sera io e un mio amico, che è anche autore e il mio migliore amico, siamo tornati da una serata e abbiamo deciso di scrivere. È nato così, molto random. Però è stato subito chiaro quello di cui volevamo parlare. Non era un brano pensato per Sanremo Giovani: è nato libero e sincero. Poi, siccome ci rappresentava tantissimo, abbiamo deciso di presentarlo».
Quali stati d’animo ti attraversano quando lo canti? È un brano che parla di ricordi d’infanzia, di due bambini cresciuti insieme…
«Sì, ci sono tanti ricordi che affiorano cantandolo. Però la vibes è più positiva: mi ricorda molto i momenti belli più che quelli brutti. C’è nostalgia, ma è un ricordo felice».
Che rapporto hai con i ricordi legati alla tua infanzia? Che bambino eri?
«Molto vivace, troppo forse. Un monello, proprio! Ne ho fatte di tutti i colori. Però sempre solare. Da piccolo piangevo pochissimo, ero sempre preso bene. A scuola non andavo male, ero abbastanza sveglio. Non studioso, ma apprendevo in fretta. La disciplina c’era: i miei genitori sono sempre stati molto rigidi, mi hanno educato bene».
Parliamo della ricerca sonora: come avete costruito il sound del pezzo?
«Io sono molto legato alla musica suonata: sono nato batterista, poi ho studiato chitarra e pianoforte. Volevo che fosse un brano che partisse da qualcosa di suonato, una jam. Infatti è nato così, in sala prove, lui alla chitarra e io alla batteria. All’inizio era quasi un brano country. Poi lo abbiamo portato sul mio suono, più pop, ma lasciando quell’impronta analogica e autentica che cerco sempre».
In una nostra precedente intervista mi dicesti che la musica ti ha insegnato che non serve essere perfetti ma veri. Quali artisti ti hanno trasmesso questa idea?
«Sono molto legato alla musica napoletana del cantautorato: Pino Daniele, Napoli Centrale… tutta quella scena lì. Cerco di essere un’evoluzione di quella roba. È la musica più vera che c’è per me. E oggi questa verità la ritrovo anche in artisti come Tropico, Calcutta… dischi tutti suonati, che arrivano tanto. Non ho nulla contro l’elettronica, anzi mi piace anche il mix, ma per come sono cresciuto io sono più legato alla musica suonata».
Hai ascoltato i pezzi degli altri artisti in gara? Quali ti hanno colpito di più?
«Sì, li ho ascoltati tutti. Mi è piaciuto molto “Bascio piccolino” di Renato D’Amico, molto figo. Poi “Scusa mamma” di Seltsam: ha un bel linguaggio, e lui è stato super carino, ci siamo sentiti. E “Spiagge” di Senza_Cri: molto bello.»
Che rapporto hai con il Festival di Sanremo? Lo hai sempre seguito?
«L’ho sempre seguito fin da piccolo. Negli ultimi anni ci sono anche andato durante la settimana del Festival. L’anno prima di Amici vivevo già a Milano e con un amico prendevamo il treno alle cinque del mattino per andare a Sanremo e poi tornare la sera. Cantai anche a Casa Sanremo, sul palco Marlù. È una delle settimane più belle dell’anno: non è solo da guardare, è proprio da vivere».
Per concludere: al di là del passaggio e della possibilità di arrivare al Festival di febbraio, cosa speri di ottenere da Sanremo Giovani? Qual è la tua vera vittoria?
«È già una grande vittoria essere arrivato fin qui. Spero di arrivare più lontano possibile, certo. Ma la cosa più importante è che, tramite una vetrina così grande, venga riconosciuto quello che voglio trasmettere con la mia musica. E poi voglio ampliare il mio bagaglio di esperienze personali: questa è un’esperienza che ricorderò per tutta la vita».