A tu per tu con l’artista italo-egiziano, in gara tra i ventiquattro finalisti con “Gioventù bruciata”
Torna in riviera a tre anni di distanza dall’esperienza tra le Nuove Proposte del Festival 2016 Alessandro Mahmood, con una consapevolezza nuova, maturata grazie alle diverse esperienze autorali, tra gli altri, con Elodie (“Nero Bali”), Marco Mengoni (“Hola”) e Guè Pequeno (“Doppio whisky”). Composta a quattro mani con Ceri, “Gioventù bruciata” è la canzone selezionata dalla commissione presieduta da Claudio Baglioni per partecipare Sanremo Giovani, in onda questa sera venerdì 21 dicembre su Rai Uno.
Ciao Alessandro, partiamo da “Gioventù bruciata”, cosa hai voluto raccontare con questo pezzo?
«”Gioventù bruciata” è una fotografia di una parte della mia vita, parla della mancanza di una persona importante e di come convivere nei giorni, nei mesi e negli anni con quel senso di vuoto».
Cosa aggiunge questo brano al tuo percorso? C’è una frase che rappresenta al meglio il brano?
«Credo sia la chiusa finale di un progetto che reputo descrittivo e sincero al 100%. Di autobiografico c’è quasi tutto. La frase che meglio lo rappresenta è “maledetta questa vostra gioventù bruciata”».
A livello musicale, invece, quali sonorità avete voluto utilizzare per mettere in risalto l’importanza del testo?
«Una volta scritto il testo, Ceri che ha creato un beat, pitchando un suono della mia voce che ricorda quello del muezzin. Credo che il mio genere non sia né pop, né indie, ne rap, ma lo definirei “Marocco Pop”, in ogni mio pezzo cerco di inserire le sonorità che mi hanno accompagnato nel tempo».
Cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini dirette da Attilio Cusani?
«Con Attilio l’idea era di riprodurre attraverso dei flashback, i ricordi di un ragazzo una volta cresciuto ripercorre i luoghi della sua infanzia e che lo legano a una persona importante».
Come e quando hai scoperto la passione per la musica?
«Non ho un ricordo ben preciso, ricordo che fin da piccolo mi è sempre piaciuto cantare in salotto ascoltando le canzoni di Battisti con mia madre e in macchina ascoltando le canzoni arabe con mio padre».
Vieni da un positivo successo anche in veste di autore, quanto ti hanno aiutato tutte queste collaborazioni dal punto di vista della sperimentazione?
«Beh, io scrivo come autore da circa un anno e mezzo, devo dire che immedesimarmi in altri artisti mi ha dato modo di mettere più a fuoco anche ciò che voglio dire di me. Mi ha aiutato tanto lavorare sia con Elodie che con Marco Mengoni che con Gué Pequeno e spero di farlo ancora per molto tempo».
Rispetto alla tua precedente partecipazione tra le Nuove Proposte nel 2016, come stai vivendo questa esperienza?
«Con una maggiore consapevolezza di cosa sto andando a fare e di cosa sto portando su quel palco».
Mi incuriosisce chiederti come hai effettuato la scelta del brano da presentare a Sanremo Giovani e quello da conservare in caso di un passaggio. Qual è stato il ragionamento in tal senso?
«Il mio ragionamento è stato quello di portare un brano che rappresenti appieno me e la mia musica. Il brano ‘nel cassetto’ ha un messaggio altrettanto forte e diretto».
Al di là della vittoria e della conseguente possibilità di calcare il palco dell’Ariston, cosa rappresenterebbe per te il riconoscimento più importante?
«Il riconoscimento più grande per me sarebbe far arrivare la mia storia a un maggior numero di persone e far apprezzare il mio modo di fare musica».
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Nico Donvito
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